lunedì 26 maggio 2014

Tripadvisor

Una bella hall con la sua porta girevole, un giovane portiere compito e un fattorino in divisa pronto a prenderti la valigia che scivola lieve sulla guida verde scuro. Tu un po' affannata dal viaggio e dal caldo ti ritrovi a pensare che b&b e agritur son belli assai, però anche questi grand hotel di una volta hanno il loro bel perchè. Tant'è che chiedi la sveglia alla reception -  e non è solo perchè non ti fidi più tanto del tuo smartphone, dopo l'ultimo volo che gli hai  fatto fare - e saresti tentata di chiedere pure di mandare un fax, o se sono arrivati messaggi per te, qualcosa del genere. 
Ti lasci cadere sul letto, non prima di aver constatato con pigra e voluttuosa soddisfazione che nell'armadio c'è un bell'accapatoio bianco e le ciabattine di spugna, e ti addormenti pensando bella scelta. E quando dopo quello che ti è sembrato un amen ti svegli con il pianto disperato di un bimbo che ti piove dall'alto come una doccia fredda, tutto quello che riesci a pensare è: era troppo bello per essere vero. Torni coi piedi per terra, ti consoli col wireless che è in effetti è una freccia e ti riaddormenti, un po' a spizzichi, sognando di guerre e rapimenti, chissà perchè. 
La colazione ti rimette in pace, con quel pane fragrante che piace a te e i salumi profumati, i muffin, le torte per tutti i gusti, più uno, e la cameriera felpata e sorridente. Buona giornata, buon lavoro. 
Ed il lavoro è buono ma faticoso assai, così la sera, avvolgendoti nell'accappatoio, dedichi un lungo, intenso pensiero alla famiglia del piano di sopra. Che siate partiti, miei cari, che siate partiti. Ed è con questo mantra che scivoli nel sonno. 
Eri ancora a cavallo, una gamba nel mondo dei sogni, l'altra ancora qui da noi, quando al di là della testiera del letto iniziano i fuochi d'artificio. L'intensità con cui la signora comunica al mondo il suo piacere è tale e tanta che nonostante lo sconcerto e la botta di nervoso ti scappa pure un po' da ridere. E ti dici: finirà presto. Invece no. La signora comunica al mondo il suo piacere con tale e tanta intensità per tutta la notte. Per questo, nonostante i muffin ai semi di papavero e le focaccine paffute che ti accolgono a colazione, entro le 8.00 avrai già aperto Tripadvisor e avrai messo un bell'uno al grand hotel di una volta, che pure colpa non ha, perchè credetemi, fra i polmoni del bimbo e le follie della signora, probabilmente neppure nella camera di sicurezza della Gringott Bank sarebbe stato possibile chiudere occhio. Ma tant'è. 

lunedì 19 maggio 2014

Rispolverando

“L’archeologa”.

Ho detto per anni che dopo il liceo avrei fatto l’archeologa: mi sembrava una buona mediazione tra tutto quello che gli altri si aspettavano da me.
Ma non era vero: io volevo fare la commessa come la mamma di Katia.La commessa alla Upim, part-time. Tutta la vita.
Noi studiavamo la matematica, e poi alle medie la tecnica, e poi al liceo il greco, e lei sempre i giorni dispari ad un certo punto si alzava e si andava a preparare per il lavoro. Io la seguivo in bagno per guardare come si truccava, ero affascinata dalla procedura. Katia di là mi chiamava sulle analisi logiche, per lei erano la conquista, la chiave per il cambiamento. Io di logico non ci trovavo niente su quei fogli e l’unica cosa che sognavo di cambiare nella mia vita era il colore dell’ombretto. Tutti i giorni.
La mamma di Katia si truccava, chiacchierava di cose bellissime, leggere come la cipria. Cose che non andavano valutate, sulle quali non si reggeva il mondo. Cose che non ricordo più.Al loro posto ricordo che il predicativo del soggetto non è quello dell’oggetto, anche se può sembrarlo.
Insomma la realtà si poteva scomporre su vari livelli, mentre sulla faccia della mamma di Katia si ricomponeva perfettamente nel make up e,  senza che lei lo sapesse, nella sua parola, la parola che portava in un vortice le comari, i costumi, le diete, la scopa elettrica. Poi se ne andava al lavoro e io, se potevo immaginarmi in un modo, mi ci immaginavo così. Con il camice del negozio a passare per gli scaffali. “L’archeologa”, dicevo sempre, ma gli unici pezzi che avrei voluto inventariare erano i saponi, le schiume da barba, quelle per i capelli. Avrei voluto togliermi le scarpe sotto la cassa e chiacchierare con i clienti, vedere tutti i giorni le stesse persone per quarant’anni, e a fine giornata lamentarmi del mal di schiena, delle nuove arrivate, del caldo.

“L’archeologa”.



(Mosca più balena, V.Parrella)

martedì 13 maggio 2014

Controluce

Camminava da tempo, da tanto tempo, da così tanto tempo che i piedi cotti e il sole alto nel cielo - e la polvere, e la salita, e le buche e tutto il resto - come mosche moleste, avevano iniziato ad insinuare che forse aveva sbagliato strada. Era già da qualche curva, quindi, che le capitava di ripensare al bivio, e la mente si riempiva della dolcezza della mattina, della freschezza della sue gambe e del gusto ancora fragrante della recente colazione. Così aveva iniziato a pensare che forse aveva sbagliato strada. Ora, che cambiarla era impossibile. Avrebbe anche potuto portarsi questo dubbio fino in vetta, se le caleidoscopiche circostanze di cui qualche volta la vita ci fa dono, non le avessero messo sotto il naso, improvvisamente, di nuovo, il profumo di quel bivio. Di certe stanze, di certe sedie. Di certe parole. Che gran regalo ci fa la vita, certe volte, quando ci fa affacciare alle finestre dopo che siamo usciti dalle porte. Quando mette il ricordo dritto controluce, e la nostalgia sbiadisce e la filigrana e' lì, nitida come fosse ora, e indica senza ombra di dubbio una certa, seppure impervia, direzione. 

martedì 6 maggio 2014

Matteo, il vento

Tenere strette le foglie secche non è un'opzione, e in fondo non lo è neppure rincorrere i tovagliolini. Un bel sasso, questo sì. E una fascia gialla per tenere i capelli lontani dagli occhi. Fermare le persiane, rinunciare alle tovaglie. Allontanare le spalle dalle orecchie. Allargare le dita dei piedi. E poi lasciarsi squassare. Niente e nessuno pulisce l'orizzonte come lui.