La vigilia dalla zia P. iniziava con il profumo della pasta al forno e con l’abbraccio stritolante dello zio G.
C’era uno scintillio che partiva dall’albero di Natale dell’ingresso e si diramava per tutta la casa: nei bicchieri per l’aperitivo, ordinatamente disposti sul vassoio in salotto, nel presepe con il pane, nel letto matrimoniale sommerso dai nostri cappotti, dalle borsette e dai colletti di pelo. Si adagiava sul pianoforte nero e sui suoi tasti, in attesa della tradizionale suonatina, si arrampicava nel filo argentato che decorava il cartellone di Natale: la sorpresa che tutti aspettavamo e che lo zio preparava di nascosto sui tavoli da disegno dello studio, dopo aver iniziato ad idearlo fin dall’estate, raccogliendo fotografie, poesie, immagini e pensieri.
Continuava, lo scintillio, portato in giro dalle mie ballerine di vernice, mentre tutti gli ospiti arrivavano e si scambiavano i baci e gli auguri e i bicchieri con le bollicine. Si fermava, lo scintillio, solo davanti alla porta del guardaroba, per l’occasione trasformato nel deposito di Babbo Natale: una porta alta e scura, piena di promesse segrete.
Riprendeva, lo scintillio, nella tavola apparecchiata, nei fiocchi dei cadeau per le signore, nei segnaposti in cui curiosavo alla ricerca del mio nome, nelle posate lucide e nelle caraffe, e poi risplendeva, nella fiamma fremente delle candele del centrotavola, quando la luce si spegneva e noi eravamo tutti lì, in piedi, vicini, a recitare l’Ave Maria, mentre la pasta al forno finiva di dorare.
Le tue parole suscitano un'idea di familiarità che sembra d'essere lì, ad attendere regali ed abbracci...
RispondiEliminaUna parte di me, neanche tanto piccola, è lì ad ogni Natale!
RispondiEliminaun abbraccio Pim, buon anno!