lunedì 25 febbraio 2013

Ho votato


Ho votato come avrebbe votato mio nonno, se fosse stato in condizioni di recarsi alle urne.
Per settimane ho riepilogato fra me e me le ragioni logiche e razionali di questo voto e le ho illustrate ad amici e conoscenti con un fervore che raramente – forse mai in passato – avevo riversato su questioni politiche. Per settimane sono andata dicendo che non è tempo di votare con la pancia o con il cuore – come recitano gli appelli al voto di tante personalità  influenti – ma che bisogna pensare bene, pensare con la testa, perché c’è un mondo nuovo da capire e le vecchie etichette non si appiccicano più a niente se non alle nostre dita impacciate e ai nostri occhi miopi e perché col mal di pancia – ammettiamolo - c’è solo un posto dove si va a finire.  
Ho votato con la testa. Ci ho creduto finchè non sono uscita, compiaciuta, dal seggio elettorale, dicendo compita buona sera ai vicini e ai conoscenti. Poi, camminando attenta sul marciapiedi orlato di neve che iniziava a ghiacciare, mi sono resa conto che nel mio voto ci sono pancia e cuore questa volta più che mai.
C’è mio nonno, in questo voto, che finchè è riuscito a cucire una riga con la successiva ha letto i giornali tutti i giorni e ha ritagliato gli articoli che potevano interessare ai suoi nipoti. Il nome scritto in alto, la pila ordinata sul tavolo dello studio. C’è mio nonno che ascolta la televisione con le cuffie e qualche volta non è sicuro se sia mattino o pomeriggio ma i nomi dei candidati li conosce e non si dimentica mai di chiedermi il lavoro come va. C’è mio nonno che nel campo di prigionia usava tutti i pezzi di carta che riusciva a trovare per disegnare le modifiche del capannone, per fare i conti di cosa servirà per ripartire, per mandare a casa la nota dei clienti e dei fornitori coi numeri e le cifre e la sua firma in fondo.  
Devo ammetterlo, è inutile: nonostante tutto, ho votato con la pancia e con il cuore. Mi piaccia o non mi piaccia, sono la lanterna che fa luce alla mia testa. E anche per queste elezioni, la lanterna aveva folti baffi e capelli bianchi.
 
(p.s. per dovere di cronaca è opportuno precisare che 'come avrebbe votato mio nonno' non corrisponde a 'come ha votato mio nonno l'ultima volta che lo ha fatto')

lunedì 18 febbraio 2013

A matita

Quando il tempo lievita e le cose più piccole diventano ingombranti, si affollano nella sconsiderata liberà di uscire dalla fila e far ressa, vociare. Quando le linee pazientemente disegnate con lo scotch sul tuo pavimento cerebrale perdono colore, si sollevano ai bordi, finiscono pestate e arrotolate, nere, fra le rotelle delle valigie. Quando i foglietti coi numeri si ammucchiano e volano, sospinti dal primo spiffero, capita perfino di raccoglierne una manciata e scoprire che al posto dei numeri in rigorosa sequenza logica c'è scarabocchiato sopra un pensieroso fiore a cinque petali o un cuore sbilenco o una tremolante chiocciolina. A matita, per giunta.

lunedì 11 febbraio 2013

Senza titolo

Come un vento, un presentimento, come un lupo con le zampe infreddate di neve era arrivato, il mattino.
Aveva desiderato una carota al posto del naso e due sassolini, lo sguardo lucido e nero di un gufo remoto. E sciogliersi poi, nel pantano dell'erba nuova.

mercoledì 6 febbraio 2013

I Promessi Sposi

Saranno vent’anni – o più - che me lo chiedo: con tutti i libri che han scritto da Dante Alighieri in poi, perché a scuola si studiano proprio I Promessi Sposi?  Un anno intero, capitolo dopo capitolo: il ramo del lago di Como, la notte degli inganni, addio monti, la peste, la conversione e via discorrendo, obbligatoriamente da non so quante generazioni.

Bene, complice un’avveduta lettrice amica, ho scaricato il Romanzo sul kindle - per togliergli definitivamente di dosso quell’aria pesante e grigia di certe mattinate d’interrogazione – e sono andata in cerca di una risposta.
Son saltata dritta nel racconto, scartando prefazioni e introduzioni dotte come fossero nient’altro che l’involto di un regalo e ignorando con gran gusto di liberazione i numerini delle note.
Così ho capito: I Promessi Sposi è un romanzo bellissimo. Lo è a prescindere dal suo valore storico: la struttura del romanzo, la lingua parlata, la provvidenza e tutto il resto. E’ un romanzo bellissimo perché ha un ritmo perfetto, personaggi meravigliosi e meravigliosamente dipinti, scene magistralmente costruite e tutto il fascino narrativo da cui si possa desiderare venir rapiti.
Ma io, che pure ero scolara interessata alla letteratura e potevo far conto su una professoressa coi fiocchi, al liceo non me ne ero accorta – e temo, come me, molti altri compagni.

Allora mi chiedo, non sarà che tutta quell’esegesi preventiva e le continue interruzioni e gli zoom su questo e quel particolare, rischiano di far perdere il filo e la tensione del racconto perfino al più bendisposto dei lettori? Non son certo un’esperta di didattica ma non sarebbe meglio – prima di dedicarsi a far le pulci alle parole – farsi travolgere dal racconto e lasciarsi innamorare? Anche quando studiamo un quadro, il primo sguardo è del suo insieme, è ignorante, eppure l’emozione che ci provoca sostiene e sospinge la curiosità con cui andiamo poi scoprendo il dettaglio e la storia dell’opera, guidati dalla sapienza degli esperti. Se cominciassimo osservandolo a francobolli, magari tenendo pure d’occhio di tanto in tanto la spada di Damocle del voto sempre in agguato, non credo proprio che sarebbe la stessa cosa.
 
Per questo, in fin dei conti,  io consiglierei agli scolari di leggersi i Promessi Sposi, in una versione tascabile leggera leggera, l’estate precedente alla lettura obbligatoria del Romanzo. Consiglierei di leggerlo senza soggezione, senza capirlo, saltando i paragrafi che li annoiano, liberi di abbandonarlo, riprenderlo, immaginarlo, di macchiare le pagine di sabbia e salsedine e nutella.
Poi consiglierei a tutti quelli che amano la letteratura di rileggerlo, ogni tanto, dopo averlo studiato a scuola. Non solo per il piacere di farlo, ma anche – mi prendo licenza di dirlo - per tener desto il senso delle proporzioni di fronte a tanti ‘capolavori’ osannati da stampa e giornali e premi.