“L’archeologa”.
Ho detto per anni che dopo il liceo avrei fatto
l’archeologa: mi sembrava una buona mediazione tra tutto quello che gli altri
si aspettavano da me.
Ma non era vero: io volevo fare la commessa come la mamma di
Katia.La commessa alla Upim, part-time. Tutta la vita.
Noi studiavamo la matematica, e poi alle medie la tecnica, e
poi al liceo il greco, e lei sempre i giorni dispari ad un certo punto si
alzava e si andava a preparare per il lavoro. Io la seguivo in bagno per
guardare come si truccava, ero affascinata dalla procedura. Katia di là mi
chiamava sulle analisi logiche, per lei erano la conquista, la chiave per il
cambiamento. Io di logico non ci trovavo niente su quei fogli e l’unica cosa
che sognavo di cambiare nella mia vita era il colore dell’ombretto. Tutti i
giorni.
La mamma di Katia si truccava, chiacchierava di cose
bellissime, leggere come la cipria. Cose che non andavano valutate, sulle quali
non si reggeva il mondo. Cose che non ricordo più.Al loro posto ricordo che il predicativo del soggetto non è
quello dell’oggetto, anche se può sembrarlo.
Insomma la realtà si poteva scomporre su vari livelli,
mentre sulla faccia della mamma di Katia si ricomponeva perfettamente nel make
up e, senza che lei lo sapesse, nella
sua parola, la parola che portava in un vortice le comari, i costumi, le diete,
la scopa elettrica. Poi se ne andava al lavoro e io, se potevo immaginarmi in un
modo, mi ci immaginavo così. Con il camice del negozio a passare per gli
scaffali. “L’archeologa”, dicevo sempre, ma gli unici pezzi che avrei voluto
inventariare erano i saponi, le schiume da barba, quelle per i capelli. Avrei
voluto togliermi le scarpe sotto la cassa e chiacchierare con i clienti, vedere
tutti i giorni le stesse persone per quarant’anni, e a fine giornata lamentarmi
del mal di schiena, delle nuove arrivate, del caldo.
(Mosca più balena, V.Parrella)
Ad un certo punto della vita si scopre (citando Kundera) che non abbiamo nessun es muss sein, la vita si può vivere degnamente e con leggerezza decidendo di fare la commessa alla Upim. Bisogna seguire le proprie aspirazioni, imparare ad ascoltare la voce del proprio demone (Hillman), del proprio inconscio - che ne sa più di noi...
RispondiEliminaCiao Prish, buona serata.
Pim
Sono proprio d'accordo Pim. Kundera e Parrella... che bella insolita associazione!
Elimina"Spolverando" e' perche' stavi ripulendo i libri e ti e' caduto l'occhio su questa pagina? Comunque sia la parrella e' sempre acuta e piacevole da leggere.
RispondiEliminaCiao
ml
Si, più o meno è andata così! La Parrella mi piace molto, ha un modo delicato di andare a segno che in me lascia spesso tracce. Tracce che qualche volta fa piacere rispolverare!
EliminaA me "tempo d'imparare" ha lasciato senza fiato
RispondiEliminaCiao
ml
È sul comodino. Pregusto.... ;-)
EliminaGrazie dell'anticipazione, ciao!
E alle volte bisogna pur dirlo che un bel part time alla Upim lascerebbe il tempo per vivere...!
RispondiEliminaBrava Parrella.
Ciao Prish
bisognerebbe lasciarlo dire.... :-)
Eliminaciao irene, un bacio