sabato 28 luglio 2007

Oniricami

Come una corsa a ostacoli, solo che quando parti non puoi vedere il percorso. Tu attacchi a correre, più forte che puoi, e all’improvviso dal cielo ti cadono davanti gli ostacoli. E tu fai come puoi: salti, ti chini, ti arrampichi, cadi e ti rialzi, scarti di lato. Anche il traguardo può essere spostato. Ti sembra che sia proprio dietro la curva, ma quando sollevi di nuovo lo sguardo è più avanti di chilometri. E poi può capitare che la pista sia invasa dal fango, e i piedi diventino pesantissimi, ma può anche capitare di mettere il passo su una strepitosa molla e in un attimo sei a un passo dal traguardo. Che però quando stai per toccarlo chissà dove è andato a finire che non lo vedi più. Ma la cosa migliore che può capitare sono delle grandi braccia che ti sospingono e ti sostengono, nonostante tu sbuffi che ce la puoi fare da solo. No che non puoi.  

lunedì 23 luglio 2007

Guardie e ladri - 6

Quando Dorothy finalmente aprì gli occhi li vide: l’uno di fronte all’altro, l’uno con le scarpe dell’altro, la guardia e il ladro guardavano con lo stesso odio l’uomo che lei stringeva.


C’era qualcosa che doveva dire, lo sapeva bene. C’era qualcosa che doveva dire per fermare quel momento e quello che sarebbe venuto dopo.  Ma c’era un uomo che premeva sulla sua bocca e soprattutto c’era il vento, e il vento la innervosiva.


Cos’era che voleva dire? Ecco, di nuovo il vento se l’era portata via. Un giorno o l’altro gliela avrebbe riappoggiata sui piedi, ne era certa, come una cartaccia o una foglia o il cappello di una signora.  Ma quella notte quella cosa che avrebbe voluto – o dovuto – dire se ne era volata via.


Così il momento non si fermò e i pugni della guardia e quelli del ladro si confusero sulla pelle di un uomo che, stoltamente, quella sera aveva calzato il solito paio di stivali texani.


 




sabato 21 luglio 2007

Guardie e ladri - 5

Lei non era ancora rientrata, lei che non faceva mai tardi la sera. C’era vento, e lei non rientrava, così il ladro quella sera fece qualcosa che non aveva mai fatto prima: irruppe nella camera vuota della figlia e, pratico della faccenda, scovò un messaggio, un luogo, un nome.


Fu di rabbia la folata successiva.


Si guardò le mani, fin dentro le pieghe, ma non vide quello che avrebbe voluto vedere. Allora si guardò i piedi e seppe cosa doveva fare.


Il campanello del poliziotto suonò a vuoto, così il ladro fece qualcosa che aveva già fatto innumerevoli volte: irruppe nella casa vuota di un onesto cittadino e, pratico della faccenda, trovò quello che cercava. Prevedibilmente lucide e appaiate, ordinatamente riposte nella scarpiera.

mercoledì 18 luglio 2007

Guardie e ladri - 4

Fu un’estate calda quella in cui il poliziotto e la ragazza cenarono ogni sera sotto un diverso pergolato, scambiandosi sorrisi e una progressiva confidenza che altro non era che una danza antica, di cui lui seguiva, con rispetto, il ritmo ed il rituale.


Ma la sera in cui il poliziotto suonò alla porta del ladro il vento aveva sollevato lembi di calore e aveva lasciato scoperto un cielo bucato di stelle.


E forse fu proprio grazie al vento, oltre che grazie al suo fiuto, che il poliziotto aveva scoperto quell’abbraccio fra la ragazza e un uomo. E si trattava di un uomo che non aveva meritato i suoi sorrisi.


Forse fu perché la ragazza aveva gli occhi chiusi, forse fu per il modo in cui l’uomo la toccava o il per il modo in cui lei si muoveva dentro alle mani e alle braccia di lui, o forse fu ancora il vento che lo sospinse, fatto sta che il poliziotto si ritrovò con il fiato corto al campanello del ladro e disse: “prestami le tue scarpe”.

mercoledì 11 luglio 2007

Inciampando in un pensiero

< La singolare malattia di scrivere o di leggere quello che si scrive, da cui siamo affetti da tempo, peggiora di giorno in giorno. Sembra quasi che i libri debbano colmare un bisogno dell'anima, e che ne occorrano per tutti i temperamenti dello spirito, per tutti i gradi dell'intelligenza. Quindi la loro qualità e la loro sostanza non devono essere meno varie degli alimenti di cui ci nutriamo. Da questo punto di vista non esistono libri, siano essi buoni o mediocri, insignificanti o insipidi, che non trovino lettori adatti a loro. Quando leggiamo è la testa che "digerisce", e quindi è di fondamentale importanza scegliere le letture a noi più consone. invece, durante la nostra vita, spesso abbiamo letto dei libri a caso, senza averli effettivamente scelti. Di conseguenza esistono tanti spiriti malaticci, tante teste che, proprio perchè continuano a leggere cose inutili, sono state appesantite dalla "cattiva digestione".>


(Abate Dinouart - L'arte di tacere)

giovedì 5 luglio 2007

Guardie e ladri - 3

Quel giorno che il ladro non trovò le sue scarpe e fu costretto ad andarsene a casa con quelle del poliziotto, infilandole aveva pensato “che scomode, che rigide” e di malavoglia e con passo forzato si era incamminato.


Giunto al punto in cui era solito tagliare per il prato per accorciare il cammino si era detto però: “è proprio un peccato sporcare queste scarpe così lucide” e, malgrado si sentisse un po’ preoccupato per il caldo e la stanchezza supplementare che avrebbe dovuto sopportare, aveva proseguito lungo la strada asfaltata. Ma, causa appunto il caldo e la stanchezza non se la sentì proprio di arrivare al solito bar e si fermò lungo la strada per l’abituale bicchiere di vino.


Entrò con passo sostenuto nel caffè e i tacchi delle scarpe risuonarono autorevoli fra i tavolini. Dietro al bancone una ragazza dalle guance giovani e dalla vita sottile che stava asciugando bicchieri si affrettò a salutare, e fu con una certa soggezione che disse: “buongiorno signore, sono subito da lei” e dopo poco, premurosa: “mi dica, cosa posso servirle?”.


E quella frase suonò talmente nuova alle orecchie dal ladro, che per tutta la vita aveva detto “il solito” al solito barista, che per un attimo si guardò le scarpe e pensò: “quasi quasi non le restituisco”.


Ma seppure si trattasse di un ladro aveva pur sempre indosso le scarpe di un poliziotto: dunque, le restituì.