lunedì 31 marzo 2008

Capitolouno

Il capitolo uno è bianco come una distesa di neve primaverile che si insinua fra i pini e sale verso le rocce rosa delle Dolomiti.


Il capitolo uno è silenzioso come certe bocche che sono state prima aperte e poi chiuse, poichè hanno imparato a incartare i pensieri come fossero regali. E così come le montagne non fanno del loro regalo un chiacchiericcio di sottofondo, né vengono a bussare alla porta di Maometto per scaraventarglielo sul tappeto del salotto, così Lei in quel capitolo uno vuole rimanere in silenzio per fare del suo pensiero un regalo per chi casomai si mettesse in ascolto.


La troviamo quindi, nel capitolo uno, coi pantaloni larghi e una giacca a vento bianca che scende ai lati del bosco come se stesse imparando a camminare, appoggiando i piedi nelle orme più grandi, che qualcuno ha lasciato perché potesse godere della primavera e della neve senza farsi troppo male. Tutto nel suo viso rivela il gran desiderio di chiedere alle Dolomiti una lezione di stile.

sabato 22 marzo 2008

:-)

"La parola è femmina, lo scritto è maschio"


pappagalli


(Sylvain Maréchal - Progetto di legge per vietare alle donne di imparare a leggere - 1801)





 

sabato 15 marzo 2008

Come onda

Beveva il caffè, con una gamba distesa e l’altra rannicchiata sulla seggiola come a voler conservare ancora per qualche minuto la posizione fetale del sonno, come se fosse necessario svegliarsi una gamba alla volta, un pensiero alla volta come le e-mail che scendono ad una ad una sullo schermo, mentre la clessidra gira su sé stessa sbadigliando.


Già mentre beveva il caffè lei sapeva che in fondo a quella giornata c’era un applauso che l’aspettava; quello che proprio non sapeva era come avrebbe fatto ad arrivare fin là.


Le sarebbe piaciuto percorrere quella giornata come aveva percorso quei cinquanta metri sotto la superficie dell’acqua, la scorsa domenica. Con la pancia che sfiorava le mattonelle, le braccia morbide lungo i fianchi, le gambe a distendersi in una piccola spinta e tutto il corpo a seguirne il movimento. Fluido, lento, continuo. Tenere il fiato dentro di sé senza costringerlo. Attraversare l’acqua senza romperla. Armonia, silenzio, forza. Fino ad appoggiare il palmo aperto sulla parete. Applauso.

giovedì 13 marzo 2008

Per questo

jogging


"Non sapevano che era impossibile. Per questo l'hanno fatto" (M.Twain)


Ad onor del vero, parecchi avevano tentato di dirglielo, ma lei non aveva potuto crederlo.


 


giovedì 6 marzo 2008

Zia Maestra

Sono certa che se glielo avessero detto che il suo tempo fra noi sarebbe finito così, lo avrebbe accettato con la sua intelligente ironica rassegnazione. Ed io porto con me, nel proseguire dei miei giorni, quest'altra lezione, che mastico insieme al boccone amaro della sempre tardiva consapevolezza di aver troppo ricevuto e troppo poco dato.

sabato 1 marzo 2008

Leichiè?

Lei chi è?” era quello che stava scritto in tutti gli sguardi che si voltarono verso la porta quando lei entrò nella sala riunioni. A volo radente passò in rassegna coppie di occhiali senza montatura, di eyeliner rigorosi, di tempie irrimediabilmente scoperte mentre si chiedeva quale sarebbe stata davvero la risposta giusta. Sorrise disse il suo nome e porse i biglietti da visita. Oltre a ribadire il suo nome e la sua professione, i suoi biglietti da visita dicevano che era una persona di gusti semplici ma eleganti e che aveva acquistato i suoi biglietti nel miglior negozio della città, quindi ci teneva a fare bella impressione. Certo, ma chi di sé stesso direbbe di avere un gusto pacchiano? Riguardo al fare bella impressione a denunciarla sarebbe bastato quello stupido sorriso con cui salutava chiunque. A volte pensava che se qualcuno le avesse dato un pugno in faccia abbastanza forte da farle cadere un incisivo almeno l’avrebbe piantata di sorridere in quel modo. Sarebbe stata l’unica maniera.  Dunque coi biglietti da visita non aveva risolto un bel niente. Infatti la domanda era ancora nell’aria.


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Lei era quello che tutte le persone intorno al tavolo prima o poi erano o sarebbero state. Non abbastanza giovane da definirsi una brillante promessa, non abbastanza vecchia da definirsi una professionista esperta ed affermata. Non così bella da far voltare nessuna testa, non così brutta da far passare in secondo piano il suo essere femmina.


Le capitava molto spesso che la scambiassero per qualcun altro. Il suo primo capo le aveva detto che il motivo era che lei era prototipica. Prototipica di quale categoria? Aveva chiesto lei. Ma non aveva mai ricevuto altra risposta che un sorriso esattamente a metà fra l’ammiccante e il paterno. Lo stesso sorriso con cui tempo dopo altri le avevano detto “fa piacere averti intorno” mentre lei faceva bella mostra della sua precisione, del suo spirito di iniziativa e della sua rapidità nell’imparare.


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C’era una vetrata alle spalle dell’uomo con pochi capelli e la cravatta blu e oltre la vetrata si intravedeva il profilo delle montagne, lontane lontane ma nitide, proprio come lei aveva sempre visto quello che un giorno avrebbe voluto diventare. In quel momento decise che quel giorno avrebbe guardato dentro ad un binocolo e, camminando intorno al tavolo - e a quella domanda ancora sospesa-  ebbe cura di mettere la punta della sua francesina testa di moro sul quell’accidente di prototipo e promise a sé stessa che avrebbe provato ad essere quello che avrebbe voluto diventare.


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(con un grazie a Biz che mi ha dato il la ...)