martedì 4 ottobre 2016

Occhi carichi di pioggia, bianche mani

Scivolano le foglie gialle nel cielo terso, azzurro e oro come il manto davanti a cui pregavo bambina.

Occhi carichi di pioggia, bianche mani, cuori stropicciati d’affanno e riccioli che danzano sulle spalle anche quando riccioli non sono più.

Impastare torte, inforcare le biciclette, infilare i vecchi scarponi, tendere le vele, sedersi accanto ai bimbi e lasciarsi amare.


Cosa sarà mai questo fiume che abbiamo dentro, quest’acqua che scorre e resta, questo essere stati tutti seduti accanto quel camino e tornarci sempre, trovare sempre il fuoco

2 commenti:

  1. In quelle tremende “gorges” in cui siamo costretti a far scorrere la nostra “vita attiva”, con regali di occhi carichi di pioggia e cuori stropicciati d’affanno, è dolce saper riconoscere, tra i colori dell’autunno, quelli del manto davanti a cui, ancora, possiamo ritornare bambini.
    E dolce è pensare ai gesti consueti di momenti sereni e lasciarsi amare dai bimbi che ci circondano (che siamo stati e rimaniamo sempre?) con la fiducia che solo nel loro essere piccoli possiamo ritrovare noi stessi.
    Così, forse, il fiume che abbiamo dentro, l’acqua che scorre e resta, è il desiderio irresistibile di sentirci in pace, fraternamente uniti attorno al fuoco di quel camino ideale che già ci ha riscaldati e che Qualcuno tiene sempre acceso e pronto ad accogliere chi lo cerca.

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