lunedì 20 aprile 2015

Un anno di yoga (... come fosse un sasso di Pollicino)

Ho conosciuto la mia maestra con una telefonata, una di quelle che sembra la tappa di una caccia al tesoro. Perchè ora ha il suo sito - con tutte le indicazioni e le foto, che solo a guardarlo vien voglia di cominciare - ma un anno fa c’era solo un volantino, trovato per caso, un numero di cellulare, boh. Nella borsa per un po’, poi quella mattina ‘dai chiamo’.  Voci di bimbi  in sottofondo e la mia richiesta:  già mentre la facevo mi dicevo mah.   Però la sua voce ha quel click  inconfondibile, quello di chi fa una fatica feroce a dirti non posso, senza neppure poi poterti raccogliere e re-indirizzare.  L’ho sentito subito che era più grande di lei, e già la sentivo un po’ sorella. Mi dispiace, il sabato proprio non posso… Certo capisco… Se mi viene in mente qualcuno ….  Grazie, mi fai un gran favore… Tutti quei puntini di sospensione.  Lui che chiama. Sei pronta? Arrivo.  E ancora non mettevamo giù.  Senti, ma stasera … una lezione di prova ...    E io, non so bene perchè – tanto è un caso che lui oggi sia a casa, e tutta questa cosa io la sto facendo per lui, no? quindi non so proprio perché, ma dico sì. 

Quando arriviamo troviamo persone di ogni età che stendono i tappetini e parlano piano. Nessuna assomiglia al mio stereotipo di 'quelli che fanno yoga'. Io tengo fra le braccia il mio tappetino, quello che usavo a vent'anni per dormire in tenda - va bene che ha detto uno qualunque, però insomma. E mentre penso al tappetino ad un tratto ho un flash. Io non posso piegare un ginocchio. Già li vedo, tutti nella posizione del loto (che questa la so anche io) e io non posso neppure cominciare. Ma cosa mi è venuto in mente?? Cosa pensavo di fare??! Però intanto la maestra è arrivata e non è che posso prendere la porta e filare, tanto più che mi ha già chiesto cosa mi aspetto dallo yoga e tutti stanno ascoltando. Come dice un certo scrittore, ‘potevo sentirli ascoltarmi’.  Allora rispondo, e, non che ne avessi l’intenzione, ma mi sembra pure di dire la verità. Poi mi sdraio, con la testa dalla sua parte, e chiudo gli occhi.  La voce della nostra maestra accompagna con fermezza dolcissima il giudizio e le aspettative fuori dalla porta e poi resta lì a fare la guardia. Succede davvero, con una semplicissima naturalezza.  E, potete credermi, a me non era riuscito mai.  Forse è proprio vero che per ognuno di noi c’è un tempo e un luogo per ogni cosa, che solo quando è sera vediamo la luce dei lampioni.

E' passato un anno, e io non ho ancora finito di stupirmi. Yoga io?!! Invece perfino io posso imparare a respirare, ad entrare nel battito del mio cuore e a rimanere lì. Per un po'. Mentre gambe e braccia entrano nella loro forma, che è diversa da quella di chiunque altro e ugualmente bella. E' passato un anno e nessuno ha mai detto 'sedete a gambe incrociate': la mia maestra dice sempre 'in qualunque posizione vi sia comoda'. Quanta splendida strada da fare. 

3 commenti:

  1. Nell'ultimo anno mi sono dedicato alla mindfulness, superando un certo scetticismo illuminista e soprattutto la pigrizia. Se ti può confortare, il pensiero di dover assumere la posizione del loto mi inquietava - mai riuscito, nemmeno quand'ero ragazzino. Invece, per fortuna, basta accoccolarsi in maniera comoda...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ecco, scetticismo illuminista descrive bene anche me!
      buona mindfulness Pim, e chissà che prima o poi non arrivi anche la posizione del loto...... :-)

      Elimina
  2. Descrivi con precisione il mastice che lega due persone prima ancora che si incontrino e che poi diventa cemento.
    ml

    RispondiElimina