sabato 26 maggio 2007

Surrealismi

Vagone della metropolitana, ore 19 di un torrido giorno feriale.


Un ex muratore, un professore di sociologia del diritto e un commesso di Emporio Armani, seduti fianco a fianco come le tre civette di quel famoso comò, ridono sotto i baffi. Intendo dire che cercano faticosamente di dissimulare il moto irrefrenabile di quei muscoli facciali che ci illudiamo siano sotto il nostro controllo volontario ma ai quali la risata sfugge da tutte la parti come acqua sotto pressione sparata fuori dal rubinetto nonostante il pollice malamente infilato nel buco.


Mentre sento che anche i miei muscoli facciali, solleticati, iniziano a stiracchiarsi, seguo la direzione del loro sguardo e scopro la fonte di tanta repressa ilarità: due ragazzine -zainetto, cerchietto con la stella e all stars- ridono a crepapelle. Ridono di quella risata che porta via, di quella risata che non ha più niente a che vedere con il motivo che l’ha scatenata, di quella risata che è come acqua che rotola fra i sassi senza più memoria della spinta propulsiva della sorgente, ma rotola verso valle trascinando tutto e sé stessa e godendo solo della sua forza e del suo capriolare.


Mi accorgo di quanto è evidente che anche io sono sulla soglia della risata dallo sguardo della signora con le borse della spesa, che mi fissa e sente gli angoli della bocca sfarfallare verso l’alto senza controllo.


 


Ecco: fra un attimo tutto il vagone starà ridendo sgangheratamente. Ognuno di noi, chiusi in questa scatola viaggiante, sarà causa ed effetto di una risata reciproca e contagiosa, in una circolarità senza significato alcuno come senza significato alcuno è il fatto di essere saliti sullo stesso treno, quest’oggi, in questa città.


Avrebbe potuto esserci una bomba, invece è scoppiata una risata.

giovedì 17 maggio 2007

Combatto contro i mulini a vento?

Oggi alla radio ho sentito un’intervista a  E.B. che ha appena pubblicato il suo secondo, dico secondo, romanzo. Nei 120 secondi dell’intervista radiofonica è riuscita a infilare un “a noi ci piace” e un “c’hanno ragione chi dice che..”.


D’altra parte la grammatica nelle scuole non si insegna più. E forse c’hanno ragione loro.

domenica 13 maggio 2007

Dedicato alla mamma e al papà di Giovanni T

Mi hanno detto che c’era un bimbo di sette anni al centro della palestra. Un bimbo con un corpo minuto e con un sorriso sempre nascosto in tasca, casomai gli venisse fame, con due occhi che assorbono il mondo e un cuore che fa l’equilibrista tra lo spensierato e il pensieroso.


 



Mi hanno detto che il maestro di judo era fiero di quel bimbo che aveva combattuto con agilità e coraggio e divertimento e che ha iniziato il rito della premiazione proprio dai più piccoli e che c’era ancora un rimasuglio di mormorio sugli spalti quando ha detto:


"  la medaglia d’oro va a Giovanni T."


Ed è stato allora che quel bimbo di sette anni si è trovato al centro della palestra e degli applausi e mi hanno detto che aveva di nuovo quell’aria da piccolo lord inglese che quando combatte gli scivola via di soppiatto quando ha detto:


"veramente io l’ultimo combattimento l’ho perso"


 E il maestro ci ha impiegato un attimo a capire cosa stava succedendo, così Giovanni T. è rimasto lì in piedi, proprio al centro della palestra e degli applausi sospesi, finchè il maestro di judo ha trovato l’errore e ha detto:


"è vero, ho sbagliato, la medaglia d’oro va a Marco P."


 


Si avvicinano le elezioni, e io ho detto a tutti che vorrei che Giovanni T. fosse il sindaco della mia città.


 


mercoledì 9 maggio 2007

Unisci i puntini

Unisci i puntini dall’1 al 57, recita la didascalia. Talvolta a colpo d’occhio già intravediamo la figura. Qualche volta è una figura che non vogliamo vedere, una figura che ci costringerebbe a sollevare un velo, magari a cambiare opinione, atteggiamento o addirittura il corso delle azioni che abbiamo intrapreso, l’equilibrio delle relazioni che abbiamo tessuto.


Allora, come ricordandoci improvvisamente di una cosa da fare, deponiamo con nonchalance la matita e lasciamo liberi i puntini nella loro complice entropia.


Poi un giorno una mano ignara, oppure al contrario una mano assai avveduta, prende risoluta la penna ed  inizia a disegnare le relazioni fra i fatti. Ed in men che non si dica la figura rifuggita è lì davanti a noi.


Quanto ci piacerebbe poter cancellare il tratto, sciogliere il legame che costringe i puntini all’interno di un univoco senso e farli ritornare un confortante, innocuo, confuso brulicare di fatti passibili di mille possibili interpretazioni.


Ma


la


figura


è


ormai


svelata.


 




 

lunedì 7 maggio 2007

Ricordi di viaggio: Revillagigedo - Parte 1



Revillagigedo mi ha fatto sentire piccola. E mi ha fatto sentire che abito una parte molto piccola di mondo. E che nel resto del mondo c’è spazio per grandi animali, grande quiete, e grandi cieli.


Revillagigedo è un arcipelago di origine vulcanica, a circa 500 km a sud ovest della punta estrema della Baja California. E’ composto da quattro isole principali: San Bendicto, Socorro, che ospita una base militare, Roca Partida, un grande scoglio spaccato in due torrioni, e Clarion, che non abbiamo visitato.


Le acque di queste isole sono attraversate dalla corrente di Humboldt, che porta acqua fredda dall’Antartide, toccando le coste del Cile e l’arcipelago di Galapagos, e rendendo straordinariamente ricche di pesce le zone che attraversa.


Per giungere a Revillagigedo è necessario compiere un lungo viaggio, per cielo, per terra e per mare. E, come accade talvolta ai viandanti delle fiabe, anche a noi è accaduto, ciondolando in un aeroporto o storditi dall’onda lunga dell’Oceano Pacifico, che affiorasse alla mente la domanda: “stiamo andando nel luogo giusto?” “ne varrà la pena?”.


balena 1La risposta a questa domanda è arrivata, lieve come vapore di acqua salmastra, dopo circa 15 ore di navigazione dalla marina di Cabo San Luca, quando attorno al Solmar V, la nostra barca, hanno iniziato a sollevarsi gli spruzzi delle balene .


E questa risposta, lieve come un presentimento, si è fatta solida certezza già nella prima immersione a San Benedicto, sotto il ventre bianchissimo della manta gigante che ha sorvolato le nostre teste, quasi fosse un avamposto della fauna che popola questo arcipelago, o il maggiordomo, rigorosamente abbigliato di bianco e di nero, giunto ad aprirci le porte dell’arcipelago e a dirci: “siete arrivati: benvenuti”.


(febbraio 2006)