giovedì 14 agosto 2008

Quando si alza il temporale

Certe cose mi lasciano buchi, spiragli, fessure.


Non serve rammendare, intonacare, rabberciare: quando si alza il temporale sono piena di vento.


E so sempre da dove viene.

giovedì 7 agosto 2008

Guardie e Ladri - Ripensandoci...

Il bello delle storie è che qualche volta, ripensandoci, cambiano le carte in tavola


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1. Uno


Il malvivente e il poliziotto che pedalano fianco a fianco, incerottati e dolenti. L’uno ha ai polsi irriverenti braccialetti gemelli a forma di manette, tempestati di oro e brillanti. L’altro ha un sorriso azzurro e mite e una  precisa misura per i gesti e per le parole.  Ironia della riabilitazione, pedalano fianco a fianco e non si raggiungeranno mai. Non dentro a questa palestra, dentro questi confini in cui non si è altro che il proprio nome e la propria ferita. Ma è vero che lasciamo tutto fuori, nell’armadietto insieme alle scarpe? Cosa bolle dentro a questa tregua forzata fra il malvivente e il poliziotto, che ostentano una strana forma di silente cortesia?


Mi piacerebbe immaginare una zuffa nello spogliatoio, un alterco sulla base di un pretesto, un banale “c’ero prima io”. Mi piacerebbe immaginare una confessione, una supplica, il dispiegarsi di un senso di colpa, oppure l’alzarsi fiero di un moto di orgoglio. Mi piacerebbe immaginare fra le pieghe di una conversazione un’inversione di ruoli e di emozioni. L’invidia del poliziotto, il coraggio del malvivente.


Disegno storie sul bordo del mio lettino, guardando le spalle vicine del malvivente e del poliziotto. Ma non accadrà nulla, saranno anche oggi solo due uomini che zoppicano. Almeno finchè non saranno arrivati all’armadietto, e avranno rimesso le scarpe e i cartellini con i nomi: guardia, ladro.


Chissà, potrei provare a confonderli....


 


2. Guardia



E’ accaduto, sul finire della mattina, dopo che aveva abbondantemente piovuto e dopo che il sole era tornato ignaro a scaldare l’atmosfera, che la guardia inciampasse nelle scarpe del ladro, lasciate in disordine sull’impiantito.


E’ accaduto che la guardia, rigirandosi le scarpe fra le mani, si ritrovasse a pensare “che pelle morbida, che forma comoda” e poi “in fondo è solo per provarle, questione di un attimo”


E, questione di un attimo, è accaduto che le avesse ai piedi.


E’ stata poi questione di un attimo anche che, con quelle scarpe calzate, gli salisse alle labbra un complimento rivolto a quella ragazza che da settimane guardava nello specchio solo quando era certo che lo sguardo di lei fosse altrimenti impegnato.


Ed è accaduto che si trattasse di un complimento un poco al di fuori della precisa misura della sua abituale cortesia.


Ma la cosa più incredibile che è accaduta è che la ragazza ha sorriso.


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3. Dorothy


Il vento la innervosiva perché aveva la pelle sottile, i piedi piccoli e troppi capelli. Perché aveva sempre molti panni, sporchi e puliti, stesi fuori ad asciugare. Perché i suoi pensieri erano legati da fili sottili e tintinnavano come scacciapensieri senza requie e anche perché i suoi appuntamenti non erano abbastanza strettamente rilegati.


Perchè aveva letto troppe volte il Mago di Oz quando era bambina e perché dimenticava spesso dei sogni fra le nuvole, sogni che il vento faceva apparire e scomparire, come certe parole quando un attimo le ricordiamo e un attimo dopo non le ricordiamo più. Cosa volevo dire?


Se l’hai dimenticato era una bugia, diceva sua nonna.


   


4. Ladro


Quel giorno che il ladro non trovò le sue scarpe e fu costretto ad andarsene a casa con quelle del poliziotto, infilandole aveva pensato “che scomode, che rigide” e di malavoglia e con passo forzato si era incamminato.


Giunto al punto in cui era solito tagliare per il prato per accorciare il cammino si era detto però: “è proprio un peccato sporcare queste scarpe così lucide” e, malgrado si sentisse un po’ preoccupato per il caldo e la stanchezza supplementare che avrebbe dovuto sopportare, aveva proseguito lungo la strada asfaltata. Ma, causa appunto il caldo e la stanchezza non se la sentì proprio di arrivare al solito bar e si fermò lungo la strada per l’abituale bicchiere di vino.


Entrò con passo sostenuto nel caffè e i tacchi delle scarpe risuonarono autorevoli fra i tavolini. Dietro al bancone una ragazza dalle guance giovani e dalla vita sottile che stava asciugando bicchieri si affrettò a salutare, e fu con una certa soggezione che disse: “buongiorno signore, sono subito da lei” e dopo poco, premurosa: “mi dica, cosa posso servirle?”.


E quella frase suonò talmente nuova alle orecchie dal ladro, che per tutta la vita aveva detto “il solito” al solito barista, che per un attimo si guardò le scarpe e pensò: “quasi quasi non le restituisco”.


Ma seppure si trattasse di un ladro aveva pur sempre indosso le scarpe di un poliziotto: dunque, le restituì.


  


5. Guardia


Fu un’estate calda quella in cui il poliziotto e la ragazza cenarono ogni sera sotto un diverso pergolato, scambiandosi sorrisi e una progressiva confidenza che altro non era che una danza antica, di cui lui seguiva, con rispetto, il ritmo ed il rituale.


Ma la sera in cui il poliziotto suonò alla porta del ladro il vento aveva sollevato lembi di calore e aveva lasciato scoperto un cielo bucato di stelle.


E forse fu proprio grazie al vento, oltre che grazie al suo fiuto, che il poliziotto aveva scoperto quell’abbraccio fra la ragazza e un uomo. E si trattava di un uomo che non aveva meritato i suoi sorrisi.


Forse fu perché la ragazza aveva gli occhi chiusi, forse fu per il modo in cui l’uomo la toccava o il per il modo in cui lei si muoveva dentro alle mani e alle braccia di lui, o forse fu ancora il vento che lo sospinse, fatto sta che il poliziotto si ritrovò con il fiato corto al campanello del ladro e disse: “prestami le tue scarpe”.


  


6. Alice



Il vento la rassicurava perché riempiva gli spazi, la sosteneva e tratteneva la sua corsa; perché veniva da lontano, come i suoi fratelli e le loro mamme, ma non scompigliava mai la cena e non scoperchiava i divani letto. Si limitava ad illudere le foglie secche con una promessa di volo. Forse, un giorno.


Alice aveva una famiglia troppo grande, troppo grande era il suo spazio per i giochi e troppo grandi le sue pantofoline rosa capriccio.


Forse fu il Vento a sospingerla, o forse fu il sogno di un bianco coniglio frettoloso a guidarla quella notte verso la porta d’ingresso e verso quelle scarpe vuote rimaste inutilizzate sul pavimento. Fatto sta che quando il ladro aprì gli occhi e voltò la testa verso lo spiraglio improvvisamente luminoso della porta della sua camera da letto, la vide lì, con in mano le scarpe del poliziotto e stava dicendo “per piacere, mettile papà”. E preso così alla sprovvista proprio non gli riuscì di trovare neppure una ragione per non accondiscendere.