C’era un bambino l’altro giorno, che guidava la metropolitana. Seduto di traverso sul sedile, le mani ben ferme sul tubo giallo, lo sguardo nocciola fisso in avanti, i ricci sull’attenti, pronto a frenare raddrizzando le Kickers, svelto e preciso nell’aprire e chiudere le porte appoggiando il palmo alla parete, esattamente sul logo di Figurella. Aveva persino una spada d’argento infilata nella cintura, per difendere i passeggeri da borseggiatori e malviventi.
Non mi ero mai sentita così in buone mani durante il mio viaggio mattutino in metrò. Gli ho perfino fatto ciao con la mano, scendendo, e avrei voluto dirgli che mi auguravo che facesse una brillante carriera: macchinista del treno, pilota d’aereo, comandante d’astronave, ma mi sono trattenuta, perché lo so bene che è severamente vietato parlare al conducente.