Sospesa, fra le due sponde. Avevi afferrato la corda baldanzosa, mentre le cicale frinivano e il cielo aveva il calore traboccante dell’estate in arrivo. Il pensiero, ed il cuore, erano già al di là del fiume, dove la macchia boscosa si infittisce, dove vedevi sparire gli uccelli che a volo radente sembravano sfiorarti il capo. Avevi preso la rincorsa, incurante, anzi forse compiaciuta, in fondo, delle impronte lasciate dalle tue scarpette di piccola principessa sul terreno limaccioso della riva.
La rincorsa era al suo apice quando la punta delle tue scarpette aveva incontrato il culmine di un sasso ed eri inciampata. La rincorsa, pur spezzata, era già presa, però, e le mani troppo strette alla corda per lasciarla, semplicemente, andare e capitombolare sulla solita vecchia riva con le ginocchia sbucciate.
Dunque, sospesa. Fra le due sponde. Le scarpette che ondeggiano nel vuoto, le mani che iniziano a sudare. Gli uccelli a volo radente sembrano sfiorarti il capo e spariscono nella macchia, al di là del fiume. E’ il momento di guardare l’acqua che scorre sotto alla tua gonna stropicciata. E di ricordarti che sai nuotare.
Certe mattine passa il bel chirurgo dalle mani d'oro e dai capelli d'argento. Come un battito d'ali che si propaga nell'aria, c'è un gesto, quelle mattine, che contagia le pazienti: un ravviarsi i capelli, un lisciare le pieghe delle camicie da notte, un preparare gli occhi stroppiciati al sorriso. E fra tubicini, mascherine, flebo e cerotti, non ce ne é una che non si sforzi di rispondere un 'bene' alla domanda 'come va oggi?', posta dal bel chirurgo con voce alta e chiara e sempre preceduta dal nome di battesimo dell'ammalata.