lunedì 19 maggio 2014

Rispolverando

“L’archeologa”.

Ho detto per anni che dopo il liceo avrei fatto l’archeologa: mi sembrava una buona mediazione tra tutto quello che gli altri si aspettavano da me.
Ma non era vero: io volevo fare la commessa come la mamma di Katia.La commessa alla Upim, part-time. Tutta la vita.
Noi studiavamo la matematica, e poi alle medie la tecnica, e poi al liceo il greco, e lei sempre i giorni dispari ad un certo punto si alzava e si andava a preparare per il lavoro. Io la seguivo in bagno per guardare come si truccava, ero affascinata dalla procedura. Katia di là mi chiamava sulle analisi logiche, per lei erano la conquista, la chiave per il cambiamento. Io di logico non ci trovavo niente su quei fogli e l’unica cosa che sognavo di cambiare nella mia vita era il colore dell’ombretto. Tutti i giorni.
La mamma di Katia si truccava, chiacchierava di cose bellissime, leggere come la cipria. Cose che non andavano valutate, sulle quali non si reggeva il mondo. Cose che non ricordo più.Al loro posto ricordo che il predicativo del soggetto non è quello dell’oggetto, anche se può sembrarlo.
Insomma la realtà si poteva scomporre su vari livelli, mentre sulla faccia della mamma di Katia si ricomponeva perfettamente nel make up e,  senza che lei lo sapesse, nella sua parola, la parola che portava in un vortice le comari, i costumi, le diete, la scopa elettrica. Poi se ne andava al lavoro e io, se potevo immaginarmi in un modo, mi ci immaginavo così. Con il camice del negozio a passare per gli scaffali. “L’archeologa”, dicevo sempre, ma gli unici pezzi che avrei voluto inventariare erano i saponi, le schiume da barba, quelle per i capelli. Avrei voluto togliermi le scarpe sotto la cassa e chiacchierare con i clienti, vedere tutti i giorni le stesse persone per quarant’anni, e a fine giornata lamentarmi del mal di schiena, delle nuove arrivate, del caldo.

“L’archeologa”.



(Mosca più balena, V.Parrella)

8 commenti:

  1. Ad un certo punto della vita si scopre (citando Kundera) che non abbiamo nessun es muss sein, la vita si può vivere degnamente e con leggerezza decidendo di fare la commessa alla Upim. Bisogna seguire le proprie aspirazioni, imparare ad ascoltare la voce del proprio demone (Hillman), del proprio inconscio - che ne sa più di noi...

    Ciao Prish, buona serata.
    Pim

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    1. Sono proprio d'accordo Pim. Kundera e Parrella... che bella insolita associazione!

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  2. "Spolverando" e' perche' stavi ripulendo i libri e ti e' caduto l'occhio su questa pagina? Comunque sia la parrella e' sempre acuta e piacevole da leggere.
    Ciao
    ml

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    1. Si, più o meno è andata così! La Parrella mi piace molto, ha un modo delicato di andare a segno che in me lascia spesso tracce. Tracce che qualche volta fa piacere rispolverare!

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  3. A me "tempo d'imparare" ha lasciato senza fiato
    Ciao
    ml

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    1. È sul comodino. Pregusto.... ;-)
      Grazie dell'anticipazione, ciao!

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  4. E alle volte bisogna pur dirlo che un bel part time alla Upim lascerebbe il tempo per vivere...!
    Brava Parrella.
    Ciao Prish

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    1. bisognerebbe lasciarlo dire.... :-)
      ciao irene, un bacio

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