mercoledì 26 dicembre 2007

Una piccola fiaba natalizia di famiglia

Se quest’anno la mia famiglia ed io avessimo guardato con attenzione nella palla di vetro con la neve che decora ogni anno il pianoforte della nonna, avremmo visto una sposa bianca affacciata a una balconata lanciare un bianco bouquet verso una piccola folla di sorrisi luccicanti ed una bianca torta ricamata a festa, e poi lo sposo, senza più la giacca, cingere i fianchi della sposa e sorridere, sorridere, sorridere e partire.



 



Buon viaggio G. e B., e grazie per questa piccola, dolce, familiare favola di Natale.



 



martedì 18 dicembre 2007

La risposta di Santa Lucia

Ho impiegato quasi una settimana a trovare il coraggio di pubblicare la risposta di Santa Lucia alla mia umile letterina. D'altronde avevo promesso, dunque, nonostante lo sconcerto, eccola qui:


........



Carissima,


certo: la fatica conta. Senza la fatica non si comincia neanche. Ma non nasconderti dietro questo alibuccio. Fra me e te non attacca, lo sai. Come se io, quando è stato il mio turno, avessi risposto: ho già fatto tanta fatica, basta, va bene così.


Mi sembri certi sportivi che dopo certe gare né carne né pesce si appendono con gli occhioni alle telecamere e sviolinano al microfono: ho subito un po’ la pista, non ho saputo far correre gli sci, mi sono passati davanti tutti, però va bene così.


Con questo atteggiamento al risultato non ci arriverai mai. Non ci arrivi mica facendo del tuo meglio e poi vediamo come va. Ci arrivi se lo vuoi più di tutto. Se ti incazzi come una vipera se non ci arrivi. Quindi incazzati. Col cavolo che conta la fatica. Cosa credi, che gli altri facciano passeggiate? Rinfilati quelle scarpette che ci si può specchiare e avanti: un piede davanti all’altro.


E non fare gli occhi dolci all’asino che ti ho beccato.

mercoledì 12 dicembre 2007

Santa Lucia

Secondo la tradizione questa sera i bambini lucidano le scarpe, preparano una ciotola di latte per l’asino ed un piattino di biscotti per la Santa, che con infaticabile e un po’ martire bontà, giungerà nella notte a lasciare regali ai bambini buoni, ed un pezzo di carbone a chi non è stato abbastanza bravo da meritare dolci e giocattoli.


Anche io lucido metaforicamente le mie scarpette e ripasso con lo straccio il mio esame di coscienza.


 


Cara Santa Lucia, non sono stata sempre buona quest’anno, e ti confesso che un bel pezzo di carbone me lo meriterei proprio. Senza contare che potrebbe anche farmi comodo, visto che fra non molto avremo bisogno del carbone per scaldare le nostre case, dispendiose e dispersive al pari dei nostri buoni propositi. Comunque, dicevo: il carbone me lo merito a prescindere. Ti chiederei però, se non ti è troppo disturbo, di portarmi anche un sacco bello grosso di Santa Pazienza, chè altrimenti l’anno prossimo saremo daccapo e mi meriterò solo altro carbone. Ecco vedi, mi ci sono voluti molti anni ma alla fine l’ho capito anche io che a questo dovrebbe servire lucidare le scarpe questa sera: non a far bella figura facendo pulizia una volta all’anno, ma a chiederci dove le abbiamo infangate così tanto queste benedette suole, e poi magari a farci un’idea di quanta strada abbiamo fatto, che a me pare di averne consumata un po’ troppa di suola per quei pochi km che mi sembra di aver percorso. Speriamo che non contino i km ma la fatica che si è fatta, che allora sono a cavallo. A proposito, salutami l’asino eh?

giovedì 6 dicembre 2007

Come potremmo...

desiderio.... inseguire con tanta passione un sogno se già sentissimo l'odore che emana quando diventa realtà?

venerdì 30 novembre 2007

Ricetta per sopravvivere a novembre

Duecento grammi di farina e novanta di burro. Pianoforte ma allegro. Un paio di altre mani con cui bisticciare sul tagliere. Accendere il forno a 150 gradi e non scordarsi di approfittare del tepore che si diffonde in cucina. Sciogliere il burro massaggiandolo nella farina e, con lo stesso movimento, sciogliere i nodi delle spalle. Aggiungere due tuorli d’uovo, ottanta grammi di zucchero e venti grammi di latte. Amalgamare in una palla gialla e liscia, rincorrendo e raccogliendo i pensieri dispersi sul tagliere. Avvolgere in un tovagliolo e far riposare mezz’ora in frigo. Riempire l’attesa con le pagine di un libro o con una discussione a piacere purchè sia di quelle che finiscono per non finire mai. E che questo ci piaccia. Stendere la pasta, ritagliarla con lo stampino a forma di stella. Reimpastare i ritagli e fare altre stelle. Ancora. Ancora. Adagiare le stelle sulla placca ricoperta di carta da forno e infornare. Saranno pronte quando sentirai odore di biscotto. Non tardare perché in un attimo sarà troppo tardi. Novembre vola.

domenica 25 novembre 2007

Pensiero per Sofia, che ieri ha compiuto un anno

bimba codiniCercheremo di fartelo credere, Sofia, che il mondo dei grandi è tutta un'altra cosa. Che i grandi sanno quello che fanno, che sanno quello che vogliono e che vogliono quello che fanno e magari anche che fanno quello che sanno. Ti diremo "quando sarai grande..." e terremo le dita incrociate  sperando che tu ci creda perchè possiamo crederci un po' anche noi insieme a te. Ma tu non farti fregare, Sofia, il mondo dei grandi è proprio come quello dei bambini, solo un po' più alto, meno colorato e molto molto più lento.

lunedì 19 novembre 2007

Immersione a Rocky Bay

Prima


 


Otto schiene strette nelle mute ancora con le cerniere aperte, a rabbrividire sul cassone di un pick up che corre a 90 km all’ora sulla superstrada.


E poi otto schiene strette nelle mute con le cerniere ormai chiuse, ad accompagnare la galoppata del gommone carico di sardine e di aspettative scaramanticamente silenti.


Il cielo grigio chiaro e il mare grigio scuro, parimenti ribollenti, e in mezzo un’aria tesa, tagliente e pura. Come certe verità.


 


Dopo


 


Il cielo grigio scuro e il mare verde foresta, sempre parimenti ribollenti, e l’aria in mezzo tesa e pura, ma riempita, come un lenzuolo o una vela, di una gioia inspirata ed espirata, raccolta nel sangue insieme alle particelle di azoto, portata in superficie da una colonna continua di bolle.


 


Durante


 


DSC_7115Sospesi. Ricordare di respirare. Squali, squali e squali. Curiosi, sinuosi, indifferenti, eleganti. Tanti. Tornano, girano intorno. Pancia bianca, pinne rotonde, coda sicura. Coda tagliata, coda perfetta. Mark e i fari della sua macchina fotografica che salgono e scendono. Flash. Occhi gialli, pelle di seta. Dimenticare il freddo. La bocca che si apre, la sardina che scompare. Seguire la coda. Il limite delle mie pinne impacciate. Cercarsi con gli occhi e sorridere, sorridere, sorridere ancora.


 


 


 

giovedì 15 novembre 2007

Un viaggio in Sudafrica...

Un viaggio in Sudafrica varrebbe la pena foss’anche solo per vedere le foglie verdi, grasse e felici delle piante.


E per chi, come noi, è mosso al viaggio in primo luogo dalla voglia di andar per mare, anzi  nel mare, il viaggio a Umkomaas varrebbe la pena foss’anche solo per l’ingresso nell’Oceano con il gommone.


 


Si sale a bordo  nell’ultima ansa placida del fiume, in una strana quiete mattutina, assonnata e solitamente nuvolosa.


Si allacciano i giubbotti, si infilano i piedi nelle strep e si afferrano saldamente le cime, mentre Carl scruta il cielo e fa borbottare i motori.


Poi si parte con uno scatto imperioso, per fermarsi dopo pochi metri sotto gli archi del ponte che precede l’incontro con le acque burrascose dell’Oceano Indiano.


Carl tiene a freno i motori e osserva le onde che rimescolano le acque in un ribollire di schiuma asimmetrico e assolutamente imprevedibile. Come certe chiome al risveglio.


Carl porta avanti e indietro il gommone con noi attaccati sopra silenziosi, del tutto ignari dei segni che lui va cercando.


Ad un tratto decide: il motore strappa, le cime si tendono, i sederi si alzano e stiamo galoppando sballottati ma intrepidi, coi capelli che volano fra la salsedine e la schiuma e il vento e il gommone impenna e ricade, risale l’onda al limite e poi giù, col cuore in gola e l’acqua sotto ha chiazze di cioccolato e chiazze grigie e chiazze verde foresta.


Finchè non si scorge, oltre le creste più alte, una linea netta, che se quel mare l’avesse colorato un bimbo gli avremmo detto “ma sfumala un po’, ti pare?”.


Oltre quella linea c’è l’Oceano, in cui l’acqua color cioccolato del fiume Umkomaas si arrende e si adagia.


Ecco ci siamo. Possiamo togliere i giubbotti di salvataggio e prepararci all’immersione, e sopra il cielo dà cenni di schiarite.

lunedì 29 ottobre 2007

Quindi?

Mettere in moto, partire, fermarsi, parcheggiare, telefonare, appuntarsi, salutare, bere, parlare, dare la mano, aprire, chiudere, soffriggere, mescolare, prendere il numero, fare la fila, pagare, digitare il codice, confermare, allacciare, aprire, chiudere, obliterare, compilare, inoltrare, correggere, salvare, insaponare, sciacquare, appendere, raccogliere, sbattere, respirare.


Quindi?

sabato 20 ottobre 2007

13 ottobre

Ci sono persone che conosci da piccola e poi non le vedi più, però ogni tanto ti entrano in casa, con la loro crocchia di capelli grigi, fra le scatole di uova dal tuorlo giallo giallo. E fanno ogni tanto capolino dal libro di ricette, con il loro nome scritto fra parentesi accanto a titoli come Torta Bianca o Torta di Nocciole.


E tu te le immagini, con il grembiule lungo e le mani operose, a mescolare l’impasto – quello fatto con le uova con il tuorlo giallo giallo – con la ciotola fra le braccia e il cucchiaio di legno, e poi le vedi regolare il forno e avviarsi lungo il vialetto che porta al pollaio, che intanto che la torta cuoce vanno a dar da mangiare alle galline (sì, quelle che fanno le uova con il tuorlo giallo giallo).


 


 


Finchè arriva il giorno in cui ti ritrovi in una piccola chiesa, sulla cima della sua collina, e segui quel cuscino di piccole rose color del tramonto dentro al cimitero raccolto del paese. Sulle lapidi si ripetono sempre gli stessi due o tre cognomi, e mentre li leggi ti viene stupidamente da pensare che lei sarà ancora in famiglia. C’è un’aria fredda che sale dalla pianura e ti entra sotto la giacca e tu pensi che non è l’autunno che sta arrivando a farti rabbrividire: è il timore che possa arrivare un giorno in cui le cose che c’erano una volta non ci saranno più.

lunedì 8 ottobre 2007

Geografia del dolore

Quando diciamo “mi fa male” quasi tutti ci chiedono “dove” ma spesso dimenticano di chiedere “come”.


Eppure c’è un dolore che è morso di cane, c’è un altro dolore che è topo che rosicchia ed un altro ancora che è battere di tamburo. C’è un dolore che è una lama scintillante, e poi c’è un dolore che è una girandola di spilli. Ci sono dolori liquidi che scorrono bollenti e dolori di cemento che preme. Ed ancora dolori che chiedono aria e altri che chiudono i denti. Ci sono dolori gialli, che riempiono la bocca di nausea, dolori rossi e dolori grigi. Dolori che annodano e dolori che strappano e tirano. Dolori che esplodono schegge e dolori che piovono nelle fessure.


Sensazioni così diverse a cui diamo lo stesso nome: cos’è che le accomuna a tal punto da condividere un nome? L’ineluttabilità? L’urgenza del loro cessare? L’estraneità? Tutto questo o nulla di tutto questo e qualcos’altro ancora? Cosa significa “mi fa male”?

sabato 29 settembre 2007

Dell'incomunicabilità

"Le parole saltano come scimmie di albero in albero, ma nel luogo oscuro dove s'affondano le radici mancano le gentili intermediarie"


R.Musil


silence

domenica 23 settembre 2007

Kitti

Liscia e schiarisce i suoi capelli come fossero pensieri.


Ha un pizzico di magia nelle mani, eredità potente e onerosa di antenate che hanno amato attraverso fornelli, aghi da maglia, forbici e matite.


Ama l’ordine, la luce, le cose pulite. Parla e ascolta con le mani, soffre con gli occhi, ride con le guance. Ha sempre un pensiero per te e tu lo sai.


Forse solo i suoi gatti conoscono la profondità delle sue notti ma molte unghie possono graffiare la sua insonnia rovente, anche se questo difficilmente potrà essere compreso.


Scrivere di lei è qualcosa che sta fra un piccolo furto e un grande regalo. Qualcosa che vorresti saper fare. Qualcosa che farai, comunque.

lunedì 17 settembre 2007

Consapevolezze

"La ragione per cui non potrei essere una geisha è la stessa per cui non potrei prendere i voti: non sono capace di obbedienza."


geisha





(A.)









lunedì 10 settembre 2007

Il migliore amico dell'uomo

Non riuscivano a risolversi a buttarlo via. Per diciotto anni era rimasto seduto ritto accanto alla credenza, con le orecchie appena sollevate, come a voler dimostrare attenzione ma non ancora allarme, le zampe composte e gli occhi neri, lucidi di porcellana. Senza un guaito di disapprovazione, per diciotto Natali si era lasciato mettere in testa il tradizionale berretto bianco e rosso. Giorno dopo giorno aveva accolto paziente le pacche sulla testa, le dita negli occhi di curiosi bambini di passaggio, lo straccio impietoso di un susseguirsi di prosaiche donne delle pulizie. Non aveva neppure mai dato cenno di risentimento quando, all’arrivo degli ospiti, la vergogna per quel tocco di kitsch che lui inequivocabilmente rappresentava li induceva a spingerlo verso il muro, nascondendolo alla vista. Mai una volta che gliela avesse fatta pagare, che avesse voltato il muso all’avvicinarsi delle loro braccia tese.


Come potevano semplicemente prenderlo e buttarlo via?


Gli avevano salvato la zampa destra, dopo quel brutto scontro con l’aspirapolvere. Da anni ormai la esibiva con orgoglio tenuta insieme con lo scotch (l’idea del gesso inizialmente era stata accolta con favore, ma poi, con un guizzo di raro realismo, l’avevano accantonata) come a dire: “sono un cane visto? Mica un cavallo che se si azzoppa finisce al mattatoio, sono il migliore amico dell’uomo io!”. Ma dall’ultimo frontale con il seggiolone della nipotina aveva riportato un danno davvero irreparabile, non era proprio possibile proseguire oltre sulla strada del rappezzo.


Così una notte di settembre, con i tigli che oscuravano la luce dei lampioni, dovettero decidersi e, poichè l’idea del "Rifugio del cane" era parsa eccessiva, si diressero con i suoi cocci fra le braccia verso il cassonetto. Stavano per sollevare il coperchio quando nel buio si udì forte e chiaro un latrato. So che qualcuno stenterà a figurarselo, ma sobbalzarono e il cuore saltò loro in gola quando guardandosi intorno non videro nessuno. E so che qualcuno stenterà a figurarselo ma risero, rendendosi conto che stavano per piangere.

lunedì 3 settembre 2007

Può compilare il modulo di reclamo

C’è un gioco che faccio tra me e me, ogni tanto. Mi domando, se incontrassi il genio della lampada e mi consentisse di esprimere tre desideri, cosa chiederei?


E’ un gioco utile, fa riflettere. In primo luogo sul fatto che ogni desiderio ha un rovescio della medaglia, ma questa è un’altra storia. Un giorno la racconterò. Il gioco del genio della lampada fa riflettere anche su come cambiano i nostri desideri nel tempo, su quello che giorno dopo giorno percepiamo essere un limite invalicabile, la montagna che non può essere scalata senza magia, la gabbia le cui sbarre non possono essere divelte.


Oggi ho rifatto il gioco, dopo un po’ di tempo.


Ecco i miei tre desideri.


- Vorrei un medico che invece di dire “è l’unica possibilità, ma non le garantisco niente” sapesse dire “sarà difficile, ma farò tutto quello che posso”.


- Vorrei che allo sportello in banca ci fosse qualcuno che invece di dire “non è di mia competenza, chiami quando c’è il risponditore automatico”, sapesse dire “non lo so mi informo, ripassi domani”.


- Vorrei una maestra che invece di dire “il mio compito è insegnare l’italiano, non l’educazione” sapesse dire “non so come fare, aiutatemi”.


Ma infine non ho potuto fare a meno di immaginare il genio ascoltare attento, stiracchiarsi pensieroso la barba a punta e decretare: il regolamento non contempla questa tipologia di desideri, eventualmente può compilare un modulo di reclamo e inoltrarlo al servizio clienti.


 




 


sabato 1 settembre 2007

Colonna sonora di parole - Bis

Carruba, mosca, palafreniere, ermetico, portulaca, montagna.



Queste sono le parole nelle quali oggi risuono.

giovedì 23 agosto 2007

L'ombelico del mondo

cigno specchioCi sono persone che ci piacciono in modo del tutto indipendente da come esse sono, bensì esclusivamente per come crediamo di essere viste dai loro occhi.


 


Attenzione: pericolo.



 

venerdì 17 agosto 2007

Lembi di Dorothy

Dorothy stesa al sole legge un racconto che parla di lei. No, non è esatto. Legge un racconto in cui lei ha abitato. Tempo fa. O fra non molto.


Il vento fa svolazzare i bordi del telo blu tutt’intorno al suo corpo esile. Ma su quest’isola il vento non la innervosisce. Non più. O non ancora. Forse perché qui Dorothy non ha portato nessun appuntamento da appuntare, nessuna parola da ricordare.


Qui c’è solo il suo corpo da nutrire, pagine di storie da divorare e una distesa di acqua fresca in cui affondare bracciate e occhi aperti e capelli quieti. Ci sono decine di pesci argentei fra le dita dei suoi piedi e vele incessanti a racchiudere il difficile pensiero dell’orizzonte.


Non ha portato le scarpe Dorothy su quest’isola. Ci pensa il  mare, o il vento, a colmare l’orma lasciata dal passaggio del suo piede nudo. Come se se ne fosse andata già da tempo, o come se ancora non fosse arrivata.


Come se fosse un pensiero ozioso abbandonato su un telo blu, in riva al mare.


 

sabato 28 luglio 2007

Oniricami

Come una corsa a ostacoli, solo che quando parti non puoi vedere il percorso. Tu attacchi a correre, più forte che puoi, e all’improvviso dal cielo ti cadono davanti gli ostacoli. E tu fai come puoi: salti, ti chini, ti arrampichi, cadi e ti rialzi, scarti di lato. Anche il traguardo può essere spostato. Ti sembra che sia proprio dietro la curva, ma quando sollevi di nuovo lo sguardo è più avanti di chilometri. E poi può capitare che la pista sia invasa dal fango, e i piedi diventino pesantissimi, ma può anche capitare di mettere il passo su una strepitosa molla e in un attimo sei a un passo dal traguardo. Che però quando stai per toccarlo chissà dove è andato a finire che non lo vedi più. Ma la cosa migliore che può capitare sono delle grandi braccia che ti sospingono e ti sostengono, nonostante tu sbuffi che ce la puoi fare da solo. No che non puoi.  

lunedì 23 luglio 2007

Guardie e ladri - 6

Quando Dorothy finalmente aprì gli occhi li vide: l’uno di fronte all’altro, l’uno con le scarpe dell’altro, la guardia e il ladro guardavano con lo stesso odio l’uomo che lei stringeva.


C’era qualcosa che doveva dire, lo sapeva bene. C’era qualcosa che doveva dire per fermare quel momento e quello che sarebbe venuto dopo.  Ma c’era un uomo che premeva sulla sua bocca e soprattutto c’era il vento, e il vento la innervosiva.


Cos’era che voleva dire? Ecco, di nuovo il vento se l’era portata via. Un giorno o l’altro gliela avrebbe riappoggiata sui piedi, ne era certa, come una cartaccia o una foglia o il cappello di una signora.  Ma quella notte quella cosa che avrebbe voluto – o dovuto – dire se ne era volata via.


Così il momento non si fermò e i pugni della guardia e quelli del ladro si confusero sulla pelle di un uomo che, stoltamente, quella sera aveva calzato il solito paio di stivali texani.


 




sabato 21 luglio 2007

Guardie e ladri - 5

Lei non era ancora rientrata, lei che non faceva mai tardi la sera. C’era vento, e lei non rientrava, così il ladro quella sera fece qualcosa che non aveva mai fatto prima: irruppe nella camera vuota della figlia e, pratico della faccenda, scovò un messaggio, un luogo, un nome.


Fu di rabbia la folata successiva.


Si guardò le mani, fin dentro le pieghe, ma non vide quello che avrebbe voluto vedere. Allora si guardò i piedi e seppe cosa doveva fare.


Il campanello del poliziotto suonò a vuoto, così il ladro fece qualcosa che aveva già fatto innumerevoli volte: irruppe nella casa vuota di un onesto cittadino e, pratico della faccenda, trovò quello che cercava. Prevedibilmente lucide e appaiate, ordinatamente riposte nella scarpiera.

mercoledì 18 luglio 2007

Guardie e ladri - 4

Fu un’estate calda quella in cui il poliziotto e la ragazza cenarono ogni sera sotto un diverso pergolato, scambiandosi sorrisi e una progressiva confidenza che altro non era che una danza antica, di cui lui seguiva, con rispetto, il ritmo ed il rituale.


Ma la sera in cui il poliziotto suonò alla porta del ladro il vento aveva sollevato lembi di calore e aveva lasciato scoperto un cielo bucato di stelle.


E forse fu proprio grazie al vento, oltre che grazie al suo fiuto, che il poliziotto aveva scoperto quell’abbraccio fra la ragazza e un uomo. E si trattava di un uomo che non aveva meritato i suoi sorrisi.


Forse fu perché la ragazza aveva gli occhi chiusi, forse fu per il modo in cui l’uomo la toccava o il per il modo in cui lei si muoveva dentro alle mani e alle braccia di lui, o forse fu ancora il vento che lo sospinse, fatto sta che il poliziotto si ritrovò con il fiato corto al campanello del ladro e disse: “prestami le tue scarpe”.

mercoledì 11 luglio 2007

Inciampando in un pensiero

< La singolare malattia di scrivere o di leggere quello che si scrive, da cui siamo affetti da tempo, peggiora di giorno in giorno. Sembra quasi che i libri debbano colmare un bisogno dell'anima, e che ne occorrano per tutti i temperamenti dello spirito, per tutti i gradi dell'intelligenza. Quindi la loro qualità e la loro sostanza non devono essere meno varie degli alimenti di cui ci nutriamo. Da questo punto di vista non esistono libri, siano essi buoni o mediocri, insignificanti o insipidi, che non trovino lettori adatti a loro. Quando leggiamo è la testa che "digerisce", e quindi è di fondamentale importanza scegliere le letture a noi più consone. invece, durante la nostra vita, spesso abbiamo letto dei libri a caso, senza averli effettivamente scelti. Di conseguenza esistono tanti spiriti malaticci, tante teste che, proprio perchè continuano a leggere cose inutili, sono state appesantite dalla "cattiva digestione".>


(Abate Dinouart - L'arte di tacere)

giovedì 5 luglio 2007

Guardie e ladri - 3

Quel giorno che il ladro non trovò le sue scarpe e fu costretto ad andarsene a casa con quelle del poliziotto, infilandole aveva pensato “che scomode, che rigide” e di malavoglia e con passo forzato si era incamminato.


Giunto al punto in cui era solito tagliare per il prato per accorciare il cammino si era detto però: “è proprio un peccato sporcare queste scarpe così lucide” e, malgrado si sentisse un po’ preoccupato per il caldo e la stanchezza supplementare che avrebbe dovuto sopportare, aveva proseguito lungo la strada asfaltata. Ma, causa appunto il caldo e la stanchezza non se la sentì proprio di arrivare al solito bar e si fermò lungo la strada per l’abituale bicchiere di vino.


Entrò con passo sostenuto nel caffè e i tacchi delle scarpe risuonarono autorevoli fra i tavolini. Dietro al bancone una ragazza dalle guance giovani e dalla vita sottile che stava asciugando bicchieri si affrettò a salutare, e fu con una certa soggezione che disse: “buongiorno signore, sono subito da lei” e dopo poco, premurosa: “mi dica, cosa posso servirle?”.


E quella frase suonò talmente nuova alle orecchie dal ladro, che per tutta la vita aveva detto “il solito” al solito barista, che per un attimo si guardò le scarpe e pensò: “quasi quasi non le restituisco”.


Ma seppure si trattasse di un ladro aveva pur sempre indosso le scarpe di un poliziotto: dunque, le restituì.

venerdì 29 giugno 2007

Dorothy - Perchè il vento la innervosiva

Il vento la innervosiva perché aveva la pelle sottile, i piedi piccoli e troppi capelli. Perché aveva sempre molti panni, sporchi e puliti, stesi fuori ad asciugare. Perché i suoi pensieri erano legati da fili sottili e tintinnavano come scacciapensieri senza requie e anche perché i suoi appuntamenti non erano abbastanza strettamente rilegati.


Perchè aveva letto troppe volte il Mago di Oz quando era bambina e perché dimenticava spesso dei sogni fra le nuvole, sogni che il vento faceva apparire e scomparire, come certe parole quando un attimo le ricordiamo e un attimo dopo non le ricordiamo più. Cosa volevo dire?


Se l’hai dimenticato era una bugia, diceva sua nonna.


 


venerdì 22 giugno 2007

Guardie e ladri - 2

E’ accaduto, sul finire della mattina, dopo che aveva abbondantemente piovuto e dopo che il sole era tornato ignaro a scaldare l’atmosfera, che la guardia inciampasse nelle scarpe del ladro, lasciate in disordine sull’impiantito.


E’ accaduto che la guardia, rigirandosi le scarpe fra le mani, si ritrovasse a pensare “che pelle morbida, che forma comoda” e poi “in fondo è solo per provarle, questione di un attimo”


E, questione di un attimo, è accaduto che le avesse ai piedi.


E’ stata poi questione di un attimo anche che, con quelle scarpe calzate, gli salisse alle labbra un complimento rivolto a quella ragazza che da settimane guardava nello specchio solo quando era certo che lo sguardo di lei fosse altrimenti impegnato.


Ed è accaduto che si trattasse di un complimento un poco al di fuori della precisa misura della sua abituale cortesia.


Ma la cosa più incredibile che è accaduta è che la ragazza ha sorriso.

giovedì 14 giugno 2007

Passamilaparola... SEGRETO

segretoAccartocciato in fondo ai pensieri sei per giorni il cibo invisibile dei miei sorrisi.


Complice un cambio di vento, una tazza di tè, la panca di uno spogliatoio, ecco che diventi piano piano solletico sulle labbra e poi guinzaglio, lucchetto alle parole. Premi e cresci e premi. Cerco sollievo nel doppio senso. Non  basta. Non posso.


Ecco che arriva Lei, inarrestabile. La Confidenza.


E tu non sei più Mio.


Ma senza di te Lei non avrebbe vita.


Ti adoro, Segreto che non sei più mio.  


oooooooo


(passamilaparola: www.prishilla.splinder.com/post/12658132/Passamilaparola)

Passamilaparola

Passamilaparola è un gioco ispirato al bellissimo sito Lettera ad un’immagine (www.letteraadunimmagine.com ) segnalato da Kincob (http://www.kincob.splinder.com/post/12546961/lettera+ad+un%27immagine ) .


Si tratta di un gioco che ho iniziato a fare con una persona speciale (www.chicchisch.splinder.com ), che serve a farci sentire come se fossimo da un capo all’altro del divano a divagare invece che a 150 km di distanza. E’ un gioco con le parole e sulle parole, che consiste nell’associare ad una parola proposta un’immagine e un breve scritto. Chi propone la parola trova l’immagine e l’altra scrive il pezzo, che solo alla fine vengono associati.


 

martedì 12 giugno 2007

Guardie e ladri

Il malvivente e il poliziotto che pedalano fianco a fianco, incerottati e dolenti. L’uno ha ai polsi irriverenti braccialetti gemelli a forma di manette, tempestati di oro e brillanti. L’altro ha un sorriso azzurro e mite e una  precisa misura per i gesti e per le parole.  Ironia della riabilitazione, pedalano fianco a fianco e non si raggiungeranno mai. Non dentro a questa palestra, dentro questi confini in cui non si è altro che il proprio nome e la propria ferita. Ma è vero che lasciamo tutto fuori, nell’armadietto insieme alle scarpe? Cosa bolle dentro a questa tregua forzata fra il malvivente e il poliziotto, che ostentano una strana forma di silente cortesia?


Mi piacerebbe immaginare una zuffa nello spogliatoio, un alterco sulla base di un pretesto, un banale “c’ero prima io”. Mi piacerebbe immaginare una confessione, una supplica, il dispiegarsi di un senso di colpa, oppure l’alzarsi fiero di un moto di orgoglio. Mi piacerebbe immaginare fra le pieghe di una conversazione un’inversione di ruoli e di emozioni. L’invidia del poliziotto, il coraggio del malvivente.


Disegno storie sul bordo del mio lettino, guardando le spalle vicine del malvivente e del poliziotto. Ma non accadrà nulla, saranno anche oggi solo due uomini che zoppicano. Almeno finchè non saranno arrivati all’armadietto, e avranno rimesso le scarpe e i cartellini con i nomi: guardia, ladro.


Chissà, potrei provare a confonderli....

venerdì 8 giugno 2007

Caccia al tesoro

E’ essenziale che si parta di notte, dandosi appuntamento in un luogo consueto. Constatare, compiaciuti e complici, come questo appaia diverso da quando è giorno pieno e scorre il traffico e la gente. Bisogna portare con sé un ricordo lieve del calore delle coperte, ben incartato nell’emozione e nella voglia di esserci.  


Si lascia la macchina alla fine della strada e poi si inizia la salita. Al buio sembra più dolce, all’inizio, ma poi il fiato lungo spegne i sussurri e le risate soffocate. Il bosco crepita tutt’intorno e i cerchi di luce delle torce si abbracciano e si lasciano sul sentiero.


E’ essenziale avere una tavoletta di cioccolato da dividere, ad un certo punto della strada, e immaginarsi improbabili gialli occhi rotondi a curiosare fra i rami.


Bisogna sostare un attimo all’uscita dal bosco, e cercare nel buio appena venato di luna gli indizi del grande lago silente che sappiamo essere proprio di fronte a noi. E poi sedersi a tentoni sui grandi massi ad aspettare il sole che sta per sorgere. Siamo arrivati in tempo. Aiuto scivolo. Ssst. Guarda: è l’aurora.

lunedì 4 giugno 2007

Lesson one: win. Lesson two...

… win again!




russel cQuesto dice il viso da icona del lupo di mare di Russell Coutts sparato a tutto schermo ai piedi del divano. E ci sono giornate in cui è proprio così. Ci sono giornate in cui se non vinci perdi. Ci sono sfide in cui non conterà niente aver fatto del proprio meglio, e non ci saranno secondi o terzi gradini del podio. Se non vinci perdi. E non correrai più.


Per questo oggi dico: non ditemi basta, non fatevi impietosire se piangerò e se implorerò, voglio vincere, vincere e vincere ancora. Perchè la posta in gioco questa volta non è l’applauso del pubblico ma la prossima corsa.

sabato 26 maggio 2007

Surrealismi

Vagone della metropolitana, ore 19 di un torrido giorno feriale.


Un ex muratore, un professore di sociologia del diritto e un commesso di Emporio Armani, seduti fianco a fianco come le tre civette di quel famoso comò, ridono sotto i baffi. Intendo dire che cercano faticosamente di dissimulare il moto irrefrenabile di quei muscoli facciali che ci illudiamo siano sotto il nostro controllo volontario ma ai quali la risata sfugge da tutte la parti come acqua sotto pressione sparata fuori dal rubinetto nonostante il pollice malamente infilato nel buco.


Mentre sento che anche i miei muscoli facciali, solleticati, iniziano a stiracchiarsi, seguo la direzione del loro sguardo e scopro la fonte di tanta repressa ilarità: due ragazzine -zainetto, cerchietto con la stella e all stars- ridono a crepapelle. Ridono di quella risata che porta via, di quella risata che non ha più niente a che vedere con il motivo che l’ha scatenata, di quella risata che è come acqua che rotola fra i sassi senza più memoria della spinta propulsiva della sorgente, ma rotola verso valle trascinando tutto e sé stessa e godendo solo della sua forza e del suo capriolare.


Mi accorgo di quanto è evidente che anche io sono sulla soglia della risata dallo sguardo della signora con le borse della spesa, che mi fissa e sente gli angoli della bocca sfarfallare verso l’alto senza controllo.


 


Ecco: fra un attimo tutto il vagone starà ridendo sgangheratamente. Ognuno di noi, chiusi in questa scatola viaggiante, sarà causa ed effetto di una risata reciproca e contagiosa, in una circolarità senza significato alcuno come senza significato alcuno è il fatto di essere saliti sullo stesso treno, quest’oggi, in questa città.


Avrebbe potuto esserci una bomba, invece è scoppiata una risata.

giovedì 17 maggio 2007

Combatto contro i mulini a vento?

Oggi alla radio ho sentito un’intervista a  E.B. che ha appena pubblicato il suo secondo, dico secondo, romanzo. Nei 120 secondi dell’intervista radiofonica è riuscita a infilare un “a noi ci piace” e un “c’hanno ragione chi dice che..”.


D’altra parte la grammatica nelle scuole non si insegna più. E forse c’hanno ragione loro.

domenica 13 maggio 2007

Dedicato alla mamma e al papà di Giovanni T

Mi hanno detto che c’era un bimbo di sette anni al centro della palestra. Un bimbo con un corpo minuto e con un sorriso sempre nascosto in tasca, casomai gli venisse fame, con due occhi che assorbono il mondo e un cuore che fa l’equilibrista tra lo spensierato e il pensieroso.


 



Mi hanno detto che il maestro di judo era fiero di quel bimbo che aveva combattuto con agilità e coraggio e divertimento e che ha iniziato il rito della premiazione proprio dai più piccoli e che c’era ancora un rimasuglio di mormorio sugli spalti quando ha detto:


"  la medaglia d’oro va a Giovanni T."


Ed è stato allora che quel bimbo di sette anni si è trovato al centro della palestra e degli applausi e mi hanno detto che aveva di nuovo quell’aria da piccolo lord inglese che quando combatte gli scivola via di soppiatto quando ha detto:


"veramente io l’ultimo combattimento l’ho perso"


 E il maestro ci ha impiegato un attimo a capire cosa stava succedendo, così Giovanni T. è rimasto lì in piedi, proprio al centro della palestra e degli applausi sospesi, finchè il maestro di judo ha trovato l’errore e ha detto:


"è vero, ho sbagliato, la medaglia d’oro va a Marco P."


 


Si avvicinano le elezioni, e io ho detto a tutti che vorrei che Giovanni T. fosse il sindaco della mia città.


 


mercoledì 9 maggio 2007

Unisci i puntini

Unisci i puntini dall’1 al 57, recita la didascalia. Talvolta a colpo d’occhio già intravediamo la figura. Qualche volta è una figura che non vogliamo vedere, una figura che ci costringerebbe a sollevare un velo, magari a cambiare opinione, atteggiamento o addirittura il corso delle azioni che abbiamo intrapreso, l’equilibrio delle relazioni che abbiamo tessuto.


Allora, come ricordandoci improvvisamente di una cosa da fare, deponiamo con nonchalance la matita e lasciamo liberi i puntini nella loro complice entropia.


Poi un giorno una mano ignara, oppure al contrario una mano assai avveduta, prende risoluta la penna ed  inizia a disegnare le relazioni fra i fatti. Ed in men che non si dica la figura rifuggita è lì davanti a noi.


Quanto ci piacerebbe poter cancellare il tratto, sciogliere il legame che costringe i puntini all’interno di un univoco senso e farli ritornare un confortante, innocuo, confuso brulicare di fatti passibili di mille possibili interpretazioni.


Ma


la


figura


è


ormai


svelata.


 




 

lunedì 7 maggio 2007

Ricordi di viaggio: Revillagigedo - Parte 1



Revillagigedo mi ha fatto sentire piccola. E mi ha fatto sentire che abito una parte molto piccola di mondo. E che nel resto del mondo c’è spazio per grandi animali, grande quiete, e grandi cieli.


Revillagigedo è un arcipelago di origine vulcanica, a circa 500 km a sud ovest della punta estrema della Baja California. E’ composto da quattro isole principali: San Bendicto, Socorro, che ospita una base militare, Roca Partida, un grande scoglio spaccato in due torrioni, e Clarion, che non abbiamo visitato.


Le acque di queste isole sono attraversate dalla corrente di Humboldt, che porta acqua fredda dall’Antartide, toccando le coste del Cile e l’arcipelago di Galapagos, e rendendo straordinariamente ricche di pesce le zone che attraversa.


Per giungere a Revillagigedo è necessario compiere un lungo viaggio, per cielo, per terra e per mare. E, come accade talvolta ai viandanti delle fiabe, anche a noi è accaduto, ciondolando in un aeroporto o storditi dall’onda lunga dell’Oceano Pacifico, che affiorasse alla mente la domanda: “stiamo andando nel luogo giusto?” “ne varrà la pena?”.


balena 1La risposta a questa domanda è arrivata, lieve come vapore di acqua salmastra, dopo circa 15 ore di navigazione dalla marina di Cabo San Luca, quando attorno al Solmar V, la nostra barca, hanno iniziato a sollevarsi gli spruzzi delle balene .


E questa risposta, lieve come un presentimento, si è fatta solida certezza già nella prima immersione a San Benedicto, sotto il ventre bianchissimo della manta gigante che ha sorvolato le nostre teste, quasi fosse un avamposto della fauna che popola questo arcipelago, o il maggiordomo, rigorosamente abbigliato di bianco e di nero, giunto ad aprirci le porte dell’arcipelago e a dirci: “siete arrivati: benvenuti”.


(febbraio 2006)


sabato 28 aprile 2007

Terapia di primavera

Spegni il pc. Togliti i capelli dalla faccia. Esci in giardino o sul terrazzo. Infila un paio di guanti e inginocchiati. Metti le mani nella terra, rivoltala, dalle aria. Sentila diventare soffice sotto alle tue dita. Togli quel guscio di noce bucato dalla gazza. Ora prendi in mano le piantine, tienile sul palmo con delicatezza, stai attento a non ferire le radici. Adagiale nella terrà smossa, ricoprile con cura.


erbaSe vuoi metti un po’ di musica, ma una musica facile facile. Magari qualcosa che ascoltavi tanti anni fa. Oppure chiama qualcuno a farti compagnia, ma qualcuno con cui stai bene anche in silenzio.


Ascolta il calore del sole che cresce sulle tue spalle chine. Accosta i colori, mescola i profumi. Spargi i semi generosamente e lascia che il sudore ti lavi la fronte.  Poi bagna le piante nuove.  Sii tu, per questa volta, pioggia che rinfresca e disseta.


Prendi le cesoie e infila le mani fra le foglie nuove della vecchia siepe. Taglia, sfronda, alleggerisci. Togli il secco che ha lasciato l’inverno. Solleva, libera.


Apri un varco, perché la brezza soffi.  

Catena

Rispondo a questa catena, ma solo perchè chi mi ha invitato non merita un rifiuto...!



1-  Se foste un vizio quale sareste? Senz’altro la gola


2-  Se foste una malattia? Orticaria
3-  Se foste un’infermità?
Questa non mi viene


4- Se foste una causa di decesso? Questa sì: Asfissia


5-  Se foste un microbo? Ciclomegalovirus


6-  Se foste una zoccoletta? Che parole. E chi ha detto che non lo sia…


7-  Se foste un dittatore? Impossibile, ho zero carisma
8-  Se foste una cantante? 
Patty, di Tuck & Patty


9- Preferireste stare con qualcuno/a che scopa bene, ma è infedele o con qualcuno/a che scopa male, ma è fedele? Bene o male sono concetti piuttosto relativi
10-  Preferireste qualcuno/a che scopi bene, ma sia brutto/a o che scopi male, ma sia bello/a?
Idem come sopra.


11-   Preferireste che il vostro partner vi lasci per un uomo o per una donna? Se mi lascia ... chissenefrega!


12-   Preferireste essere accarezzato/a da qualcuno/a che vi ripugna o battuto da qualcuno/a che vi piace? Ma chi se l’è inventata questa catena??
13-  Preferireste che il vostro partner vada a letto con un’altra persona pensando a voi oppure che vada a letto con voi pensando a un’altra persona?
Sono piuttosto egocentrica, traete voi le conclusioni


14-   Preferireste guardare il vostro partner che fa l’amore con un’altra persona o fare l’amore con un’altra persona mentre il vostro partner vi guarda?  Ma non si potrebbe fare che ognuno si fa i cavoli suoi?


15-   Baciare significa tradire? Oh yeees
16-  Succhiare significa tradire?
Ma dai!


17-  Con uno sconosciuto o una sconosciuta preferite fare l’amore prima o dopo essere andati al ristorante? Ma non era che dagli sconosciuti  non si poteva accettare neanche una caramella? Figuriamoci il ristorante…
18-  Preferireste andare a letto con un uomo che ha un corpo di donna o con una donna che ha un corpo di uomo?
Tutto il corpo?
19-   Se preferite le donne: preferireste andare a letto con un uomo molto bello o con una donna molto brutta? (MA MOLTO BRUTTA):


20-  Se preferite gli uomini: preferireste andare a letto con una donna molto bella o con un uomo molto brutto (MA MOLTO BRUTTO).  Ehi, ma mica si è obbligati eh?

lunedì 23 aprile 2007

Guizzo's: chi ha paura di un telefilm?

- Un cappuccino, per favore. Tu cosa prendi? -


- Caffè macchiato. Caldo. Con un po’ di cacao. -


- Guarda qua che roba. Sui giornali non c’è più una notizia decente. Fanno solo propaganda. -


- Già finiremo come in Guizzo’s: chi si azzarda a dire le cose come stanno subito in manette.


L’hai visto ieri sera? -


- E chi se lo perde, in casa mia non si può fiatare quando c’è Guizzo’s. Non si guarda più nient’altro. -


- E’ successo un bel casino eh? Chi se lo aspettava. Quando sembrava tutto ormai scontato, quando tutti avremmo scommesso sul solito finale, ecco che si incasina di nuovo tutto. -


- Ma tu l’avevi capito che il tenente Alreadything stava indagando sul dipartimento di polizia?  -


- Io il dubbio l’ho avuto  quando c’è stata la scena dell’incontro con Tony Guizzo, il mafioso.


Bello vero quell’episodio? C’erano quei colori smorzati a Central Park e il tenente aveva quel modo di camminare strascinato che faceva venire malinconia solo a guardarlo.


- Sì ma a me ha fatto impazzire il mafioso, quando gli ha consegnato quella grossa busta rigonfia con un gesto così fiero che avresti detto che si aspettava di essere abbracciato.-


- L’avrei abbracciato io. Mi piace un sacco Tony Guizzo. E’ proprio il mio tipo. -


- Che scema. Molto meglio il frate, l’hai visto che bello quando sale sul taxi nero all’aeroporto di Londra travestito da investigatore in borghese?-


- Ma cos’hai capito? Non è veramente un frate. E’ un investigatore travestito da frate travestito da investigatore in borghese.-


- Eh? -


- Lascia perdere va. Comunque la scena più bella di ieri sera è stata quando il giocatore di basket ha incontrato di nuovo la bionda bellissima che aveva fotografato per sbaglio quando erano  New York. -


- Sì. C’era quella nebbiolina argentata sul Tamigi che poteva essere un’ora qualsiasi di un giorno qualsiasi di una stagione qualsiasi. Poteva essere un sogno. Hai visto? Si sono salutati come se si fossero dati appuntamento. Ma per me è stato un caso. Mica si erano mai parlati prima, no? -


- Sì infatti. E poi se no perché lui si sarebbe girato con quella faccia, come a dire datemi un pizzicotto, ditemi che non è un sogno. Va bè che in effetti lui a New York c’è stato un periodo che non si sapeva dove fosse. Dici che è implicato nelle indagini? -


- Ma quali indagini? Dai che è tardissimo. Mangia quella brioche. Ti pare che facciamo tardi in ufficio per star qui a parlare di un telefilm? -


 

sabato 14 aprile 2007

Storia di un altro ex blog


Questa è la storia di un altro ex blog: il mio.


Ho tenuto un blog sulla piattaforma de La Stampa Web finchè non mi hanno oscurato, in seguito alla pubblicazione di alcuni post. Nel pieno rispetto della decisione della Redazione de La Stampa Web, non mi trovo però d'accordo con questa scelta che non trovo coerente con i criteri di libertà di espressione.


Per chi volesse farsi un'idea dell'accaduto, che trovo piuttosto grave, pubblico di seguito i post in questione.


Mi farebbe piacere che chi legge lasciasse un segno della propria opinione in merito, sia che sia d'accordo con me sia che, invece, condivida la scelta de La Stampa.


Marco Giacosa: perché?


 


E’ stato oscurato il blog di Marco Giacosa. Molti altri blogger ne hanno parlato, riassumendo in modo sintetico ed esaustivo (a mio parere) i termini della vicenda: non aggiungo altre parole sull’accaduto perché sarebbero ridondanti.


www.bizblog.blog.lastampa.it; www.montgolfier.blog.lastampa.it; www.ilguizzo.blog.lastampa.it; www.dragor.blog.lastampa.it; www.marieagnes.blog.lastampa.it; www.circolinocinghios.blog.lastampa.it; www.interlegere.blog.lastampa.it (ed altri ancora si stanno aggiungendo...).


Quello che ci tengo a ribadire in questo spazio è che a mio parere Marco Giacosa non ha infranto alcuna regola, ha espresso le sue opinioni in modo accettabile, ha riportato fatti e ipotesi in modo trasparente e corretto. Per questo non trovo ammissibile che il suo blog venga oscurato. Per questo cercherò anche io un'altra casa se queste sono le regole di quella che mi ha ospitato fino ad ora.


 


 Per dovere di cronaca, per amor di parola


 


Sono successe molte cose in questi giorni, riassunte benissimo da tanti blogger che sono ospitati su questa piattaforma.


Ne cito solo alcuni: kincob; maxgiordani; rumore bianco; rottasudovest; serendipity, altri sono stati citati in un mio precedente post (qui), altri ancora sono rintracciabili attraverso i link che compaiono nei blog che ho già segnalato.


Per parte mia ho fatto una scelta, l’ho dichiarata, ho cercato di spiegarne concisamente e chiaramente le ragioni. Mi è stato chiesto di tornare sui miei passi, non esattamente in modo gentile, ma non è il caso di fare questioni su modi o toni, al momento ci sono cose più importanti su cui soffermarsi. Ad esempio i fatti. Il fatto è che non sono tornata sui miei passi. Il fatto è che i blog Marco Giacosa, Dialoghi Intorno al mio ombelico e Interlegere sono “sospesi”. Io apro e chiudo il mio blog appena posso. E non lo nascondo, ogni volta incrocio le dita perché spero di trovarlo ancora lì. E’ nel pieno diritto della Redazione sospendere chi vuole: loro sono i padroni di casa e noi gli ospiti. Ma da padroni di casa accorti quali sono credo sappiano bene che non è facile far sentire i propri ospiti a loro agio, e che ogni gesto contribuisce a creare o a distruggere un clima, un'atmosfera. I vicini già ne parlano. Certo i vicini sono sempre pronti a spettegolare, non ci vuole niente a montare un caso su un’inezia. Ma di nuovo, tutto contribuisce a creare un clima, un’atmosfera.


C’erano modi più eleganti per risolvere la questione, da qualsiasi punto di vista la vogliamo guardare. Se così non fosse non ci sarebbe ragione di tanto dibattere. Questo è un fatto.


Forse qualcuno si sta chiedendo, ma se questo clima, quest’atmosfera non ti piace più, perché non te ne sei già andata? Anzi, tutto porta a pensare che tu qui non sia più gradita, perché non fai il bel gesto e non te vai prima che ti buttino fuori?


Già, me lo sto chiedendo anche io. Forse è solo perché in questa casa ci sono stata bene. Forse è perché non mi piace andarmene senza aver finito di dire quello che ho da dire. Per dovere di cronaca, o per amor di parola.


 


La mia idea


 


“Le idee, una volta espresse e dunque sottoposte alla pressione di un pubblico, diventano oggetti artificiali privi di un reale rapporto con la loro origine. Gli uomini le affinano con un tale ingegno da renderle micidiali. Col tempo scoprono di poterle usare come armi. Non ci pensano su un attimo. E sparano.”


(A.Baricco, City)


La mia idea è che oscurare i blog Marco Giacosa, Interlegere e Dialoghi Intorno al mio Ombelico non sia stata una buona idea.


La mia idea è che non sia una buona idea ignorare le richieste di spiegazioni che stanno giungendo da più parti alla Redazione.


La mia idea è che è un peccato che le idee diventino armi, ma armi o non armi non è mai una buona idea impedire alle idee di esprimersi.



Oltre a questi post ho pubblicato la lettera di Marco Giacosa che trovate qui http://www.prishilla.splinder.com/post/11718441/Storia+di+un+ex+blog 


 Grazie per la vostra attenzione e per i commenti che vorrete lasciare


Prishilla