Forse la distanza che le persone hanno bisogno di mantenere dall’infelicità
altrui altro non è che l’esatta misura di quanto considerino instabile – o effimera
– la propria felicità. O precario il proprio presunto - talvolta millantato - equilibrio emotivo.
Come se la tristezza altrui potesse contagiarci e non ritenessimo di avere un sistema immunitario sufficientemente forte per respingere l’attacco.
Forse le persone più a rischio dovrebbero essere vaccinate, proprio come i bambini e gli anziani per l’influenza, per scongiurare una pandemia di egoismo.
Concordo con la tua diagnosi. Per dirla in termini psicomatematici (!), l'equilibrio interiore è inversamente proporzionale alla distanza emotiva. Non sempre è una colpa...
RispondiEliminano, non è una colpa. qualche volta è una necessità. ci sono però situazioni in cui negare 'un abbraccio' per timore del contagio per me è un atto di egoismo, e sarei tanto felice se esistesse un vaccino contro questa 'malattia' :-)
Eliminaa presto, Pim!
un saluto, Prish
Lucida diagnosi Prish. Concordo (anche) con la psicomatematica di Pim. Dovrebbe esserci una profilassi contro l'infelicità piuttosto, e non solo verso quella altrui. Essere infelici, in una certa misura, può essere considerata una colpa. Bisogna imparare a spettinarsi (e lo so che è un tormentone, ma sono così!!)
RispondiEliminaBuon lunedì e un abbraccio
PS che buoni i biscotti che prepari!!!
a) La psicomatematica di Pim è una disciplina che merita un attento studio. Al capitolo tre del manuale metterei 'teoria e prassi dello spettinarsi' a cura di Punto G.
Eliminab) sì, l'infelicità in una certa misura può essere considerata una colpa. per lo stesso motivo (credo) in una certa misura può essere considerata una colpa anche la felicità a tutti i costi.
spettinatamente, prish
p.s. dai, prendine un altro :-)