sabato 31 dicembre 2016

Trentundodici

Caro 2016, mi sembra impossibile che tu sia stato solo uno. Che un anno solo mi abbia appiccicato in faccia tutte queste rughe nuove. Ciao 2016, vai vai, che mi sembra come quando iniziano a mettersi il cappotto certi ospiti...che poi, chissà chi ce l'ha messa in testa questa cosa che la sorte - o la ventura - vadano ad anno solare. Come il bilancio d'esercizio. Come se non l'avessimo inventata noi, questa cadenza, con le teste chine su calcoli astrusi pur di non far coincidere questo nostro tempo di umani intelligenti con la naturale banalità delle lune o delle stagioni. 
Bambini che inventano regole minuziose per costruire un complicato gioco tutto loro, per sfuggire al controllo degli adulti. Che pure arrivano, con l'ora di andare a dormire e la minestra in tavola. Trentundodici, anni bisesti, trentagiornihanovembre. Mura di sabbia per dare il nostro ritmo al Tempo. E la marea sorride. 
Dunque ciao 2016, metteremo i vestiti della festa ed i lustrini, brinderemo, faremo fuochi e botti, mangeremo l'uva e le lenticchie e forse indosseremo pure le mutande rosse, per salutare come si conviene il 2016 e i suoi affanni e per far bella impressione al 2017, come ad un nuovo professore con cui poter ricominciare. Il Tempo, la sorte e la ventura, lassù sorrideranno. Bambini andiamo, è pronto in tavola. 

domenica 25 dicembre 2016

Buon Natale

Golf, campo pratica. Io seduta sulla panchina, con accanto la sacca delle mazze. Cielo azzurro, freddo, sole. 
Si avvicina un uomo. 80 anni direi, vistosamente claudicante, viso segnato, asciutto. Non fosse politicamente scorretto, un vecchio. 
'Sono sue le mazze?' gli trema un po' la mano che stringe una pallina, la voce, quella no.
'Si..'
'Me ne presta una? Sono otto mesi che non vengo, per un problema di salute, e vorrei tirare una palla, una sola'
'Certo'
Prende a caso, il pitch. Si posiziona sul tappetino, zoppicante ma sicuro. È un golfista, penso.
'E' un po' corta per me', dice, gentile 'ma tanto la prenderò in testa, non partirà...sono otto mesi...'
'Aspetti. Prenda almeno il ferro 7' glielo allungo e torno a sedermi. Guardo altrove mentre lui addressa, sotto questo cielo limpido, carico d'inverno e di luce. Trattengo il fiato. Sento il rumore. Guardo la palla volare, la parabola perfetta, e mi si apre il sorriso.
Mi restituisce la mazza, e il sorriso.
'E' andata bene' dice, il sollievo della fiducia che torna a splendere.
'Benissimo' rispondo, come fosse un inchino.
Siamo soli in questo prato. Penso alla stella cometa. Penso alla rosa bianca che ho appena comprato. Penso alla fatica e alla bellezza di questo swing. 
'Buon Natale', e lo dice come potrebbe dire sono tornato.
'Buon Natale', e lo dico come potrei dire è un privilegio essere stata qua.
E poi penso a come sarebbe bello se il mio sorriso fosse un pezzetto di sole su questa sua meravigliosa mattina, perché il suo lo è stato per me.

lunedì 12 dicembre 2016

Cara Santa Lucia

Cara Santa Lucia,
porca vacca che mal di piedi... (Asino, tira pur giù quelle sopracciglia che se non erro -ed è un modo di dire- me l'hai insegnato tu che quando ci vuole ci vuole. E, detto fra noi, mi pare un gran bell'insegnamento!).
Dicevamo: porca vacca, che mal di piedi. Togliersi le scarpe per tirarle a lucido, stasera, mi pare un sollievo. Ed è cascato fuori pure qualche sassolino, che neppure sapevo di avere. Sarà finito dentro nella salita, che di salita, quest'anno, ne abbiamo fatta tanta, e io, stupida, qualche sassolino l'avevo confuso con gli acciacchi dell'età. Invece ha ragione l'asino, mica sempre bisogna farsene una ragione. Quando ci vuole ci vuole, bisogna pur tirare una scalciata e buttar fuori qualche sassolino e un bel paio di porca vacca.
Però, guarda, Santa Lucia cara, tu che con tutta la fatica che ti tocca fare hai sempre le mani piene di magia e di zucchero a velo, io te lo devo proprio confessare che anche quest'anno, all'esame di coscienza, non sono arrivata neanche a un sei meno meno (o benino, che dir si voglia). Perché fra i miei compagni di viaggio io sono quella che di salita ne ha fatta meno, eppure, invece di sorridere e cantare (bè sì Asino, cantare non è proprio il nostro asso nella manica ma tu mi capisci, è un modo di dire), invece di raccogliere tutti quei fiori che pure sul mio sentiero son sbocciati, avvolgerli in una carta bella e farne dono a chi faticava, io mi sono affannata a destra e a manca e manco da bere sono riuscita a dare loro.
Asino, tu invece pur mugugni, ma il sacco a Santa Lucia lo porti sempre, e lei con la sua luce, ti fa brillare la criniera anche nella notte più nera (hai visto? Pure le rime faccio stasera. E dai).
Quindi Santa Lucia cara, io volevo chiederti, intanto che lustro le scarpe, me lo dici come fai a portare a tutti tanti dolci buoni? Però poi, sfrega sfrega,  forse qualcosina anche quest'anno l'ho capita (Asino hai visto? Neanche io demordo!).
Dicevamo: qualcosina l'ho capita. Tu, Santa Lucia cara, non lasci niente sul sentiero. Nessun fiore calpestato. Tu metti tutto nel tuo sacco e lo trasformi in dono. Due occhi bruni che han ritrovato il sorriso, un arcobaleno fermo e chiaro nel vento, baci da tenere in tasca e caramelle, la stretta di mano che chiude un lavoro ben fatto, un vecchio cartone animato guardato insieme sul divano, mentre fuori è ancora giorno e ci sarebbero faccende da sbrigare, e poi stelle che sbucano sul far della sera, portando un consiglio, un'idea, un po' di pace. Ne avrei avuto da mettere nel sacco e trasformare in dono...
Cosa dici, sarà tardi? Magari, se stanotte tu e l'Asino venite a far rifornimento di chiacchiere e biscotti, mi potreste dar due dritte, perché io domattina, rimettendomi queste belle scarpe pulite, vorrei proprio cambiare strada.
(Vale come proposito? ...intanto, comunque, i biscotti son nel forno, e io son pronta: vi aspetto.)

venerdì 2 dicembre 2016

Ripostiglio

Ripostiglio - con quel suo sentore di bisbiglio e di posto delle cose a posto, a riposo. Chiudi la porta del ripostiglio, la sento la voce di mia madre, il rumore della porta accostata su quella penombra piena di cose utili e solo nostre. 
Socchiudo le ciglia e ascolto il respiro e penso al ripostiglio. Penso a mia nonna che dice 'non c'è neanche un ripostiglio' davanti alla piantina di questi appartamenti nuovi. Penso che sarebbe un gran peccato se rinunciassi al ripostiglio per allargare il salotto. Se portassi tutto in cantina, per dar più fasto e agio al ricevere. Perchè laggiù, al piano interrato, ci vai solo se proprio hai bisogno di quella cosa. E poi e poi. Invece del ripostiglio qualche volte apri solo un momento la porta. O magari non la apri neppure, ci passi davanti, sai che è lì.