Mi ridordo un film "Memorie di una geisha" dove la protagonista racconta come è diventata geisha, ruolo ambito nella società di quel tempo in quanto dava luogo a benessere materiale e a riconoscimento sociale. Certo c'erano regole alle quali obbedire, prima fra tutte quella di non avere amanti (che venivano incontrati in segreto come faceva la Monaca di Monza...), ma l'essenza del mestiere di geisha stava nella capacità personale di recare piacere all'uomo anche solo versando una tazza di tè donandogli, grazie al comportamento e all'atteggiamento, l'ingresso virtuale in un mondo raffinato e spiritualmente erotico. Le regole alle quali obbedire erano poche e la bravura della geisha stava nell'interpretarle sulla soglia del limite, ma sempre con grazia ed eleganza. Effettivamente il mestiere di geisha comportava vincoli sulla propria vita privata ai quali sottostare, ma essi erano chiari ed insindacabili, da accettare a priori.
Mi pare che tutti i mestieri comportino dei vincoli, a volte anche sulla vita privata, forse non sempre chiari o tantomeno sindacabili e a volte più "subdoli" . Disciplina è conoscerli, accettarli e rispettarli, sottomissione non implica la consapevolezza e l'accettazione; obbedienza significa conoscerli e rispettarli senza passare necessariamente per l'accettazione.
Quando si esercita un mestiere prima o poi ci si trova a scegliere se obbedire o no, in sostanza se fare qualcosa anche se non si è d'accordo. Alla lunga non credo si possa durare molto sulla strada dell'obbedienza senza condivisione. E qui mi sovviene un altro bellissimo film con Audrey Hepburn "Storia di una monaca" dove la protagonista lascia l'ordine dopo molti anni perchè quei vincoli non li aveva messi in conto e la bilancia obblighi/benefici non quadrava.
Quindi è bene sviluppare la capacità di leggere i vincoli espressi e non e di conoscere noi stessi, cose che se arrivano viaggiano con l'esperienza.
Ciao Pasquale, sì penso che tu abbia ragione, anche se il motivo per cui una donna può desiderarlo, (o per cui un uomo può indurla a desiderarlo) può fare un po' di differenza. Forse...
A questo punto, mi chiedo: sarà più geisha una donna che fa della devozione (vedi alla voce: amore) per un uomo un'arte, oppure una finta donna emancipata che calpesta i diritti acquisiti con il femminismo a colpi di shopping con la carta del marito, a bordo di un Suv, lavorando magari per noia e compiacendo il marito per interesse?
"Desiderare di essere una geisha", questa è una considerazione semplicistica e del tutto didascalica, penso che si farebbe bene a lasciare all'oriente ciò che all'oriente appartiene, invece di parlarne a vanvera appropriandosene in un contesto culturale, sociale e anche emozionale del tutto diverso.
La geisha era in realtà una giovane donna istruita nella musica, nel canto e nella danza, la quale intratteneva gli ospiti nei banchetti pubblici o privati. Non era una prostituta, si tratta di una leggenda occidentale...
"spesso la donna italiana è massaia in società, signora a letto e porca in cucina", vuol dire che comunque, "spesso", è quanto più lontano da una geisha si possa immaginare.
Un po' più geisha, non tanto, potrebbe non guastare.
Grazie per tutti i vostri commenti, che aprono molte piste di riflessione su temi piuttosto diversi.
Io ho buttato lì una citazione assolutamente de-contestualizzata, ed ognuno ha interpretato la "provocazione" secondo un proprio ragionamento. E' interessante vedere come di una frase avulsa da ogni possibile contesto ognuno di noi colga aspetti diversi.
A questo punto però mi sembra doverosa una precisazione: la frase è stata detta da una donna occidentale, che probabilmente ha usato il termine geisha riferendosi ad un erroneo luogo comune tipico della nostra cultura. (E da qui la contrapposizione forte con il "prendere i voti".).
Per quello che ne so io dell'argomento però questo non cambia il senso della frase. Essere una brava geisha implica, credo, accogliere ed esaudire con assoluta dedizione i desideri di qualcun altro (di quale natura si intendano tali desideri, ripeto, in questa sede non è così rilevante a parer mio).
A me ha colpito il fatto che la necessità di "obbedienza" possa rappresentare un fattor comune fra situazioni/scelte di vita decisamente disparate, e che possa rappresentare l'elemento ( o uno degli elementi) sulla base dei quali valutarne la desiderabilità o la fattibilità.
Disciplina e sottomissione sono atti di estremo coraggio verso il proprio ego.
RispondiEliminaMica è facile...
Peccato ...
RispondiEliminano, scherzo!
biz, non scherzi affatto!
RispondiEliminapeccato! è anche il mio commento.
tra la disciplina e la sottomissione c'è una bella differenza però...!
RispondiEliminavero marco e biz?? ;)
Data una cosa da fare...
RispondiEliminaPer come la intendo io la disciplina è la "devozione" verso noi stessi, la sottomissione è la "devozione" verso terzi.
Non è proprio spiegato in italiano... però mi sa che avete fantasia...
Mi ridordo un film "Memorie di una geisha" dove la protagonista racconta come è diventata geisha, ruolo ambito nella società di quel tempo in quanto dava luogo a benessere materiale e a riconoscimento sociale. Certo c'erano regole alle quali obbedire, prima fra tutte quella di non avere amanti (che venivano incontrati in segreto come faceva la Monaca di Monza...), ma l'essenza del mestiere di geisha stava nella capacità personale di recare piacere all'uomo anche solo versando una tazza di tè donandogli, grazie al comportamento e all'atteggiamento, l'ingresso virtuale in un mondo raffinato e spiritualmente erotico. Le regole alle quali obbedire erano poche e la bravura della geisha stava nell'interpretarle sulla soglia del limite, ma sempre con grazia ed eleganza. Effettivamente il mestiere di geisha comportava vincoli sulla propria vita privata ai quali sottostare, ma essi erano chiari ed insindacabili, da accettare a priori.
RispondiEliminaMi pare che tutti i mestieri comportino dei vincoli, a volte anche sulla vita privata, forse non sempre chiari o tantomeno sindacabili e a volte più "subdoli" . Disciplina è conoscerli, accettarli e rispettarli, sottomissione non implica la consapevolezza e l'accettazione; obbedienza significa conoscerli e rispettarli senza passare necessariamente per l'accettazione.
Quando si esercita un mestiere prima o poi ci si trova a scegliere se obbedire o no, in sostanza se fare qualcosa anche se non si è d'accordo. Alla lunga non credo si possa durare molto sulla strada dell'obbedienza senza condivisione. E qui mi sovviene un altro bellissimo film con Audrey Hepburn "Storia di una monaca" dove la protagonista lascia l'ordine dopo molti anni perchè quei vincoli non li aveva messi in conto e la bilancia obblighi/benefici non quadrava.
Quindi è bene sviluppare la capacità di leggere i vincoli espressi e non e di conoscere noi stessi, cose che se arrivano viaggiano con l'esperienza.
Lo ammetto: volevo soltanto fare una battutaccia!
RispondiEliminaNoi, maschi dopo il femminismo, alla sola parola "Geisha" diventiamo pazzi di gioia.
Secondo me il femminismo è stata tutta una montatura per farvi perdere la bussola ;))
RispondiEliminaCiao, Prish
Caro Anonimo, è anche per questo che ho intitolato il post "Consapevolezze"...
RispondiEliminaGrazie della visita e un saluto, Prishilla
sottoscrivo biz
RispondiEliminaciao prish
marcogiac
Secondo me invece è l'uso occidentale della parola geisha, che è tutta una montatura per far perdere la bussola a certi maschi...
RispondiEliminaLe infuocate carezze
RispondiEliminal'invidiabile savoir faire
dolce intenso e brutale ah!
Quanta nobile poesia
padre, amante, padrone
nel tuo conto corrente ah!
In salute ed in malattia
finché morti non ci separi
Vorticosa passione
o mia belva insaziabile
nel tuo caldo e accogliente harem
In salute ed in malattia
finché morte non ci separi
Fai di me la tua geisha
fai di me la tua umile serva
(una datata e ironicamente lucida Carmen Consoli)
Grande Agnes!
RispondiEliminaPerò penso che senza il passaggio del femminismo anche tale manipolatorio utilizzo non avrebbe avuto la stessa forza persuasiva....
Annalissa,
RispondiEliminal'importante è non desiderare di essere una geisha.
La donna che lo desidera è perduta.
Pasquale
Ciao Pasquale, sì penso che tu abbia ragione, anche se il motivo per cui una donna può desiderarlo, (o per cui un uomo può indurla a desiderarlo) può fare un po' di differenza. Forse...
RispondiEliminaBuona giornata, Prishilla
A questo punto, mi chiedo: sarà più geisha una donna che fa della devozione (vedi alla voce: amore) per un uomo un'arte, oppure una finta donna emancipata che calpesta i diritti acquisiti con il femminismo a colpi di shopping con la carta del marito, a bordo di un Suv, lavorando magari per noia e compiacendo il marito per interesse?
RispondiElimina"Desiderare di essere una geisha", questa è una considerazione semplicistica e del tutto didascalica, penso che si farebbe bene a lasciare all'oriente ciò che all'oriente appartiene, invece di parlarne a vanvera appropriandosene in un contesto culturale, sociale e anche emozionale del tutto diverso.
La geisha era in realtà una giovane donna istruita nella musica, nel canto e nella danza, la quale intratteneva gli ospiti nei banchetti pubblici o privati. Non era una prostituta, si tratta di una leggenda occidentale...
RispondiEliminaCiao Prish.
Se Lele Luttazzi è arrivato a fare la battuta:
RispondiElimina"spesso la donna italiana è massaia in società, signora a letto e porca in cucina", vuol dire che comunque, "spesso", è quanto più lontano da una geisha si possa immaginare.
Un po' più geisha, non tanto, potrebbe non guastare.
Intervento schifosamente maschilista :-)
Grazie per tutti i vostri commenti, che aprono molte piste di riflessione su temi piuttosto diversi.
RispondiEliminaIo ho buttato lì una citazione assolutamente de-contestualizzata, ed ognuno ha interpretato la "provocazione" secondo un proprio ragionamento. E' interessante vedere come di una frase avulsa da ogni possibile contesto ognuno di noi colga aspetti diversi.
A questo punto però mi sembra doverosa una precisazione: la frase è stata detta da una donna occidentale, che probabilmente ha usato il termine geisha riferendosi ad un erroneo luogo comune tipico della nostra cultura. (E da qui la contrapposizione forte con il "prendere i voti".).
Per quello che ne so io dell'argomento però questo non cambia il senso della frase. Essere una brava geisha implica, credo, accogliere ed esaudire con assoluta dedizione i desideri di qualcun altro (di quale natura si intendano tali desideri, ripeto, in questa sede non è così rilevante a parer mio).
A me ha colpito il fatto che la necessità di "obbedienza" possa rappresentare un fattor comune fra situazioni/scelte di vita decisamente disparate, e che possa rappresentare l'elemento ( o uno degli elementi) sulla base dei quali valutarne la desiderabilità o la fattibilità.
A presto e a tutti buon fine settimana, Prishilla