domenica 16 gennaio 2011

Bambini felici

Si sta facendo strada in me la convinzione che l’essere stati bambini felici (*) sia una condizione necessaria per essere adulti felici.

Chi è stato un bambino felice mi pare tenda infatti a concepire la felicità come uno stato naturale e l’infelicità come uno stadio passeggero, di cui attendere il termine o da cui darsi da fare per uscire, a seconda della propria indole. In entrambi i casi appare comunque teso verso la felicità, che sovente considera un diritto (o un dovere) dell’essere umano.

Al contrario, chi non è stato felice nell’infanzia mi pare portato a ritenere che l’infelicità sia uno stato naturale dell’essere umano e a vivere i momenti di felicità come come illusori o fugaci, sempre a seconda della propria indole, finendo sovente per stemperarli in una fondamentale malinconia e privandoli dello slancio necessario a radicarsi. In questo senso mi capita di osservare che chi non è stato un bambino felice tende a considerare la felicità come un accidente temporaneo o il sintomo di una miope, per quanto piacevole, visione del mondo.

Se il ragionamento dovesse dimostrarsi sufficientemente fondato da farmi ritenere sensato procedere lungo questa la strada ne sarei terrorizzata.


(* Nota: per “bambini felici” non intendo bambini adorati o viziati o esageratamente protagonisti, bensì bambini sicuri di essere amati e protetti nella libertà di alimentare la propria curiosità ed esprimere la propria fiducia nel futuro)


8 commenti:

  1. La felicità si impara da bambini, certo; ma soprattutto bisognerebbe imparare a riconoscerla. Perchè a volte si è felici senza saperlo, ed è questa la tragedia più grande.

    Ciao Prish, buon inizio settimana.
    Pim

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  2. Quello che hai scritto è di una verità cristallina ....
    Ciao Pim, "felice" giornata :-)

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  3. Non sono tanto d'accordo. C'è anche il rischio di una illusione deterministica se questa considerazione fosse vera.
    Illusione ... perchè, se è vero, non è detto che B) (essere felici/infelici da adulti) consegua da B) (esserlo stato da bambini). Forse, è più probabile che A e B siano invece  due fenomeni determinati da una causa identica, dipendente da fattori meno contingenti.
    La mia "convinzione" in merito al tema è che gli intrecci della mente sia all'interno che dall'esterno siano così complessi da porre una condizione di aleatorietà : il che finisce con il far prevalere in qualche modo il fattore più costante, quello innato.
    (scusa, ho appena consegnato un lavoro e il relax post consegna mi fa strani scherzi mentali ...)

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  4. Indipendentemente dal fatto che siano migliori o peggiori, giudizio peraltro sindacabile, a mio parere nell'infanzia si crea una forma di assuefazione agli stati d'animo prevalenti; questi, secondo me, sono influenzati dal contesto nel quale si cresce. Stabilire per quanta parte siano innati o derivanti dall'imitazione/assuefazione al contesto, non è facile dirlo; d'altronde è il gatto che si morde la coda, visto che l'eredità genetica nella maggior parte dei casi proviene proprio dai genitori che in qualche modo governano il contesto.
    Pertanto da adulti ci risultano "normali" stati d'animo che abbiamo maggiormente conosciuto; lì in qualche modo ci sentiamo a casa, come la posizione di riposo di una molla che, se sollecitata si muove in su e in giù, ma sempre lì torna.
    Questo però non implica che non ci impegniamo a stabilizzare nuove posizioni di riposo (ad esempio alleggerendo o appesantendo la massa o cambiando la rigidità della molla); questo però implica la capacità di identificare l'utilità di stati d'animo differenti e quella di saperli raggiungere.
    Pertanto credo che la cosa più importante sia che già a partire dall'infanzia si stabiliscano le basi per permettere agli individui di identificare e adoperarsi per modificare gli stati d'animo.
    Come dice tata Lucia: "La felicità è una buona abitudine", fin da piccoli; praticamente uno si risparmia già così un gran bel pezzo di fatica.
    E non è vero che se non si fatica non si gode; leggere "I Barbari" di Baricco a tal proposito.

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  5. @Biz, primo un brindisi per la consegna. Poi, due precisazioni: l'ipotesi è che essere stati felici da bambini sia una condizione necessaria per essere stati felici da adulti, ma non certo suffuciente. Quindi il "determinismo monovariabile" (!)  senz'altro è inapplicabile.  Seconda precisazione: non credo esista gene in grado di farti attraversare indenne un infanzia infelice, anche se mi sembrerebbe fantastico. Ed infine ... sono stata io per prima a dire che mi auguro che l'ipotesi si verifichi infondata, pena attacco di terrore.
    :-) Prish

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  6. @anonimo (che se cita Tata Lucia perde immediatamente l'anonimato). Bella la metafora della molla, mi sembra decisamente azzeccata. E poi, porre le basi per modificare gli stati d'animo.  Decisamente utile. Ambizioso. Nessuna idea di come fare, però. A maggior ragione apprezzare la fatica è un buon inizio. Premiare la fatica, dunque?
    buona settimana e grazie del contributo!
    Prish

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  7. e l'adolescenza?

    penso di essere stato un bambino felice, ma ho ricordi solo dalle elementari in su

    (ciò potrebbe essere indizio di una rimossa infelicità infantile?)

    dalle medie in avanti invece felicità non pervenuta, se si escludono alcune partite di basket

    (dati oggettivi, non autocommiserazione)

    adesso, invece, sì, decisamente

    sia preso quanto sopra come puro contributo statistico

    ciao prish

    Mont

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  8. Ciao Mont, bentornato e grazie del contributo "statistico"!
    Eh, l'adolescenza. Quella secondo me è tutto un altro discorso. L'adolescenza a mio parere è proprio il momento in cui siamo naturalmente portati a fare esperienza di tutti gli stati d'animo. L'adolescenza è conflitto e innamoramento, disperazione ed entusiasmo, nichilismo, idealismo, solitudine infinita e amici per la pelle. Cielo e pozzo, e altro ancora, possibilmente. Dunque,  volendo forzare un po' il paradosso, sarei portata a sondare l'ipotesi opposta: ovvero che chi non è stato infelice nell'adolescenza (anche un po' infelice, intendo) difficilmente può essere un adulto felice.

    A presto, Prish

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