martedì 10 febbraio 2009

5 febbraio

Stasera ci rivedremo, dopo vent'anni. Cosa indosserò, io che l'ultima volta avevo la gonna di nay oleari e la mattina davanti allo specchio mi gonfiavo la frangia con la spazzola rotonda e che ora la mattina davanti allo specchio mi strappo tenace quei due capelli bianchi? Cosa voglio si veda stasera di me e della strada che ho percorso e della vita che mi ha attraversato? Cosa ci diremo adesso noi, che siamo stati noi solo nel pavido silenzio davanti a un dito che scorreva i  nomi sul registro? Cosa vedrò di voi, ora che si sarà reso evidente che le profezie dei voti dei compiti in classe non si sono punto avverate? Ci siamo vicendevolemente immaginati da grandi, ma poi quando lo siamo diventati non c'eravamo a ricordarci l'un l'altro cosa saremmo dovuti diventare e stasera ci guarderemo in faccia e faremo due conti. Dai, vestiti e vai, che sta per suonare la campanella.

5 commenti:

  1. Non mi piace credere che le cose siano cambiate da come le ricordo. E anche le persone. Preferisco lasciare che il pensiero scivoli nell'inconsapevolezza.

    Quando è successo di incontrare qualche amico o compagno dei vecchi tempi ho dissimulato a fatica un certo disagio: erano diventati qualcun altro, qualcos'altro da come li rammentavo. Avrei voluto chiedere loro: ma perché non siete rimasti quelli di allora, così mi deludete...

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  2. Com'è andata?


    Ho fatto una di queste cene un paio d'anni fa.

    Chi organizza? Il tipo è caratteristico: la compagna non appariscente, allegra ma un po' schiva, diligente, buona e cortese con tutti. Faceva la segretaria per l'insegnante, del resto.


    Il particolare del vestiario è giusto tu l'abbia segnalato fortemente: è la punta dell'iceberg della sottile angoscia del ritrovarsi dopo un numero di anni che comincia ad essere spaventoso.

    Nella "sezione" di una serata misurerai lo spessore delle vite di decine di persone, e lo confronterai pubblicamente con lo spessore della tua.

    Tante cose.

    Tra cui la scoperta della formazione di una distanza divenuta abissale con persone che sono state magari fra i tuoi primi intensissimi amori.

    Ecco: gli amici, ti sembrano, dopo il primo impatto, uguali.

    Gli amori no: è un passaggio freddo, su una cicatrice, della mano del suo autore.

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  3. Come avete sottolineato voi è stato un momento forte, per tutti i motivi che avete evidenziato. Anche perchè per svariate ragione la maggior parte di noi non si era veramente mai più incontrata. Anche se forse il prepararsi a questo momento (l'abito è la più ovvia delle metafore ma anche la verità di un gesto talmente consueto...) e il ripensarci poi (ci siamo confessati che quella sera abbiamo tutti faticato ad addormentarci!) è stato ancor più inteso dell'incontro stesso. Comunque presto lo racconterò!

    Prish

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  4. Tutto quanto è stato detto vale anche nei nostri confonti, naturalmente : il tempo, ahimè, è una freccia scagliata in un'unica direzione... Per tutti.

    E quanto ci si può fidare dei ricordi?


    "Come l’acqua del fiume si muove

    Contro corrente vicino alla riva

    Si disperde entro fili d’erba

    Lontana dal suo centro

    La memoria fa un cammino a ritroso

    Dove materia incerta

    Torna con molti frammenti

    (G. Neri - Dallo stesso luogo)


    Quel che rimane del passato è materia incerta… frammenti recuperati dalla memoria.

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  5. Aspetto il racconto, Prishilla.


    Giusto ieri pomeriggio ho rivisto amici di gioventù, alla presentazione di un libro di poesie scritto da uno di loro - con alcuni non ci vedevamo da quaranta anni. Come mi ero vestito? Non troppo bene.

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