Scivolano le foglie gialle nel cielo terso, azzurro e oro
come il manto davanti a cui pregavo bambina.
Occhi carichi di pioggia, bianche mani, cuori stropicciati d’affanno
e riccioli che danzano sulle spalle anche quando riccioli non sono più.
Impastare torte, inforcare le biciclette, infilare i vecchi
scarponi, tendere le vele, sedersi
accanto ai bimbi e lasciarsi amare.
Cosa sarà mai questo fiume che abbiamo dentro, quest’acqua
che scorre e resta, questo essere stati tutti seduti accanto quel camino e
tornarci sempre, trovare sempre il fuoco
In quelle tremende “gorges” in cui siamo costretti a far scorrere la nostra “vita attiva”, con regali di occhi carichi di pioggia e cuori stropicciati d’affanno, è dolce saper riconoscere, tra i colori dell’autunno, quelli del manto davanti a cui, ancora, possiamo ritornare bambini.
RispondiEliminaE dolce è pensare ai gesti consueti di momenti sereni e lasciarsi amare dai bimbi che ci circondano (che siamo stati e rimaniamo sempre?) con la fiducia che solo nel loro essere piccoli possiamo ritrovare noi stessi.
Così, forse, il fiume che abbiamo dentro, l’acqua che scorre e resta, è il desiderio irresistibile di sentirci in pace, fraternamente uniti attorno al fuoco di quel camino ideale che già ci ha riscaldati e che Qualcuno tiene sempre acceso e pronto ad accogliere chi lo cerca.
GRAZIE e un bacio
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