lunedì 1 novembre 2010

Momenti di trascurabile felicità, di Francesco Piccolo


Scrivo di questo libro perché non è un libro che vorresti leggere ma un libro che vorresti scrivere. Non che vorresti aver scritto, ma che vorresti scrivere. Ora, mentre lo leggi.
Perché capita di leggere cose come “quando quello che ti ha chiesto di conservargli il posto, finalmente arriva. E puoi dimostrare a tutti che era vero.”  Oppure: “quando esci dal cinema e piove. E rimani con altri spettatori ad aspettare, senti cosa dicono del film. E poi c’è chi vuole provarci ad andare, che fa se ci bagniamo un po’; e va, correndo con la testa stretta nelle spalle. C’è chi dice aspettiamo, tra poco smette. Chi dice: ora piove meno (e non è vero) e va. Così un po’ alla volta, correndo, se ne vanno tutti”.
E quindi, quando poi scendi dal treno e inizi a pedalare verso casa,  non puoi proprio fare a meno di scrivere nella mente il tuo elenco personale di trascurabili felicità, che quasi ti sembra ti sentire il ticchettio dei tasti mentre pedali e pensi cose come “quando andiamo a mangiare la pizza nella nostra pizzeria preferita, che è sempre piena, e non lo diciamo a nessun amico e arriviamo alle sette e un quarto quando non c’è ancora nessuno e i tavoli sono tutti pronti e bianchi e ordinatissimi e veniamo serviti da una cameriera ancora pettinata e sorridente e la gente inizia ad arrivare quando noi abbiamo già ordinato il caffè e il proprietario scuote la testa e dice a tutti  - mi spiace è già tutto prenotato - e noi andiamo a casa a guardare un film, coi piedi abbracciati sotto alla trapunta, intanto che tutti cercano un posto per mangiare una pizza e aspettano in piedi e devono urlare per farsi sentire dalla cameriera spettinata e stufa”.
E poi, a forza di scrivere nella tua testa cose come questa, finisce che arrivi a casa con tutte queste bricioline di felicità che ti sono rimaste attaccate alla labbra come trascurabili sorrisi, che sono piccoli piccoli ma tutti insieme fanno un gran brillare e magari vanno a finire nel sugo della pasta, che come niente si trasforma in un altro momento di trascurabile felicità.

 

6 commenti:

  1. Come quando vuoi aiutare tuo figlio di tre anni ad accettare il cambiamento dalle scarpe autunnali a quelle invernali e gli spieghi che queste vanno meglio per le pozzanghere e gli prometti che lo lascerai provare. E così vai all'Ikea e sotto una pioggerella fine vedi che nella riga di mezzeria del parcheggio hanno creato un inefficace compluvio per scolare l'acqua, con una fila di opportunissime pozzanghere allungate; e lo fai correre in mezzo facendosele tutte due volte e tu di fianco per mano a prenderti le sue schizzate. Con il cappuccio in testa, finirà per detestare anche lui gli ombrelli.

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  2. proprio un momento di "trascurabile" felicità.... :-)

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  3. Per una strana combinazione, nei prossimi giorni citerò un brano tratto da questo piccolo libro... Svelto da leggere (Freccia rossa MIlano-Roma e ritorno), ma che rimane appiccicato alle dita e alla mente.

    Buon fine settimana.
    Pim

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  4. Bella coincidenza! In effetti hai proprio ragione, rimane appiccicato  e forse non si sa bene neppure perchè. Secondo me è perchè potremmo scriverlo tutti!

    (nb: per l'autore: non per sminuire, eh? anzi: è un complimento, casomai non mi fossi spiegata bene....)

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  5. Io avrei scritto "bagnamo", anziché "bagniamo" (che però è più corretto)...

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  6. io invece non avrei mai scritto "che fa se ci bagniamo un po'": dalle mie partei non lo direbbe proprio nessuno. noi diciamo "cosa vuoi che sia se ci bagniamo un po'".
    vabbè, a quanto pare ognuno deve scrivere il suo... :-)

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