venerdì 26 aprile 2013

Sono in ritardo

Sono in ritardo. Sono sempre in ritardo.

All’inizio era l’autobus. La sagoma arancione si profilava sull’angolo e subito le gambe si facevano di piombo, il marciapiede una colata di sabbie mobili. Non mi sposto di un millimetro. L'autobus avanza. Devo correre.
Poi è toccato alle valige. Vestiti che non entrano, oggetti che si moltiplicano, le scarpe, mancano le scarpe e poi  qualcosa di fondamentale che non trovo più, che non trova posto, non si chiude, si rompe, è tardissimo, perdo l’autobus, il treno, l’aereo. Devo correre.
Ad un certo punto si sono aggiunti i corridoi degli alberghi. Lunghissimi, uguali, sconvenientemente tortuosi. Non trovo la camera, non trovo l’uscita, non arriva l’ascensore, dove ho lasciato la valigia, non ho finito la valigia, perdo l’autobus, l’aereo, il treno, le gambe di piombo, le sabbie mobili. Devo correre.
Poi il telefono. Non riesco a digitare il numero, si pianta, non prende, non si accede alla rubrica, il numero, non so il numero, non l’ho messo nella valigia, dove ho lasciato la valigia, ho sbagliato corridoio, mi aspettano, devo avvisare, perdo l’autobus, il treno, l’aereo, le gambe di piombo, le sabbie mobili.   Devo correre.
Ed infine, il parcheggio. Era ovvio.  Non trovo l’auto. Le rampe, l’ascensore, le porte tagliafuoco. Eppure era d’angolo. Mi aspettano devo avvisare non prende il telefono la rubrica il numero la valigia dove ho lasciato la valigia perdo l’autobus il treno l’aereo le gambe di piombo le sabbie mobili.  Devo correre.
Son sempre stata in ritardo, in fin dei conti. A giudicare dai miei sogni ricorrenti, perlomeno. Sempre che vogliano dire qualcosa. Qualcosa oltre ai desideri. Perché poi ci sono giorni in cui ti svegli e scrivi la data in cima al foglio, come quando a scuola la campanella era suonata e si apriva il quaderno nella pagina nuova. Giorni in cui scrivi la data in alto e non riesci a pensare ad altro che sono in ritardo. Devo correre.
(25 aprile 2013)

domenica 14 aprile 2013

Green Therapy

Ho messo la terra ad asciugare. Era intrisa, come di troppa malinconia assorbita nel buio soffice dell'erica che pure continuava a fiorire. Nonostante.
L'ho sgranata e rastrellata, l'ho distesa in vasi lunghi, ho cercato le chiazze di sole.
Come i capelli dopo lo shampoo. La salvietta che massaggia e stringe. Vieni al sole che si asciugano. Mani di mamma che ravviano, pazienti, la massa che si gonfia, tiepida.
I semi aspettano, in croccanti sacchetti che credevamo dimenticati, in cantina, fra cesoie e zappette.
Sposto i vasi, lungo le chiazze di sole. Vieni al sole che si asciugano.
Verrà il tempo della semina.

domenica 7 aprile 2013

Oggi tutte le nuvole hanno i baffi

Suonava il clacson appena prima dell’ultima curva. Due colpi ravvicinati, ogni sera. Noi lasciavamo i giochi e gli correvamo incontro, facendo a gara e strillando ‘c’è il nonno’.
 
Quando imboccava il cancello e iniziava la salita si sentiva il rumore della ghiaia sotto alle ruote e noi eravamo pronti in fila al limite del cortile. Si fermava piano piano e a turno ci faceva salire sulle sue ginocchia, ci lasciava tenere il volante mentre scivolava lentamente nel garage e potevamo dare anche noi il nostro colpetto di clacson.
 
Poi lui andava in cucina dove lei si affaccendava ai fornelli, ma si vedeva che si era aggiustata  i capelli ed il grembiule, e le brillavano gli occhi quando lui, abbracciandola, scoperchiava le pentole e faceva mmmmh.
 
Mentre lui andava a togliersi il vestito dell’ufficio lei si affacciava alla porta finestra e ci chiamava: ‘a lavarsi le maniii’. Certe sere, prima di andare a rubarci la saponetta tutti e quattro intorno al lavandino del bagno grande, ci fermavamo un attimo a guardare il sole che tramontava, le nuvole all’orizzonte.
 
Oggi, tutte le nuvole hanno i baffi.

martedì 2 aprile 2013

Insight


Ci sono cose ovvie che pure impieghi anni a capire, a capire davvero; e tanto più tempo ci hai impiegato tanto più ti sembrano importanti.

Probabilmente è per questo che qualcuno si è premurato di tenerle ai margini del tuo campo visivo, mimetizzate fra mille altre.

Io, per esempio, sono sempre stata convinta che l'amore fosse il miglior salvagente in caso di paura. Non avevo capito che invece è tutto il contrario, che la paura fa da tappo all'amore.