lunedì 25 marzo 2013

Passepartout


E’ appeso ad una gruccia nell’armadio di ogni donna. Di solito è nero ed è fatto di uno di quei tessuti che finchè non lo guardi da molto vicino non sapresti dire esattamente cos’è, uno di quelli che puoi indossare quantomeno da ottobre a maggio, per intenderci. E’ un abito che puoi mettere con le decolletè o con gli stivali, con la giacca da consulente, con un morbido golfino pelosetto o solo con una sciarpina di seta. Banale fin che si vuole, mai sbagliato, ti fa fare la tua discreta figura dal convegno al vernissage passando per ogni sorta di cena e senza dimenticare il teatro.  Se poi ti riesce di azzeccare l’accessorio, la discreta figura può evolvere in un successo pieno nel tempo di infilare un paio di orecchini.
Instancabile dispensatore di sicurezza sociale e affidabile salvatore ad ogni invito imprevisto o repentino cambio di stagione, il segreto del  suo successo - contrariamente a quanto si possa essere portati a pensare -  non è la versatilità, bensì il mimetismo. Assorbe il tono dell’ambiente e lo riverbera, così che agli occhi di chi guarda appare infallibilmente in sintonia. E’ il neutro fondale sui cui lo sguardo appoggia ciò di cui è stato colmato.
Ecco, io vorrei avere, appeso ad una gruccia nel mio repertorio espressivo, un sorriso che avesse le stesse caratteristiche di questo abito.
Perché può anche capitare, certe volte, di passare in rassegna tutte le espressioni e di non trovarne nessuna che ci convinca. E dopo averle gettate alla rinfusa sul letto e sulle seggiole, io resto lì in mutande e mi dico che vorrei tanto che da un cassetto mi saltasse fuori un sorriso che non dice niente di sé, se non che c’è.  

11 commenti:

  1. Caspita, un sorriso passepartout è come una bacchetta magica Prish!

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    1. ah ma allora solo la fata smemorina può darmelo!! :-)

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  2. Il tuo brano evoca in me una lunga serie di riflessioni, provo a sintetizzarle - sperando di non togliere le parole di bocca a G., come lei scherzosamente mi dice :-)

    Anzitutto mi fa venire in mente la teoria delle emozioni che sosteneva James. Provo a sintetizzarla così: mimando volontariamente l'espressione facciale del sorriso si finisce per provare gioia. Pare una sciocchezza, ma forse non poi così tanto. Quando entro in un contesto relazionale, che sia il lavoro o una cena tra amici, mi viene spontaneo sorridere a tutti: questione di carattere, la strategia non c'entra quasi mai. Per conseguenza, diretta o indiretta, se sono di malumore, questo svanisce nel momento in cui entro in un contesto nuovo - almeno per un po'.
    In realtà non sempre succede. Quando sono in compagnia di una persona a me cara, fatico a dissimulare le emozioni: se un pensiero triste o preoccupato mi attraversa la mente, questo lascia negli occhi una traccia molto visibile che, chi mi conosce e mi vuole bene, vede chiaramente.
    Insomma: dipende dalla situazione in cui mi trovo. In ogni caso, però, nemmeno io sono capace a indossare con nonchalance espressioni che non siano della mia misura. Quando lo faccio mi sento a disagio, e il disagio si nota più della taglia inadatta.

    Ciao Prish.
    Pim

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    1. Aspetto la visita di .G per rispondere?? :-)

      Bè, intanto metto su il te e ti dico che la teoria di James a mio avviso ha un suo fondamento. E dovrebbe farci riflettere anche sui potenziali effetti dannosi dati dallo sforzarsi di manifestare emozioni diverse da quelle che proviamo. Intendo dire che una certa dose di sorrisi auto-indotti può avere un effetto positivo sull'umore, ma oltre un certo livello può annebbiare la nostra coscienza/consapevolezza di ciò che realmente proviamo. Quindi il tuo 'almeno per un po' mi sembra un dato essenziale!

      E poi sì, è vero: meglio un abito inadatto indossato con naturalezza che l'abito perfetto che però ci mette a disagio. Ma a volte ci teniamo così tanto ad essere consoni, e non è detto che sia necessariamente una questione di conformismo ...

      Grazie per i tuoi pensieri, Pim, vado a prendere i biscotti ;-)

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  3. G. tarda non solo per il tè ma anche per la cena... :-)

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  4. Eccomi, scusate il ritardo ma.....come dice Prishilla mi sento un pò in mutande. E non mi sembrava il caso di presentarmi così per il tè o per cena!!!

    Due baci: uno a testa :)
    .G

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    1. .G il tuo sorriso è sempre perfetto, ma in ogni caso.... se trovo il numero della fata smemorina poi te lo passo :-)

      un bacio anche a te!

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  5. Ciao,
    ci sono giorni in cui banalmente mi sento fuori posto. Provo a dibattermi è ottengo l'effetto opposto a quello che desidero. Spesso penso a una frase che pronuncia Eduardo De Filippo in "Napoli Milionaria" - Ha da passà 'a nuttata - mi sembra ci siano dentro la consapevolezza e la speranza necessari per ritrovare il sorriso
    pinky

    ps anche io voglio il numero della fata smemorina :-)

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    1. Ciao Pinky, che piacere ritrovarti da queste parti!
      La frase che citi è di una saggezza sconfinata, forse neanche la fata smemorina sarebbe all'altezza
      ... però se trovo il suo numero ne sarai subito informata, non si sa mai :-)

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  6. E' un capolavoro questo post!! Te lo condivido

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    1. Ne sono onorata. E questo tuo, a cui lo colleghi, non è da meno:

      http://vivodasola.wordpress.com/2013/05/23/adeguarsi/comment-page-1/#comment-261

      :-)

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