lunedì 28 luglio 2008

Il secondo luogo

Forse solo io vi faccio attenzione ma capita con una certa frequenza di leggere “in primo luogo” laddove poi nel testo il “secondo luogo” non viene mai più citato. Si perde nel discorso, rapito dagli scoscesi sentieri e dagli ampi orizzonti del primo. Rimane a crogiolarsi nel tepore della penna, approfittando delle attenzioni che il pubblico rivolge al temerario compagno, che per primo ha imboccato l’incerta via del foglio. Sta, come l’asso nella manica, in un perenne e mai sbocciato capolino in attesa di una congrua posta in gioco. O magari il secondo luogo altro non è che quello dove abita il contrario di quello che andiamo sostenendo e ha un invitante profumo di pini e piadina e un punto dove dopo le colline si scorge il mare. E allora il primo luogo, quello dove abbiamo tracciato rassicuranti mappe di strade e stazioni di servizio, gli fa segno di tacere. Che il nostro non sia tutto lavoro sprecato, per l’amor del cielo.

sabato 19 luglio 2008

Guizzo's Seconda Serie: Dreams....

Questa puntata si apre davanti al portone del distretto di polizia. Ci sono un uomo e una donna sulla piccola scalinata disadorna e gente intorno che entra ed esce. (Dove andranno tutti quanti.) C’è un cielo pesante come il respiro di Meg (Solo due mesi di gravidanza e già questa spossatezza.) C’è un gatto che annusa un fazzoletto baciato di rossetto che potrebbe essere il nostro gatto ma forse non lo è.


- Come devo dirglielo? Entri e faccia una denuncia… - Il tenente Alreadything ha la voce esasperata e ruvida ma gli occhi non confermano. Sono svagati, lenti e pigri, come se accarezzassero distrattamente la schiena del gatto aspettando l’ispirazione per decidersi.  


- Lei non mi sta ascoltando. Non ho nessuna prova per affermare che Padre Biz non è dove dice di essere, e soprattutto non c’è nessuna ragione (oddio una ci sarebbe ma ora non è il momento, davvero, forse un giorno, chissà) che giustifichi la mia ricerca. Ma io devo sapere dov’è. Devo, lo capisce questo? -


- Se è per questo  non lo capisco affatto, ma non è questo il punto. Cosa le fa ritenere… -


- Ma insomma, lei non mi sta ascoltando. Mi ha lasciato una poesia, si rende conto? Una poesia può significare solo due cose (e non necessariamente in alternativa): o è una minaccia o è una richiesta di perdono. E lui sulle faccende del perdono è tipo da rivolgersi ben più in alto ... -


- Quindi secondo lei sarebbe una minaccia – poi, ad un tratto, proprio mentre il sole si stava decidendo a far uscire un paio di raggi in esplorazione, sembra arrivare fulminea anche l’ispirazione. Ed ecco il braccio del tenente che si alza, il mento che scatta in avanti. Meg è avvolta in una specie di abbraccio che sa di tabacco e di buio. Ed è dopo un istante molto lungo che chiede roca:


- Che fa?- E allora lui allarga le braccia e riprende la distanza consueta.


- Mi ascolti bene: è meglio che non si faccia vedere qua. La cercherò io.-


E lei, mentre tiene le orecchie ben puntate sul suo tono improvvisamente tagliente, fa andare in giro gli occhi a sua volta e scorge, proprio mentre sta per svoltare, l’inconfondibile Pontiac di Anthony Guizzo.


Ed è solo questione di attimi e di biglietti da visita e strette di mano e poi eccola che sale sul taxi e si capisce da come stringe la borsetta che sta pensando a quel sogno, quello in cui Charles la accarezzava con quelle specie di grandi ali che aveva al posto delle mani e lei aveva la bocca piena di piume e non riusciva a chiedere aiuto. (La mamma avrebbe detto “vuol dire che devi dartela a gambe Maggie, vola via subito”, ma io non ce la faccio proprio a lasciar perdere così).

mercoledì 16 luglio 2008

Guizzo’s: Intervista agli autori – Prishilla, parte 2

parte 1 QUI



 


- Giustappunto: come è iniziato tutto questo?


- Ecco allora dicevo, avevo questo blog già da un po’ di tempo, e un po’ di amici di penna, o di tastiera, con cui ci si scambiava aeroplanini. Era estate e faceva un caldo boia. Tipo adesso insomma. Bè, io rientro dalle vacanze e sul blog di Montgolfier – grande scrittore, Mont, lo conosce?


- Lo conoscerò


- Bene. Ecco, sul suo blog trovo questo. Aveva lanciato un sasso nello stagno, capisce? Perché Montgolfier è uno che pensa che “Scrivere è gettare sassi nell’acqua. Quando leggi, invece, sei acqua. Amare una certa sequenza di parole è vibrazione, liquidi cerchi che s’allargano, giungono alla riva, increspandosi su forme e profili, interferendo con altre onde, eventualmente (e via di seguito).


 -Ah, quindi lui aveva gettato un sasso…


- Esatto. E visto che questo sasso aveva buttato su un bel po’ di acqua ne ha lanciato subito dietro un altro, intanto che i cerchi erano ancora in moto


- Cosa significa che erano in moto?


- Dia un’occhiata ai commenti, si faccia un’idea:


 


 *Un saggio da maestro, mai vista tanta fantasia in cosi' poco spazio. Aspetto impazientemente il seguito. Mi mancano soltanto 50 chili per assomigliare a Depardieu...



*Monty, sono un vulcano di idee in questi due giorni. Ascoltami: ri-adatta il testo di questo post come fosse, invece che il riassunto per il lancio promozionale di un serial, una puntata zero. Poi lancia la palla, dici a chi vuoi tu: prosegui. Se questo accetta, scrive proseguendo il testo, e rilancia la palla ad un altro (di noi bloggers, intendo). Vediamo cosa esce. Ci stai? Hai tempo? Facilmente esce una cagata ma potrebbe anche darsi di no. Facciamo gli autori e i personaggi assieme. Poi, vaffanculo!, ce lo pubblichiamo noi! Quanto costa pubblicare un libro con un minimo di distribuzione? 5mila? 6mila? In quanti siamo? 15? 20? 300 euro a testa? Poco più? Avanti, popolo! Al blog gliela diamo noi la carta, eccheccazzo!

*UAH UAH UAH UAH UAH!!!!
Evvai ci sto anch'io (..)


Monty...che grande post e che grande scrittore!!!!
Sono d'accordo anch'io sull'idea di creare qualcosa da questa tua splendida idea!!!!


 


E questo è solo un assaggio. Ha capito ora? E quindi ecco il secondo sasso


-Quindi, ehm..


- Esatto: è questo il punto in cui davvero tutto è cominciato, incontrollabile e potente come l’immaginazione. E’ stato come aprire un rubinetto, così per gioco, e ad un tratto l’acqua che ne usciva schizzava da tutte le parti e non c’era nessuno lì pronto a imbottigliarla ma il rubinetto una volta aperto non si chiudeva più e quindi via pozzanghere da tutte le parti e sassi che vi saltavano dentro.


- ...


- Non mi crede? Legga qualche stralcio dei commenti:


*Hum...la trama si complica! Se vuoi posso provare a scrivere i dialoghi, di solito mi vengono bene (…) E' davvero intrigante, mi sento come quelle persone che pur di non perdere una puntata del loro serial preferito, rinunciano ad uscire con gli amici...



*E io sto affannosamente provando a scrivere il perché sono entrato in polizia. Cioé: so CHIARAMENTE perchè sto in polizia, e so pure come dirlo, solo che non riesco a concentrarmi tra telefoni che squillano e gente che chiede e capi che girano...

*ih ih ih!!! Ma chi è Anna?
Io ho delle idee precise su Padre Biz, anche se poi lui non è stato contattato ma non credo si offenderà. L'unica cosa che poi alla fine non ho mica capito è come si debba procedere...

*Allora, prima di tutto una precisazione. Ho messo questo post solo perché ieri, salendo sulla mia montagna preferita dietro casa, mi sono venute in mente tutte le parole tanto che arrivato su ho dovuto scriverle. Non è che le mie "comunicazioni di servizio" siano una specie di modus operandi. Sono cose che mi sono venute d'istinto. (…) Mica so cosa viene fuori. Magari dopo un paio di spunti istintivi capiamo che c'è una strada da percorrere verso qualcosa di più strutturato, e capiamo cosa tagliare o cosa no. Oppure ci divertiamo come mi sto divertendo io tra ieri e oggi. E sia chiaro anche che con questi inviti, non mi sto per niente proponendo come capo progetto. E' come se vi invitassi a casa mia e dicessi: per esempio puoi portare il vino. Se poi arrivi con la coca-cola, o con un candelabro, ti abbraccio lo stesso. Rendo il concetto?

*Sì va bene, diciamo che io voglio scrivere di Padre Biz, ma dove devo scriverlo? Te lo mando per mail? Lo pubblico sul mio blog? e se poi lo stesso giorno uno scrive su un altro blog una storia che contraddice la mia? Dove finiremmo mai? Oh l'entropia dei blog!


 


- Sono senza parole, non avevo idea.


- Me ne ero accorta. Comunque posso capirla, anche io quando ho trovato tutto questo al rientro dalle mie vacanza non potevo crederci. Si figuri, era sera tardi, ero un po’ sballata dal viaggio, mi sono detta: sto sognando ….


 


(continua)

martedì 15 luglio 2008

Guizzo’s: Intervista agli autori – Prishilla, parte 1


intervista-Innanzitutto grazie la sua disponibilità a rilasciare questa intervista: i nostri lettori sono particolarmente curiosi di conoscere il punto di vista di una come lei, Prishilla, che è completamente estranea al mondo della TV, della letteratura, dell’arte in genere, che non ha nessuna esperienza e nessun particolare talento...


-Grazie


-Scusi?


-Niente niente, prego continui pure


- Sì ecco i nostri lettori sono assai curiosi di sapere da lei come è iniziato tutto questo


- Già, com’è iniziato. Bè dunque, era già da un po’ che avevo aperto un blog…


- A proposito: com’è che una come lei apre un blog?


- Erridai. Cosa intende scusi con “una come lei”? Cosa starebbe a significare?


- No, ecco, niente…. Solo che, diciamolo Prishilla, lei non è esattamente il tipo di persona da cui ci si aspetterebbe… ecco…


- Vabbè guardi lasciamo perdere: ho capito. Comunque ho aperto un blog per liberare un po’ di cassetti


- ... ?


- Sì. Avevo i cassetti pieni di foglietti scribacchiati. Ho questo problema, sa. Anche se forse non sono “il tipo di persona che”… Bè lasciamo perdere. Ho questo problema che le parole mi scivolano fuori da tutte le parti, così ho aperto un blog per ripiegare i miei foglietti come aeroplanini e farglieli volare dentro.


- Ah. E sono andati lontano?


- No affatto, ma intanto ho liberato i cassetti.


- Ah. E cosa ci ha messo dentro?


- I DVD di Guizzo’s


- Giustappunto: come è iniziato tutto questo?




 


(continua)


 


giovedì 10 luglio 2008

Guizzo's: pausa caffè

- Un tè freddo al limone, per favore. Tu cosa prendi?
- Caffè shakerato. Con panna. Senza zucchero. Nel bicchiere alto.
- Ossignore, che caldo
- Ieri sera casa mia era un forno. Alle due ero ancora davanti alla TV a guardare le vecchie puntate di Guizzo’s.
- Sono stupende, molto meglio della seconda serie…
- Ma che cavolo dici, la seconda serie è geniale. Vedrai che viene fuori un casino con questa storia del bambino.
- Bè tanto per cominciare il frate con quella manfrina della paternità nasconde sicuramente qualcosa
- Per me ha solo paura che la pseudo nuova mamma lo faccia secco, già una volta è stata lì lì..
- Paura? Charles Biz non ha paura per definizione. Ma che poi sarà vero che è incinta?
- Ma sì dai, hai visto che faccia aveva? Una mica se la inventa quella faccia lì
- Per me ha la faccia di una che sta per far fuori qualcuno
- Sempre che qualcuno non faccia fuori lei
- Sai chi è che la farà fuori? Il tenente! Hai visto come la guardava? La mangiava con gli occhi, quello la prossima volta che gli capita a tiro la sistema per le feste
- Essì, guarda che lui è perso per la bionda, non ti ricordi?
- Boh, sarà che con quel nuovo look è così figo che ce lo farei io un pensierino.
- Che cretina! Dai che torniamo in ufficio, mica ci pagano per star qui a fare il riassunto di Guizzo’s….

lunedì 7 luglio 2008

Guizzo's Seconda Stagione: Un ritorno a New York

Questa puntata si apre sulla finestra assolata di un bagno color sabbia, uno di quei bagni senza disordine che fanno pensare a una cameriera appena uscita e a barattoli sempre colmi di creme costose.  



Meg è seduta sul bordo di una grande vasca. No, niente idromassaggio: è una di quelle vasche da riempire semplicemente fino all’orlo, reclinare la testa sul bordo e accarezzare l’idea di lasciarsi scivolare. Perché no.



 


Poi la telecamera fa uno zoom sul viso di Meg e c’è qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che avrebbe potuto essere un velo di lacrime, ma che non lo è mai diventato perché si è subito fatto solido, ed ora assomiglia a quelle lastre di plexiglas che un tempo si trovavano dietro a certe scrivanie, perché sedie spinte di getto nell’alzarsi in piedi non sporcassero il muro.


Stringe in mano qualcosa, Meg: è un bastoncino bianco che ogni donna che si è trovata almeno una volta a contare i giorni sull’agenda riconosce immediatamente come un test di gravidanza.


 


La telecamera stringe ancora l’inquadratura e quell’unica riga rosata diventa gigantesca. Incinta. Inchiodata. Meg ha aspettato che comparisse la seconda lineetta, quella che l’avrebbe liberata. Ha tenuto il fiato dentro di sé il più a lungo possibile, ha ascoltato le campane suonare, ogni rintocco di quel maledetto mezzogiorno, e poi il silenzio. La seconda lineetta non è comparsa. Incinta. Inchiodata da quell’unica riga che la riporterà di filato a New York e ad un passato che, merda, non può ancora essere lasciato alle spalle.


D’accordo. Meg raccoglie da terra un telefono, compone un numero e la sua voce è limpida e senza riflessi come una lastra di plexiglas quando dice “Dopodomani al massimo sarò lì, fa in modo che lui non possa saperlo, e soprattutto che in nessun modo possa trovarmi”.





 









Il resto qui e qui