mercoledì 31 dicembre 2008

Pensiero di San Silvestro

Siamo tutti più o meno consapevoli della necessaria alternanza di felicità e tristezza e  siamo sostanzialmente preparati ad affrontare, con la misura del coraggio che contraddistingue il nostro carattere individuale, la quota di dolore e amarezza che la sorte, o Chi per essa, ci ha riservato. Quello che ci fa uscire di senno e che ci manda realmente nel baratro è quando la gioia non ci da più gioia, quando il mattino ha lo stesso sapore grigio del crepuscolo, quando quello che dovrebbe farci sfarfallare il petto e le pupille non riesce a far altro che sollevare stancamente le pagine stropicciate di vecchie emozioni. O neppure quello.


Dunque il mio brindisi di mezzanotte, questa notte, non sarà l’augurio di un anno senza dolore – speranza e preghiera, senz’altro, ma desiderio fuori dal nostro misero potere – il mio brindisi sarà piuttosto l’augurio di un anno in cui la felicità sappia spiegare le ali, perché questo è un miracolo che possiamo aiutare a compiersi.


 


mercoledì 24 dicembre 2008

Novantacinque

Compiere 95 anni la vigilia di Natale è un regalo per chi ti sta vicino: per chi ti ha tirato i baffi e le bretelle, per chi conserva le tue lettere e trema ogni volta che le rilegge quando vede che la tua mano ha cominciato a tremare, per chi accarezza l'idea di scrivere un libro che racconti di te e si lascia accarezzare dal ricordo di te che le dici "tu devi scrivere". Che bel regalo festeggiarti oggi, nonno.

venerdì 12 dicembre 2008

Cara Santa Lucia

Cara  Santa Lucia,


quest’anno vorrei un paio di scarpe nuove. Non che le vecchie non mi piacciano più, anzi: è stato bello indossarle, e con loro ai piedi di strada ne ho fatta tanta. E non è neppure che si siano rovinate: guarda come le ho lucidate bene, e che bella figura fanno ancora. Il problema è che il sentiero è cambiato ed è una gran fatica percorrere un sentiero nuovo con le vecchie scarpe. D’altro canto le scarpe nuove sono proprio scomode, lo sai? E’ per questo che ti chiedo non solo di portarmene un paio nuove, ma anche di prendere con te le vecchie e di regalarle magari a qualcuno a cui potrebbero piacere. Oppure mettile via per ricordo, falle rosicchiare all’asino,  riciclale in un caldo pile, non so decidi tu che di te mi fido ciecamente (vabbè, non te la prendere). Credo comunque che questo problema non sia solo mio, ma che possa capitare a tutti di avere i piedi che cercano il confortevole riparo delle scarpe vecchie anche quando la strada che hanno davanti cambia completamente e magari si trovano con le pattine in autostrada e coi ramponi sulla spiaggia. Perciò senti, avrei un’idea: perché intanto che passi a lasciare i regali nelle scarpe ben lucidate non dai anche una controllatina e ti assicuri che siano acconce al sentiero di ognuno? Eventualmente accanto ai regali potresti lasciare un bigliettino e proporre degli scambi, visto che coi tempi che corrono bisogna orientarsi sul risparmio…… Bè, non vorrei andare troppo oltre con le proposte, ci penserai tu che, mi dicono, pur senza gli occhi sai vedere lontano. Grazie e un caro saluto anche all’asinello. P.s. Fa molto freddo qui, mi raccomando le calze pesanti stasera.

sabato 6 dicembre 2008

San Luca, un pomeriggio d'inverno

La sacralità di una chiesa è perfetta per contenere certi fardelli, certi doni, o certi segreti. Quelle cose che colgono l’essere umano, ad un certo punto di quel famoso cammin, e che sono più grandi del cammino stesso, e di quella sorta di cantina o di soffitta che a volte sembra essere il nostro cuore. Parlo di quei doni, quei segreti o quei fardelli che hanno bisogno di silenzio e penombra e parole che si ripetono accarezzando la soglia della coscienza, per potersi sciogliere un poco ed entrare a far parte di noi, come le pastiglie che si sciolgono nell’acqua. Come l’acqua che diventa vino.


Dunque davvero non hai poi grande importanza quale sia il dogma o la disciplina, chi siano i santi del nostro paradiso nè in fondo qual sia la forma che assume il nostro peccato originale collettivo, se quello che ci fa aprire la porta di una chiesa è il bisogno di uno scrigno che ci contenga mentre ci trasformiamo.

venerdì 28 novembre 2008

Per gioco

Non aveva ancora disfatto la valigia, di ritorno dal mondo dei sogni, quando lui le disse: "Sei come la neve: sporchi, fai arrivare in ritardo e sei un pericolo per il traffico cittadino, eppure mi metti di buonumore".


Fu così che la valigia non venne disfatta affatto.

martedì 25 novembre 2008

Senza titolo - 1 - 1

imballare, inciampare, scegliere, impilare, scaricare, cercare cercare cercare, inciampare, strofinare, rimpiangere, costruire, spostare, progettare, comprare, ammucchiare, lavare.  inciampare. aprire una finestra sconosciuta e trovare bianca neve. respirare.

lunedì 17 novembre 2008

Casa nuova

Chi l'avrebbe mai detto che una Casa Nuova sarebbe potuta diventare come un Viaggio, che è, in fondo, il contrario di Casa?


(e che come un viaggio avrebbe potuto lasciarci per giorni senza collegamento alcuno e senza neanche una cassetta da cui spedire le cartoline.....?)

venerdì 31 ottobre 2008

Casa mia

Non c’è niente come pulire una casa per sentirla tua.


 


Forse non è vero che abbiamo cura delle cose perché sono nostre, forse facciamo nostre le cose perché ne abbiamo cura.


 


Forse se ci mettessimo in ginocchio a pulire con un setaccio i fiumi e i mari o se salissimo su una scala con vetril e carta di giornale per tirare a lucido i nostri cieli, proprio come ho fatto io con le mie finestre e col mio nuovissimo pavimento color sabbia, ecco dico, se potessimo rimanere lì, dentro ad una vecchia tuta, a sudare un po’ e ogni tanto guardarci intorno, tanto per raddrizzare qualche minuto la schiena e ravviarci i capelli, per tirare un secondo il fiato ecco, forse potrebbe accadere che ci nasca la gratitudine per questa casa che abbiamo e la voglia di renderla bella e colorata, e un po’ di fastidio per quelli che sbriciolano in giro e portano dentro tutto il fango senza curarsi di adoperare lo zerbino, e magari potrebbe accadere anche che ci prenda il gusto di starci dentro a questa casa, la sera e la domenica, senza far niente di speciale, solo per godercela un po’.

domenica 26 ottobre 2008

La Potiniére

Addormentarsi, finalmente, nello sciabordio delle onde. Il gusto di molluschi serviti da un oste panciuto che conserva un ricordo di lunghi capelli. L’intimità di parlare una lingua diversa da tutti gli altri avventori, l’intimità di un porticciolo alla moda in un dorato weekend fuori stagione e poi l’intimità di un letto francese. La consapevolezza di tutti quegli alberi nudi, appena fuori dalla finestra, ritti verso il cielo, a guardia delle vele che riposano, e dei loro sogni.


 

venerdì 17 ottobre 2008

Ancora Sogni

E’ un ribollire di sogni, sotto la superficie assolata. Escono appena sollevo il coperchio, appena abbasso le tapparelle e la guardia, sono lì a ricordarmi l’assoluta impossibilità di decidere i nostri desideri. Sempre per quella storia di chi è il capo. Vorrei tanto sapere chi guida questo autobus traballante e perché diavolo è severamente vietato parlare al conducente.

sabato 11 ottobre 2008

Nè il giorno nè l'ora

Quando la fine di una vita giunge prematura e improvvisa a frantumare legami e progetti, come un sentiero che frana quando già tanta fatica era stata compiuta in nome della vetta, ci sembra sempre un’ingiustizia.


Oggi, nei volti riuniti per farsi coraggio di fronte al boato in cui è bruciata una vita e per celebrare i lembi - strappati ma fieri - che questa vita ha lasciato, in questi volti di orgogliosi sacerdoti della scienza, oggi lampeggiava, accanto al dolore e allo sconcerto, una sorta di rabbia, come per un’ingiustizia subita.


Curioso, in fondo. Come se mai avessimo fatto un patto. Come se qualcuno mai ci avesse lasciato intendere che ognuno di noi avrebbe avuto modo di percorrere il proprio declino, di fare i bagagli, di chiudere acqua e gas e magari di redigere un illuminato affettuoso testamento.


Come ci sarà finita in testa, questa arrogante illusione?

sabato 4 ottobre 2008

Clorofillidee

Le viti americane che abitano il mio terrazzo hanno le foglie quasi completamente rosse, ormai. Inequivocabilmente autunno.


Ho notato, contrariamente a quanto mi sarei aspettata, che i primi rami ad arrossarsi sono stati quelli che ancora beneficiano del calore del sole per quasi tutta la giornata, mentre l’unico gruppo di foglie verdi rimasto si trova proprio nell’angolo che da parecchi giorni riceve i raggi del sole solo per poche ore.


 


Come a dire che non è tanto il ridursi delle ore di sole il segnale del cambiamento di stagione, quanto piuttosto una diversa qualità della luce e del calore: una differenza che quella parte del fogliame che ha un più prolungato contatto con il sole ha potuto rilevare e alla quale ha reagito, ma che passa ancora inosservata alle piante più in ombra, che ignare proseguono nel loro metabolismo estivo.


 


Non diversamente da quanto accade nelle relazioni fra gli esseri umani, in cui non è tanto l’assenza, o il silenzio, che segnala il cambiamento di un sentimento ed il passaggio ad una diversa stagione, quanto piuttosto una diversa qualità della presenza, o delle parole. Una differenza che tanto più probabilmente e significativamente raggiunge i nostri sensi quanto più abbiamo la possibilità di rimanervi a lungo a contatto.

sabato 27 settembre 2008

Pensieri d'equinozio

L’autunno mi mette voglia di stare in cucina, chissà perché. Così, mentre intorno volano le foglie arrossate di viti e gelsomino, mi appresto al tentativo di raccogliere l’ultimo profumo d’estate delle foglie di basilico. L’accumulo sul tavolo mentre l’avanzata dell’imbrunire mi sospinge verso il calore dei fornelli, poi inizio a mescolare allegramente il sentore di casa mia del parmigiano con il ricordo di vacanze che emana dal pecorino piccante. L’acqua nel frattempo inizia il suo rumore di bolle ed io, snocciolando i pinoli e regolando l'olio, mi dilungo nell’indecisione: vaschette da surgelare, come formica previdente che si prepara all’inverno, o festa di cicala che accoglie l'equinozio godendo a piene mani del sapore dell’ultimo pesto casalingo della stagione?

domenica 21 settembre 2008

Non solo Alitalia

Quando le cose appaiono completamente prive di senso e di ragione è assai probabile che una ragione ci sia, ovvero che manchi ai nostri sensi un pezzo (o più pezzi) del puzzle. Ora, giunta a questa certezza, mi rimangono giusto due domande: chi ha sottratto i pezzi mancanti? e, sopratttutto, nelle tasche di chi li ha infilati?

sabato 13 settembre 2008

Peneloplà

Faccio e disfo la tela in attesa di un epico risolutivo ritorno.


Il gomitolo dei miei pensieri si assottiglia e si ingrossa, si assottiglia e si ingrossa, lasciando orme di risacca.


Quando la palla soffice inizia ad ingrossarsi si rafforza il desiderio di stringerla forte fra le dita e portarla, tutta e solo mia, al buio e al sicuro della mia tana.


Ma quando il gomitolo è intero, compatto e solido, allora la tela, o quel che ne rimane, tende il filo e chiama, così la trama del disegno che gradualmente prende forma mi incanta e mi appassiona e lascio che il filo torni ad intrecciarsi, il gomitolo ad assottigliarsi, finchè le dita hanno troppo poco da stringere e palpitano e sussultano, afferrano e tirano, e il filo inizia a tornare a me, i pensieri si rafforzano in reciproca difesa e abbraccio.


Un gomitolo troppo piccolo per la mia tana buia e una trama incompiuta per la tela che mi espone al mondo.


Avanti e indietro, fra la sabbia solida e l’immensità del mare, in attesa del Ritorno dell’Eroe, incapace di afferrare io stessa la forbice e tagliare il filo.

sabato 6 settembre 2008

Il capo

Testa mia,


stupida illusa che passeggi avanti indietro e inciti le truppe con il petto in fuori, piena di sussiego, che ti arrovelli sul piano strategico spostando e rispostando le puntine sulla cartina geografica. Povera testa mia: non lo vedi che il tuo potere non è che teatro e finzione? A cosa mai ti servirà lo sciocco cervello che hai ricevuto in dotazione se ancora non hai capito che questo nostro corpo non è che un sordo congegno di tubi, fili elettrici e sacchetti che segue meccanicamente il proprio corso e tutto il tuo strepitare è solamente ronzio di sottofondo?


Noi sei tu il capo, mettitelo in testa.

mercoledì 3 settembre 2008

Di soqquatto

Ho sentito dire “se ne è andato di soqquatto


 


Subito l’ho visto:


il gatto, di soppiatto, quatto quatto, strisciare piatto


(pancia sull’erba e orecchie sotto la siepe)


.....


E me la sono un po' accarezzata, questa idea di filarsela così, lasciando tutto a soqquadro.

giovedì 14 agosto 2008

Quando si alza il temporale

Certe cose mi lasciano buchi, spiragli, fessure.


Non serve rammendare, intonacare, rabberciare: quando si alza il temporale sono piena di vento.


E so sempre da dove viene.

giovedì 7 agosto 2008

Guardie e Ladri - Ripensandoci...

Il bello delle storie è che qualche volta, ripensandoci, cambiano le carte in tavola


....


1. Uno


Il malvivente e il poliziotto che pedalano fianco a fianco, incerottati e dolenti. L’uno ha ai polsi irriverenti braccialetti gemelli a forma di manette, tempestati di oro e brillanti. L’altro ha un sorriso azzurro e mite e una  precisa misura per i gesti e per le parole.  Ironia della riabilitazione, pedalano fianco a fianco e non si raggiungeranno mai. Non dentro a questa palestra, dentro questi confini in cui non si è altro che il proprio nome e la propria ferita. Ma è vero che lasciamo tutto fuori, nell’armadietto insieme alle scarpe? Cosa bolle dentro a questa tregua forzata fra il malvivente e il poliziotto, che ostentano una strana forma di silente cortesia?


Mi piacerebbe immaginare una zuffa nello spogliatoio, un alterco sulla base di un pretesto, un banale “c’ero prima io”. Mi piacerebbe immaginare una confessione, una supplica, il dispiegarsi di un senso di colpa, oppure l’alzarsi fiero di un moto di orgoglio. Mi piacerebbe immaginare fra le pieghe di una conversazione un’inversione di ruoli e di emozioni. L’invidia del poliziotto, il coraggio del malvivente.


Disegno storie sul bordo del mio lettino, guardando le spalle vicine del malvivente e del poliziotto. Ma non accadrà nulla, saranno anche oggi solo due uomini che zoppicano. Almeno finchè non saranno arrivati all’armadietto, e avranno rimesso le scarpe e i cartellini con i nomi: guardia, ladro.


Chissà, potrei provare a confonderli....


 


2. Guardia



E’ accaduto, sul finire della mattina, dopo che aveva abbondantemente piovuto e dopo che il sole era tornato ignaro a scaldare l’atmosfera, che la guardia inciampasse nelle scarpe del ladro, lasciate in disordine sull’impiantito.


E’ accaduto che la guardia, rigirandosi le scarpe fra le mani, si ritrovasse a pensare “che pelle morbida, che forma comoda” e poi “in fondo è solo per provarle, questione di un attimo”


E, questione di un attimo, è accaduto che le avesse ai piedi.


E’ stata poi questione di un attimo anche che, con quelle scarpe calzate, gli salisse alle labbra un complimento rivolto a quella ragazza che da settimane guardava nello specchio solo quando era certo che lo sguardo di lei fosse altrimenti impegnato.


Ed è accaduto che si trattasse di un complimento un poco al di fuori della precisa misura della sua abituale cortesia.


Ma la cosa più incredibile che è accaduta è che la ragazza ha sorriso.


.


3. Dorothy


Il vento la innervosiva perché aveva la pelle sottile, i piedi piccoli e troppi capelli. Perché aveva sempre molti panni, sporchi e puliti, stesi fuori ad asciugare. Perché i suoi pensieri erano legati da fili sottili e tintinnavano come scacciapensieri senza requie e anche perché i suoi appuntamenti non erano abbastanza strettamente rilegati.


Perchè aveva letto troppe volte il Mago di Oz quando era bambina e perché dimenticava spesso dei sogni fra le nuvole, sogni che il vento faceva apparire e scomparire, come certe parole quando un attimo le ricordiamo e un attimo dopo non le ricordiamo più. Cosa volevo dire?


Se l’hai dimenticato era una bugia, diceva sua nonna.


   


4. Ladro


Quel giorno che il ladro non trovò le sue scarpe e fu costretto ad andarsene a casa con quelle del poliziotto, infilandole aveva pensato “che scomode, che rigide” e di malavoglia e con passo forzato si era incamminato.


Giunto al punto in cui era solito tagliare per il prato per accorciare il cammino si era detto però: “è proprio un peccato sporcare queste scarpe così lucide” e, malgrado si sentisse un po’ preoccupato per il caldo e la stanchezza supplementare che avrebbe dovuto sopportare, aveva proseguito lungo la strada asfaltata. Ma, causa appunto il caldo e la stanchezza non se la sentì proprio di arrivare al solito bar e si fermò lungo la strada per l’abituale bicchiere di vino.


Entrò con passo sostenuto nel caffè e i tacchi delle scarpe risuonarono autorevoli fra i tavolini. Dietro al bancone una ragazza dalle guance giovani e dalla vita sottile che stava asciugando bicchieri si affrettò a salutare, e fu con una certa soggezione che disse: “buongiorno signore, sono subito da lei” e dopo poco, premurosa: “mi dica, cosa posso servirle?”.


E quella frase suonò talmente nuova alle orecchie dal ladro, che per tutta la vita aveva detto “il solito” al solito barista, che per un attimo si guardò le scarpe e pensò: “quasi quasi non le restituisco”.


Ma seppure si trattasse di un ladro aveva pur sempre indosso le scarpe di un poliziotto: dunque, le restituì.


  


5. Guardia


Fu un’estate calda quella in cui il poliziotto e la ragazza cenarono ogni sera sotto un diverso pergolato, scambiandosi sorrisi e una progressiva confidenza che altro non era che una danza antica, di cui lui seguiva, con rispetto, il ritmo ed il rituale.


Ma la sera in cui il poliziotto suonò alla porta del ladro il vento aveva sollevato lembi di calore e aveva lasciato scoperto un cielo bucato di stelle.


E forse fu proprio grazie al vento, oltre che grazie al suo fiuto, che il poliziotto aveva scoperto quell’abbraccio fra la ragazza e un uomo. E si trattava di un uomo che non aveva meritato i suoi sorrisi.


Forse fu perché la ragazza aveva gli occhi chiusi, forse fu per il modo in cui l’uomo la toccava o il per il modo in cui lei si muoveva dentro alle mani e alle braccia di lui, o forse fu ancora il vento che lo sospinse, fatto sta che il poliziotto si ritrovò con il fiato corto al campanello del ladro e disse: “prestami le tue scarpe”.


  


6. Alice



Il vento la rassicurava perché riempiva gli spazi, la sosteneva e tratteneva la sua corsa; perché veniva da lontano, come i suoi fratelli e le loro mamme, ma non scompigliava mai la cena e non scoperchiava i divani letto. Si limitava ad illudere le foglie secche con una promessa di volo. Forse, un giorno.


Alice aveva una famiglia troppo grande, troppo grande era il suo spazio per i giochi e troppo grandi le sue pantofoline rosa capriccio.


Forse fu il Vento a sospingerla, o forse fu il sogno di un bianco coniglio frettoloso a guidarla quella notte verso la porta d’ingresso e verso quelle scarpe vuote rimaste inutilizzate sul pavimento. Fatto sta che quando il ladro aprì gli occhi e voltò la testa verso lo spiraglio improvvisamente luminoso della porta della sua camera da letto, la vide lì, con in mano le scarpe del poliziotto e stava dicendo “per piacere, mettile papà”. E preso così alla sprovvista proprio non gli riuscì di trovare neppure una ragione per non accondiscendere.


 


lunedì 28 luglio 2008

Il secondo luogo

Forse solo io vi faccio attenzione ma capita con una certa frequenza di leggere “in primo luogo” laddove poi nel testo il “secondo luogo” non viene mai più citato. Si perde nel discorso, rapito dagli scoscesi sentieri e dagli ampi orizzonti del primo. Rimane a crogiolarsi nel tepore della penna, approfittando delle attenzioni che il pubblico rivolge al temerario compagno, che per primo ha imboccato l’incerta via del foglio. Sta, come l’asso nella manica, in un perenne e mai sbocciato capolino in attesa di una congrua posta in gioco. O magari il secondo luogo altro non è che quello dove abita il contrario di quello che andiamo sostenendo e ha un invitante profumo di pini e piadina e un punto dove dopo le colline si scorge il mare. E allora il primo luogo, quello dove abbiamo tracciato rassicuranti mappe di strade e stazioni di servizio, gli fa segno di tacere. Che il nostro non sia tutto lavoro sprecato, per l’amor del cielo.

sabato 19 luglio 2008

Guizzo's Seconda Serie: Dreams....

Questa puntata si apre davanti al portone del distretto di polizia. Ci sono un uomo e una donna sulla piccola scalinata disadorna e gente intorno che entra ed esce. (Dove andranno tutti quanti.) C’è un cielo pesante come il respiro di Meg (Solo due mesi di gravidanza e già questa spossatezza.) C’è un gatto che annusa un fazzoletto baciato di rossetto che potrebbe essere il nostro gatto ma forse non lo è.


- Come devo dirglielo? Entri e faccia una denuncia… - Il tenente Alreadything ha la voce esasperata e ruvida ma gli occhi non confermano. Sono svagati, lenti e pigri, come se accarezzassero distrattamente la schiena del gatto aspettando l’ispirazione per decidersi.  


- Lei non mi sta ascoltando. Non ho nessuna prova per affermare che Padre Biz non è dove dice di essere, e soprattutto non c’è nessuna ragione (oddio una ci sarebbe ma ora non è il momento, davvero, forse un giorno, chissà) che giustifichi la mia ricerca. Ma io devo sapere dov’è. Devo, lo capisce questo? -


- Se è per questo  non lo capisco affatto, ma non è questo il punto. Cosa le fa ritenere… -


- Ma insomma, lei non mi sta ascoltando. Mi ha lasciato una poesia, si rende conto? Una poesia può significare solo due cose (e non necessariamente in alternativa): o è una minaccia o è una richiesta di perdono. E lui sulle faccende del perdono è tipo da rivolgersi ben più in alto ... -


- Quindi secondo lei sarebbe una minaccia – poi, ad un tratto, proprio mentre il sole si stava decidendo a far uscire un paio di raggi in esplorazione, sembra arrivare fulminea anche l’ispirazione. Ed ecco il braccio del tenente che si alza, il mento che scatta in avanti. Meg è avvolta in una specie di abbraccio che sa di tabacco e di buio. Ed è dopo un istante molto lungo che chiede roca:


- Che fa?- E allora lui allarga le braccia e riprende la distanza consueta.


- Mi ascolti bene: è meglio che non si faccia vedere qua. La cercherò io.-


E lei, mentre tiene le orecchie ben puntate sul suo tono improvvisamente tagliente, fa andare in giro gli occhi a sua volta e scorge, proprio mentre sta per svoltare, l’inconfondibile Pontiac di Anthony Guizzo.


Ed è solo questione di attimi e di biglietti da visita e strette di mano e poi eccola che sale sul taxi e si capisce da come stringe la borsetta che sta pensando a quel sogno, quello in cui Charles la accarezzava con quelle specie di grandi ali che aveva al posto delle mani e lei aveva la bocca piena di piume e non riusciva a chiedere aiuto. (La mamma avrebbe detto “vuol dire che devi dartela a gambe Maggie, vola via subito”, ma io non ce la faccio proprio a lasciar perdere così).

mercoledì 16 luglio 2008

Guizzo’s: Intervista agli autori – Prishilla, parte 2

parte 1 QUI



 


- Giustappunto: come è iniziato tutto questo?


- Ecco allora dicevo, avevo questo blog già da un po’ di tempo, e un po’ di amici di penna, o di tastiera, con cui ci si scambiava aeroplanini. Era estate e faceva un caldo boia. Tipo adesso insomma. Bè, io rientro dalle vacanze e sul blog di Montgolfier – grande scrittore, Mont, lo conosce?


- Lo conoscerò


- Bene. Ecco, sul suo blog trovo questo. Aveva lanciato un sasso nello stagno, capisce? Perché Montgolfier è uno che pensa che “Scrivere è gettare sassi nell’acqua. Quando leggi, invece, sei acqua. Amare una certa sequenza di parole è vibrazione, liquidi cerchi che s’allargano, giungono alla riva, increspandosi su forme e profili, interferendo con altre onde, eventualmente (e via di seguito).


 -Ah, quindi lui aveva gettato un sasso…


- Esatto. E visto che questo sasso aveva buttato su un bel po’ di acqua ne ha lanciato subito dietro un altro, intanto che i cerchi erano ancora in moto


- Cosa significa che erano in moto?


- Dia un’occhiata ai commenti, si faccia un’idea:


 


 *Un saggio da maestro, mai vista tanta fantasia in cosi' poco spazio. Aspetto impazientemente il seguito. Mi mancano soltanto 50 chili per assomigliare a Depardieu...



*Monty, sono un vulcano di idee in questi due giorni. Ascoltami: ri-adatta il testo di questo post come fosse, invece che il riassunto per il lancio promozionale di un serial, una puntata zero. Poi lancia la palla, dici a chi vuoi tu: prosegui. Se questo accetta, scrive proseguendo il testo, e rilancia la palla ad un altro (di noi bloggers, intendo). Vediamo cosa esce. Ci stai? Hai tempo? Facilmente esce una cagata ma potrebbe anche darsi di no. Facciamo gli autori e i personaggi assieme. Poi, vaffanculo!, ce lo pubblichiamo noi! Quanto costa pubblicare un libro con un minimo di distribuzione? 5mila? 6mila? In quanti siamo? 15? 20? 300 euro a testa? Poco più? Avanti, popolo! Al blog gliela diamo noi la carta, eccheccazzo!

*UAH UAH UAH UAH UAH!!!!
Evvai ci sto anch'io (..)


Monty...che grande post e che grande scrittore!!!!
Sono d'accordo anch'io sull'idea di creare qualcosa da questa tua splendida idea!!!!


 


E questo è solo un assaggio. Ha capito ora? E quindi ecco il secondo sasso


-Quindi, ehm..


- Esatto: è questo il punto in cui davvero tutto è cominciato, incontrollabile e potente come l’immaginazione. E’ stato come aprire un rubinetto, così per gioco, e ad un tratto l’acqua che ne usciva schizzava da tutte le parti e non c’era nessuno lì pronto a imbottigliarla ma il rubinetto una volta aperto non si chiudeva più e quindi via pozzanghere da tutte le parti e sassi che vi saltavano dentro.


- ...


- Non mi crede? Legga qualche stralcio dei commenti:


*Hum...la trama si complica! Se vuoi posso provare a scrivere i dialoghi, di solito mi vengono bene (…) E' davvero intrigante, mi sento come quelle persone che pur di non perdere una puntata del loro serial preferito, rinunciano ad uscire con gli amici...



*E io sto affannosamente provando a scrivere il perché sono entrato in polizia. Cioé: so CHIARAMENTE perchè sto in polizia, e so pure come dirlo, solo che non riesco a concentrarmi tra telefoni che squillano e gente che chiede e capi che girano...

*ih ih ih!!! Ma chi è Anna?
Io ho delle idee precise su Padre Biz, anche se poi lui non è stato contattato ma non credo si offenderà. L'unica cosa che poi alla fine non ho mica capito è come si debba procedere...

*Allora, prima di tutto una precisazione. Ho messo questo post solo perché ieri, salendo sulla mia montagna preferita dietro casa, mi sono venute in mente tutte le parole tanto che arrivato su ho dovuto scriverle. Non è che le mie "comunicazioni di servizio" siano una specie di modus operandi. Sono cose che mi sono venute d'istinto. (…) Mica so cosa viene fuori. Magari dopo un paio di spunti istintivi capiamo che c'è una strada da percorrere verso qualcosa di più strutturato, e capiamo cosa tagliare o cosa no. Oppure ci divertiamo come mi sto divertendo io tra ieri e oggi. E sia chiaro anche che con questi inviti, non mi sto per niente proponendo come capo progetto. E' come se vi invitassi a casa mia e dicessi: per esempio puoi portare il vino. Se poi arrivi con la coca-cola, o con un candelabro, ti abbraccio lo stesso. Rendo il concetto?

*Sì va bene, diciamo che io voglio scrivere di Padre Biz, ma dove devo scriverlo? Te lo mando per mail? Lo pubblico sul mio blog? e se poi lo stesso giorno uno scrive su un altro blog una storia che contraddice la mia? Dove finiremmo mai? Oh l'entropia dei blog!


 


- Sono senza parole, non avevo idea.


- Me ne ero accorta. Comunque posso capirla, anche io quando ho trovato tutto questo al rientro dalle mie vacanza non potevo crederci. Si figuri, era sera tardi, ero un po’ sballata dal viaggio, mi sono detta: sto sognando ….


 


(continua)

martedì 15 luglio 2008

Guizzo’s: Intervista agli autori – Prishilla, parte 1


intervista-Innanzitutto grazie la sua disponibilità a rilasciare questa intervista: i nostri lettori sono particolarmente curiosi di conoscere il punto di vista di una come lei, Prishilla, che è completamente estranea al mondo della TV, della letteratura, dell’arte in genere, che non ha nessuna esperienza e nessun particolare talento...


-Grazie


-Scusi?


-Niente niente, prego continui pure


- Sì ecco i nostri lettori sono assai curiosi di sapere da lei come è iniziato tutto questo


- Già, com’è iniziato. Bè dunque, era già da un po’ che avevo aperto un blog…


- A proposito: com’è che una come lei apre un blog?


- Erridai. Cosa intende scusi con “una come lei”? Cosa starebbe a significare?


- No, ecco, niente…. Solo che, diciamolo Prishilla, lei non è esattamente il tipo di persona da cui ci si aspetterebbe… ecco…


- Vabbè guardi lasciamo perdere: ho capito. Comunque ho aperto un blog per liberare un po’ di cassetti


- ... ?


- Sì. Avevo i cassetti pieni di foglietti scribacchiati. Ho questo problema, sa. Anche se forse non sono “il tipo di persona che”… Bè lasciamo perdere. Ho questo problema che le parole mi scivolano fuori da tutte le parti, così ho aperto un blog per ripiegare i miei foglietti come aeroplanini e farglieli volare dentro.


- Ah. E sono andati lontano?


- No affatto, ma intanto ho liberato i cassetti.


- Ah. E cosa ci ha messo dentro?


- I DVD di Guizzo’s


- Giustappunto: come è iniziato tutto questo?




 


(continua)


 


giovedì 10 luglio 2008

Guizzo's: pausa caffè

- Un tè freddo al limone, per favore. Tu cosa prendi?
- Caffè shakerato. Con panna. Senza zucchero. Nel bicchiere alto.
- Ossignore, che caldo
- Ieri sera casa mia era un forno. Alle due ero ancora davanti alla TV a guardare le vecchie puntate di Guizzo’s.
- Sono stupende, molto meglio della seconda serie…
- Ma che cavolo dici, la seconda serie è geniale. Vedrai che viene fuori un casino con questa storia del bambino.
- Bè tanto per cominciare il frate con quella manfrina della paternità nasconde sicuramente qualcosa
- Per me ha solo paura che la pseudo nuova mamma lo faccia secco, già una volta è stata lì lì..
- Paura? Charles Biz non ha paura per definizione. Ma che poi sarà vero che è incinta?
- Ma sì dai, hai visto che faccia aveva? Una mica se la inventa quella faccia lì
- Per me ha la faccia di una che sta per far fuori qualcuno
- Sempre che qualcuno non faccia fuori lei
- Sai chi è che la farà fuori? Il tenente! Hai visto come la guardava? La mangiava con gli occhi, quello la prossima volta che gli capita a tiro la sistema per le feste
- Essì, guarda che lui è perso per la bionda, non ti ricordi?
- Boh, sarà che con quel nuovo look è così figo che ce lo farei io un pensierino.
- Che cretina! Dai che torniamo in ufficio, mica ci pagano per star qui a fare il riassunto di Guizzo’s….

lunedì 7 luglio 2008

Guizzo's Seconda Stagione: Un ritorno a New York

Questa puntata si apre sulla finestra assolata di un bagno color sabbia, uno di quei bagni senza disordine che fanno pensare a una cameriera appena uscita e a barattoli sempre colmi di creme costose.  



Meg è seduta sul bordo di una grande vasca. No, niente idromassaggio: è una di quelle vasche da riempire semplicemente fino all’orlo, reclinare la testa sul bordo e accarezzare l’idea di lasciarsi scivolare. Perché no.



 


Poi la telecamera fa uno zoom sul viso di Meg e c’è qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che avrebbe potuto essere un velo di lacrime, ma che non lo è mai diventato perché si è subito fatto solido, ed ora assomiglia a quelle lastre di plexiglas che un tempo si trovavano dietro a certe scrivanie, perché sedie spinte di getto nell’alzarsi in piedi non sporcassero il muro.


Stringe in mano qualcosa, Meg: è un bastoncino bianco che ogni donna che si è trovata almeno una volta a contare i giorni sull’agenda riconosce immediatamente come un test di gravidanza.


 


La telecamera stringe ancora l’inquadratura e quell’unica riga rosata diventa gigantesca. Incinta. Inchiodata. Meg ha aspettato che comparisse la seconda lineetta, quella che l’avrebbe liberata. Ha tenuto il fiato dentro di sé il più a lungo possibile, ha ascoltato le campane suonare, ogni rintocco di quel maledetto mezzogiorno, e poi il silenzio. La seconda lineetta non è comparsa. Incinta. Inchiodata da quell’unica riga che la riporterà di filato a New York e ad un passato che, merda, non può ancora essere lasciato alle spalle.


D’accordo. Meg raccoglie da terra un telefono, compone un numero e la sua voce è limpida e senza riflessi come una lastra di plexiglas quando dice “Dopodomani al massimo sarò lì, fa in modo che lui non possa saperlo, e soprattutto che in nessun modo possa trovarmi”.





 









Il resto qui e qui


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

sabato 28 giugno 2008

Meme (R)evolution

Una coppa! Ho ricevuto una coppa: si tratta del riconoscimento Meme Revolution che Pim ha generosamente assegnato, fra altri (che naturalmente consiglio a tutti di visitare), anche a questo blog.


Le regole del gioco, che trovate per esteso sul blog di Pim, prevedono che chi riceve il premio segnali altri blog spiegandone le ragioni.


Io in primo luogo ricambio segnalando Scrivere i Risvolti, non per buona educazione ma perchè la lettura quasi quotidiana dei suoi post è sempre (e dico sempre) una delle cose piacevoli della giornata, costanza di gusto che neppure la mia mattutina tazza di caffè riesce a mantanere!


Ed in secondo luogo conferisco il premio a Romanzo Collettivo perchè è (stato?) un gioco meraviglioso, ha stuzzicato la mia pigra fantasia infilandosi in remoti angoli delle mie cellule grigie e ha invaso i più inopportuni angoli delle mie giornate facendomi tornare la voglia di scrivere di nascosto sotto il banco e ricordandomi, con forza ed allegria, che scrivere a molte mani si può. Certo, la storia che ne esce non è una storia compiuta e coerente, capita che i conti non tornino, perchè è una storia "vera" e nelle storie vere i conti non tornano mai.  E, proprio come le storie "vere", anche il gioco del Romanzo Collettivo non finisce mai: perchè quando meno te lo aspetti ti torna la voglia di raccontare qualcosa.


Giusto? Guizziamo?

venerdì 20 giugno 2008

Cosa succede al Personaggio ....

Cosa succede al Personaggio quando sei finalmente davanti alla persona, in uno studio che sarebbe del tutto anonimo se non fosse per i Suoi libri in attesa di autografo impilati accanto alla premurosa segretaria?


Cosa succede al Personaggio quando la persona ti propina una sequela di parole un po' sconnesse, probabilmente buone per tutte le stagioni, ma senz'altro assai enfatiche e appassionate? Parole che hanno un'indubbia somiglianza con il suono che chiunque desidera sentire accostandosi al Personaggio, ma che sono anche sufficientemente scombinate da lasciarti ampio spazio di interpretazione, in modo che tu possa in tutta libertà adeguarle al tuo specifico inespresso bisogno. Magico mestiere degli oracoli di tutti i tempi.


Cosa accade? Accade che senti nascere dentro di te un bivio sempre più marcato: voglio vedere la persona e uccidere il Personaggio? Ma i Personaggi uccisi non ritornano più e si portano nella tomba tutti i loro simili, lo sai bene. Allora già il bivio si sfuma e la strada che si apre davanti a te diventa sempre più grande e invitante. Poco importa che qualcuno sussurri al tuo orecchio che è proprio sulla probabilità che tu imbocchi questa strada che contano le persone che vogliono trarre il massimo vantaggio dal loro essere Personaggio. Tu ti stai già dicendo che non ci sono persone qui, oltre a te: c'è solo un grande Personaggio.


Così funzionerà e tu tornerai a casa con un prezioso messaggio nel cuore. Che importa, in fondo, chi è stato a mettercelo? 

sabato 14 giugno 2008

Firmino

Sam Savage fa iniziare a Firmino il racconto della sua vita con queste parole: "Avevo sempre immaginato che la storia della mia vita, se un giorno l'avessi mai scritta, sarebbe cominciata con un capoverso memorabile".


Dopo alcuni esempi e tentennamenti, che riempiono tre o quattro capoversi  e ben funzionano al fine di creare aspettativa e complicità, la storia ha davvero inizio con questa frase:


"Questa è la storia più triste che abbia mai sentito".


Chiudendo il libro, alla fine dell'ultima pagina, ho pensato che forse era la prima volta che mi capitava di constatare come la promessa di un incipt fosse stata così semplicemente, malinconicamente e magistralmente mantenuta.


firmino



 


(Firmino, di Sam Savage, edizioni Einaudi Stile Libero)

venerdì 6 giugno 2008

Rifornimento

Ferma immobile apro i pori e lascio che il sole entri a ricaricare le mie batterie.


Già lampeggiava la spia della riserva.


Come vorrei poter riempire una tanica di emergenza, per non mandare dispersa l'energia che rimarrà a risplendere quando la capacità delle mie batterie sarà colmata.


E mentre formulo questo pensiero già una nube bianca vela il sole. Mannaggia le mie batterie non sono piene nemmeno per metà. Tempo di crisi, non c'è che dire.

venerdì 30 maggio 2008

Capitolotre

Il capitolo tre ha le pagine spiegazzate di un sogno e del cuscino che lo accoglie. Nel capitolo tre Lei è andata a dormire presto e indossa la maglietta morbida di un viaggio di molti anni fa. La piccola luce sul comodino è rimasta a lungo accesa, perché Lei non era sicura di voler vedere arrivare il sogno. Avrebbe preferito che la cogliesse alla sprovvista, lasciandole l’alibi di essersi trovata inerme e sopraffatta, spogliata delle sue difese come da un rapinatore sbucato dal buio. Invece il sogno se ne stava acquattato in attesa che Lei gli aprisse la porta. Da tempo faceva ogni tanto capolino in altri sogni: un viso fra gli avventori anonimi di un bar, un sapore stonato al risveglio, il capo slabbrato di un filo che non trova la cruna dell’ago. Era giunta l’ora che Lei lo prendesse tra le dita e lo infilasse preciso in quella cruna, per poi cucire quella benedetta storia e sussurrarsela in silenzio nel dormiveglia. Per invitare il sogno a dispiegarsi e sbatterle in faccia le sue ali. Per toglierselo dal petto e farlo volare via. Sia quel che sia, spegni la luce dai.

martedì 27 maggio 2008

La materia dei sogni

"Fintanto che distoglierete il vostro spirito dai sogni, non li conoscerà; sarete lo zimbello di mille apparenze perchè non ne avrete capito la natura.


Se un po' di sogno è pericoloso, ciò che ne guarisce non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il sogno.


Bisogna che si conoscano perfettamente i propri sogni per non più soffrirne."




Proust - (All'ombra delle fanciulle in fiore)

sabato 17 maggio 2008

Capitolodue

Il capitolo due è rotondo come una tavola apparecchiata e ha il profumo di pomodoro e basilico della cena dei cugini.


Nel capitolo due Lei indossa i jeans che le stanno bene e i capelli mossi della domenica. Ha detto le parole dell’accoglienza e poco più, perché la lezione delle Dolomiti è ancora vivida e presente ai suoi sensi come un regalo appena scartato. Con pochi cenni è riuscita a tirare i fili della piacevolezza della cena: non è stato difficile, perché i cugini hanno la facilità di stare insieme che è il ponte del dna sul trascorrere dei mesi e delle vite.


 


Nel capitolo due lei si guarda dalla finestra del salotto mentre appoggia davanti ad ognuno di loro una fetta di torta e si chiede quand’è che lei e i suoi cugini hanno smesso di essere un treno di auto nuove scintillanti appena scaricate sulle strade e hanno cominciato ad accumulare segni sulla carrozzeria. Piccole cicatrici più o meno visibili ad occhio nudo. Macchioline di ruggine in certe congiunzioni. Un mazzo di fiori da andare a posare davanti a una foto ed un dolore di cui non parliamo ma a cui diamo ogni sera la buonanotte.


“Quand’è che il mondo ha iniziato a caderci dalle mani e a collezionare ammaccature?”


E’ questa la domanda silenziosa che dà il ritmo al capitolo due e alle mani di Lei che svolazzano piano distribuendo i cucchiaini.

martedì 13 maggio 2008

In effetti...

... non siamo abbastanza intelligenti per capire cosa sia l'intelligenza.


Hans Magnus Enzensberger

martedì 6 maggio 2008

Senza titolo 0

 Agnees mi ha "gentilmente" (ehm) coinvolto in una blog-catena.


Queste le regole:


-indicare il blog che vi ha nominato e linkarlo
-inserire le regole (queste) di svolgimento
-scrivere sei cose che vi piace fare
-nominare altri sei per proseguire la catena
-lasciare un commento sul blog dei sei prescelti amici nominati.


Ed ora sei cose. Chissà perchè sei, vabbè. Le ho fatte tutte domenica entro l'ora di pranzo: il caffè espresso con la schiuma, guardare il moto gp con chi mi sa far appassionare, nuotare, crogiolarmi al sole intanto che il vento tiene a bada le nubi e mi fa asciugare i capelli modello strega, scoprire un paese di case di sasso e colline e fiori appena fuori dall'abituale portata del mio naso, ritrovare un'amica di quando ero bambina e accorgermi guardando lei che guarda me che neppure io sono cambiata poi tanto.


La catena la fermo qui perchè siamo già al punto che rischierei un inestricabile groviglio e così approfitto anche per mantenere un'aura di rispettabilità. Insomma!



venerdì 25 aprile 2008

Gli anniversari e la relatività

Due anni fa quando sono stata investita ho pensato che sfortuna. Poi quando mi sono resa conto che avrei potuto perdere la vita e forse non solo la mia, ho pensato che fortuna. Poi quando ho capito che non sarei più tornata come prima ho pensato che sfortuna. Poi quando mi hanno detto che avrei potuto camminare con le mie gambe ho pensato che fortuna. Poi quando ho scoperto che non avrei più corso ho pensato che sfortuna. Forse domani la gamba non mi farà male e penserò che fortuna.


 


Ieri guardavo le mie foto sugli sci di due anni fa e pensavo “sono già passati due anni, mi sembra ieri”, poi sono andata a fisioterapia e mentre programmavo la macchina con i soliti gesti pensavo “sono passati solo due anni, non mi ricordo più cosa facevo prima di venire qua”.


 


Penso che poche cose come gli anniversari ci facciano toccare con mano la relatività delle nostre valutazioni. Il tempo, la sorte… ci costruiamo i nostri piccoli ridicoli parametri per illuderci di poter capire, incasellare gli eventi, ma non capiamo mai nulla. Nulla.

domenica 20 aprile 2008

E' stato solo un sogno

"E' vero? O sta succedendo nella mia testa?"


"Certo che sta succedendo nella tua testa, Harry. Ma perchè diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?"


(J.K.Rowling)


Per questa ragione trovo che  "è stato SOLO un sogno" sia un'affermazione oltremodo sciocca.



p.s. a proposito di sogni: così racconta una donna che scrive, e dunque potrebbe essere pericolosa.....

sabato 12 aprile 2008

Piccola metafisica del vestito buono

Perché teniamo in serbo le cose?


Una bottiglia di vino, l’ultimo libro di Virginia Woolf, un quaderno nuovo, una frase ad effetto, le lenzuola ricamate, una scatola di cioccolatini, un paio di scarpe da ginnastica….


Non credo lo facciamo per non farci trovare, un domani, impreparati: credo piuttosto che sia per dire a noi stessi che quel momento verrà. Ciò che mettiamo in serbo diventa un talismano. Ma alla fine non accade quasi mai che quel momento arrivi davvero. Anche perché magari quando arriva noi non siamo più gli stessi che hanno riposto la bottiglia di vino, oppure i cioccolatini hanno perso la loro fragranza e la frase ad effetto tutto il suo mordente. Quindi il momento quando arriva, se arriva, ha poco o nulla del momento immaginato e magari le lenzuola ricamate non le tiriamo neppure fuori dall’armadio. Lo sappiamo benissimo fin dall’inzio, eppure le mettiamo da parte, col loro bel sacchettino di lavanda infilato nelle pieghe.


Perché?


Forse perché non è importante cosa accadrà poi realmente un domani, ma è importante che quel talismano faccia la sua parte di piccolo pezzo di futuro incastonato nel presente per consentirci di credere che le cose che facciamo, e la fatica che ci costano, non sono solo casualità incontrollate.  

lunedì 31 marzo 2008

Capitolouno

Il capitolo uno è bianco come una distesa di neve primaverile che si insinua fra i pini e sale verso le rocce rosa delle Dolomiti.


Il capitolo uno è silenzioso come certe bocche che sono state prima aperte e poi chiuse, poichè hanno imparato a incartare i pensieri come fossero regali. E così come le montagne non fanno del loro regalo un chiacchiericcio di sottofondo, né vengono a bussare alla porta di Maometto per scaraventarglielo sul tappeto del salotto, così Lei in quel capitolo uno vuole rimanere in silenzio per fare del suo pensiero un regalo per chi casomai si mettesse in ascolto.


La troviamo quindi, nel capitolo uno, coi pantaloni larghi e una giacca a vento bianca che scende ai lati del bosco come se stesse imparando a camminare, appoggiando i piedi nelle orme più grandi, che qualcuno ha lasciato perché potesse godere della primavera e della neve senza farsi troppo male. Tutto nel suo viso rivela il gran desiderio di chiedere alle Dolomiti una lezione di stile.

sabato 22 marzo 2008

:-)

"La parola è femmina, lo scritto è maschio"


pappagalli


(Sylvain Maréchal - Progetto di legge per vietare alle donne di imparare a leggere - 1801)





 

sabato 15 marzo 2008

Come onda

Beveva il caffè, con una gamba distesa e l’altra rannicchiata sulla seggiola come a voler conservare ancora per qualche minuto la posizione fetale del sonno, come se fosse necessario svegliarsi una gamba alla volta, un pensiero alla volta come le e-mail che scendono ad una ad una sullo schermo, mentre la clessidra gira su sé stessa sbadigliando.


Già mentre beveva il caffè lei sapeva che in fondo a quella giornata c’era un applauso che l’aspettava; quello che proprio non sapeva era come avrebbe fatto ad arrivare fin là.


Le sarebbe piaciuto percorrere quella giornata come aveva percorso quei cinquanta metri sotto la superficie dell’acqua, la scorsa domenica. Con la pancia che sfiorava le mattonelle, le braccia morbide lungo i fianchi, le gambe a distendersi in una piccola spinta e tutto il corpo a seguirne il movimento. Fluido, lento, continuo. Tenere il fiato dentro di sé senza costringerlo. Attraversare l’acqua senza romperla. Armonia, silenzio, forza. Fino ad appoggiare il palmo aperto sulla parete. Applauso.

giovedì 13 marzo 2008

Per questo

jogging


"Non sapevano che era impossibile. Per questo l'hanno fatto" (M.Twain)


Ad onor del vero, parecchi avevano tentato di dirglielo, ma lei non aveva potuto crederlo.


 


giovedì 6 marzo 2008

Zia Maestra

Sono certa che se glielo avessero detto che il suo tempo fra noi sarebbe finito così, lo avrebbe accettato con la sua intelligente ironica rassegnazione. Ed io porto con me, nel proseguire dei miei giorni, quest'altra lezione, che mastico insieme al boccone amaro della sempre tardiva consapevolezza di aver troppo ricevuto e troppo poco dato.

sabato 1 marzo 2008

Leichiè?

Lei chi è?” era quello che stava scritto in tutti gli sguardi che si voltarono verso la porta quando lei entrò nella sala riunioni. A volo radente passò in rassegna coppie di occhiali senza montatura, di eyeliner rigorosi, di tempie irrimediabilmente scoperte mentre si chiedeva quale sarebbe stata davvero la risposta giusta. Sorrise disse il suo nome e porse i biglietti da visita. Oltre a ribadire il suo nome e la sua professione, i suoi biglietti da visita dicevano che era una persona di gusti semplici ma eleganti e che aveva acquistato i suoi biglietti nel miglior negozio della città, quindi ci teneva a fare bella impressione. Certo, ma chi di sé stesso direbbe di avere un gusto pacchiano? Riguardo al fare bella impressione a denunciarla sarebbe bastato quello stupido sorriso con cui salutava chiunque. A volte pensava che se qualcuno le avesse dato un pugno in faccia abbastanza forte da farle cadere un incisivo almeno l’avrebbe piantata di sorridere in quel modo. Sarebbe stata l’unica maniera.  Dunque coi biglietti da visita non aveva risolto un bel niente. Infatti la domanda era ancora nell’aria.


....


Lei era quello che tutte le persone intorno al tavolo prima o poi erano o sarebbero state. Non abbastanza giovane da definirsi una brillante promessa, non abbastanza vecchia da definirsi una professionista esperta ed affermata. Non così bella da far voltare nessuna testa, non così brutta da far passare in secondo piano il suo essere femmina.


Le capitava molto spesso che la scambiassero per qualcun altro. Il suo primo capo le aveva detto che il motivo era che lei era prototipica. Prototipica di quale categoria? Aveva chiesto lei. Ma non aveva mai ricevuto altra risposta che un sorriso esattamente a metà fra l’ammiccante e il paterno. Lo stesso sorriso con cui tempo dopo altri le avevano detto “fa piacere averti intorno” mentre lei faceva bella mostra della sua precisione, del suo spirito di iniziativa e della sua rapidità nell’imparare.


.....


C’era una vetrata alle spalle dell’uomo con pochi capelli e la cravatta blu e oltre la vetrata si intravedeva il profilo delle montagne, lontane lontane ma nitide, proprio come lei aveva sempre visto quello che un giorno avrebbe voluto diventare. In quel momento decise che quel giorno avrebbe guardato dentro ad un binocolo e, camminando intorno al tavolo - e a quella domanda ancora sospesa-  ebbe cura di mettere la punta della sua francesina testa di moro sul quell’accidente di prototipo e promise a sé stessa che avrebbe provato ad essere quello che avrebbe voluto diventare.


.....


......



(con un grazie a Biz che mi ha dato il la ...)