venerdì 23 giugno 2006

Mondiali condizionati

Non amo il calcio ma ricordo quasi tutti i mondiali dell’ultimo quarto di secolo. A partire da quella finale Italia-Germania terminata con il mio primo bagno notturno in piscina, durante la prima vacanza da sola, quando, accolta dagli zii e da una piccola banda di cugini e amichetti, io e la mia timidezza ci avventurammo in  Puglia.


Ho molti ricordi di quell’estate: ricordo, ad esempio, che accanto all’hotel  in cui alloggiavamo c’era un residence a gestione tedesca e che qualche volta sulle spiagge confinanti ci si imbatteva in qualche arrossatissimo gigante biondo. Ricordo però che la sera della finale ognuno era rimasto rigorosamente nei propri confini, segnati da una alta siepe, e che in entrambi i giardini campeggiava una grande TV . Ricordo la perfetta simmetria fra le urla di gioia e di sgomento da una parte e dall’altra della siepe, ricordo quella sensazione di serata speciale che aveva contagiato anche noi bambini. Ricordo la festa alla fine: tutti in piscina con i vestiti addosso, tedeschi compresi.


Forse è il ricordo di quell’estate speciale che ad ogni mondiale  torna a galla e mi fa apprezzare il silenzio che colma le strade all’ora della partita, le grida in perfetta sincronia che escono dalle porte dei bar e dalle finestre delle case, quell’atmosfera di sospensione collettiva che si unisce al profumo dell’estate e dei tigli.


Forse è per questo che mi piacciono di meno i mondiali da quando le finestre si chiudono per preservare il fresco del condizionatore e le grida degli altri appartamenti mi giungono attutite. Proporrei di spegnere il condizionatore durante i mondiali, di far entrare nelle case il profumo dei tigli e il tifo dei vicini; per rinfrescarsi, poi,  tutti in piscina dopo il fischio finale. 

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