venerdì 21 luglio 2006

Meg

Ha i capelli neri lunghi fino alla curva dei glutei e una bellezza che non consente di essere ignorata. Ha il portamento di chi si è esercitata fin da piccola davanti allo specchio e non porta il reggiseno. Ha l’accento straniero, arriva senza trucco sul viso ma con unghie laccate e perfette.


Se ne va con il sorriso vago di chi avrebbe potuto dire e non ha detto. A volte si volta per salutarmi e mi lascia in mano uno sguardo che è un amo e un laghetto torbido.


Quello sguardo si aggancia ogni volta al mio istinto di voler bene e ai miei pregiudizi, e ogni volta vorrei chiederle molte cose, ma soprattutto vorrei chiederle: cosa ti aspetti da me?.


Ti aspetti aiuto per uscire da lì, da quel laghetto torbido e da quelle unghie troppo perfette, da quelle magliette firmate che non hai i soldi per comprare, da quella spalla che non ti sei rotta cadendo accidentalmente?


O invece ti aspetti un abbraccio che comprenda, che accetti, che perdoni, che accolga le tue unghie e le tue magliette, le rose e i regali, il modo sapiente in cui muovi i capelli accarezzandoti le natiche e con cui tornerai ancora e ancora e ancora da lui?


Non ti farò mai la domanda. A me stessa  invece chiedo: saprei darti l’una o l’altra cosa?

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