venerdì 25 gennaio 2013

Ciao Ricky!


Sei arrivato pian piano – tanto che forse alla tua mamma sarà sembrato di essere su uno di quei treni che prende tanto spesso, quelli che partono e si fermano, partono e si fermano e sembra che non arrivino mai. Io invece, dal mio comodo divano, ti immaginavo tra le braccia di un nonno-cicogna che ti faceva fare voli radenti e mozzafiato e tu dicevi sempre ancora un giro e lui ti accontentava, felice di viziarti, orgoglioso all’idea di portarti fin fra le braccia dei tuoi genitori acceso di entusiasmo e di giochi.
E così sei arrivato, con il tuo fagotto di stelle, con gli occhi pieni di sogni e le guance lisce e invitanti come le pagine bianche di un quaderno nuovo.
E’ stato mentre ti guardavo per la prima volta che finalmente l’ho capito. Ho capito che quello che proviamo quando arriva un bambino, la tenerezza, la speranza, la felicità, la meraviglia, tutto quel groviglio di emozioni – che è diverso come diverse sono le persone raggomitolate e palpitanti nel cuore di questi cuccioli a colori pastello – ecco queste emozioni non sono qualcosa che appartiene a noi, che sta dentro agli occhi di chi guarda. Sono invece polvere, rimasta appiccicata alla pelle dei bimbi - o che qualcuno si è premurato di spennellare - dal posto da cui sono partiti. E’ un indizio che loro ci portano, come fosse un regalo. Nell’indizio che mi ha portato Ricky, oggi, c’era soprattutto un’irrefrenabile allegria.

lunedì 21 gennaio 2013

Li riconosci

 Li riconosci già da come si preparano sul bordo della vasca, da come aggiustano gli occhialini e la cuffia, da come tastano l'acqua con il piede. Quelli che fissano un tempo e poi contano le vasche, come fossero monete da accumulare con golosa soddisfazione in un immaginario tascapane,  e quelli che fissano le vasche e contano il tempo, perchè non c'è maggior soddisfazione di far presto e bene. Poi ci sono quelli che quando sono stufi escono, tutto qui.

lunedì 14 gennaio 2013

Memo


Per non perdere l’equilibrio devi guardare lontano, un punto fisso all’orizzonte.
Poi un passo dopo l’altro. Uno alla volta, senza guardare giù. E’ così che si arriva dall’altra parte.
I tuoi piedi e l’orizzonte. Il resto è un gioco di carte degli imprevisti-probabilità che compariranno ogni mattina sul piattino del tuo caffè. Senza che tu debba neppure tirare i dadi. Via.
 

venerdì 4 gennaio 2013

Con l'aiuto di Dio, per sempre

C'era un fuoco che ardeva e un cerchio intorno. C'era il profumo del fumo sul maglione ispido, c'erano le voci degli altri - di ciascuno - e la mia dentro.
C'era un mondo che certe persone disegnavano per abitarlo, persone che ci invitavano e ci regalavano le matite e le storie e fogli su fogli, occasioni.
Così c'erano le giornate di ruscelli e boschi, le vesciche nei piedi e i tagli nelle mani e le legature e i legami e un quaderno in cui ancora non c'era scritto quasi niente. Ma c'era.
Poi, la notte, c'erano i profili delle tende e dietro le montagne e poi più niente. C'era un cerchio e un fuoco e le scintille che salivano, fino a confondersi con le stelle.
 
Ma la cosa davvero incredibile è che queste cose ci sono ancora. E quanto è grande il mio grazie, per tutto questo, io non lo sapevo. Che sciocca.