lunedì 30 marzo 2015

Locanda alla Mano, Forlimpopoli - parte 2

La Locanda alla Mano è a Forlimpopoli, e su questo la parentesi l'abbiamo aperta, percorsa e richiusa, quindi è decisamente ora di arrivare alla Locanda. Che non è accanto alla Rocca, nè nelle vie dello shopping di Pellegrino Artusi, ma è in una via normalissima accanto alle case a due piani con il cortile, il cane e gli orti. C'è una siepe e una finestra lunga e una panchina davanti alla porta, che se di Locanda si tratta, bisogna ben che ci sia una panchina ad accogliere lo stanco viandante. 
Mi è capitato, arrivando, di sostare su questa panchina, con la mia valigia dei due giorni ferma accanto - così fedele ed educata che qualche volta mi vien voglia di tirarle un bastoncino per vedere se me lo riporta, ma questa sarebbe un'altra parentesi e non è il caso. Dicevamo, mi capita di sostare, mentre il cielo si scurisce, il lampione inizia a battere la sua luce sull'insegna e i piedi e la mente si abbandonano al pensiero del ristoro. Ma avanti, entriamo. 

Entrando alla Locanda, accade inevitabilmente sempre la stessa cosa: ti senti benvenuto. Dalla prima volta - avventori casuali con un brindisi da fare e una nuova avventura da cominciare -  ad oggi - con la Locanda come seconda casa -  la magia si è sempre replicata: entri e sei benvenuto. E da qui tutto il resto, ovvero....

La cucina più linda del mondo, che è dietro ad una grande vetrata. All'inizio pensavo fosse per mostrare la maestria del cuoco e la pulizia degli ambienti, poi ho capito che la scelta è più dettata dal desiderio di guardare che da quello di far vedere, perchè questo cuoco, che ha gli occhi grandi e molto neri, assapora le reazioni dei suoi ospiti. Forse è anche per questo che ti senti come a casa, quando nonne e mamme non chiedono com'è ma ti spiano in attesa dell'inequivocabile sospiro appagato.
Il pianoforte, la poltrona e le mille piccole attenzioni che sulla tavola e tutt'intorno appaiono, sulla scia dalla padrona di casa, che sparge energia e calore come il fuoco in un camino. Ha il sorriso sempre acceso e non sapresti dire come lo sai, ma lo sai che è vero ed è anche per te. 
Il menu piccolino, sei proposte ogni giorno, secondo la spesa e le stagioni: le verdure freschissime, golose di spezie e fantasia, la carne rispettata, i grani grandi del sale di Cervia, i formaggi, i salumi e i vini di piccoli posti speciali del vasto mondo. I sapori che giocano e stuzzicano e consolano, il dolce per finire, ad augurare la buona notte. 
E poi quattro camere che hanno il nome delle stagioni e i colori dei sogni belli con le fate  - che pare sian fatine allegre e discrete e magicamente solerti a prepararle, sempre ordinate e chiare, il bagno profumato, le lenzuola candide e tese. 
Addormentarsi pregustando la torta a colazione. 

Non scrivo mai dei posti e delle cose, ma questa volta mi è necessario, perchè la Locanda alla Mano è stata un desiderio esaudito e non so come smetterla di dire grazie. 

domenica 22 marzo 2015

Locanda alla Mano, Forlimpopoli - parte 1 ovvero, una parentesi

Non scrivo mai dei posti e delle cose, ma questa volta mi è necessario. 
La Locanda alla Mano è a Forlimpopoli, e su questo bisogna aprire una parentesi. Bisogna dire che Forlimpopoli ha una piccola stazione con due binari e alla mattina ci sono i nonni coi nipotini sulla canna della bicicletta che salutano i treni e sanno tutti gli orari e i ritardi e il numero delle carrozze. Non sbagliano un colpo. Al pomeriggio i nonni, a Forlimpopoli vanno a prendere il caffè in piazza, di fronte alla Rocca. C'è un esercizio commerciale di qualsiasi tipo, a Forlimpopoli, che si chiama La Rocca. Immobiliare La Rocca, Caffè La Rocca e così via. Dentro alla Rocca, quella vera, fanno il cinema e gli spettacoli, e nel fossato hanno messo i giochi per i bimbi e due panchine.  L'altra cosa che c'è a Forlimpopoli è l'Artusi. C'è la Casa Artusi, con il ristorante e la biblioteca e i corsi di cucina e c'è lo shopping di Artusi, con tutti i negozi belli col logo e il tendone bordeaux e il festival artusiano che è anche la festa dell'inizio dell'estate con i gruppi che suonano e le ricette numerate del libro dei libri di cucina servite per le strade. Poi ci sono i vicoli dove puoi trovare la merceria che vende davvero i bottoni e le fettucce e l'elastico bianco per i pantaloni del pigiama e il ferramenta che ormai avete già capito. C'è anche il parco, col percorso benessere e la palestra, due farmacie una di fronte all'altra che secondo me sono due cugini che hanno litigato, la piscina e il ristorante della tradizione: alla domenica a pranzo vengono le famiglie da Forlì e da Cesena a mangiare i passatelli migliori della zona da quattro generazioni.  
In sintesi, per intenderci, a Forlimpopoli nel giro di cinque vie e mezzo c'è tutto quello che c'è in una Città. Comprese, dimenticavo, la pasticceria dei miei sogni, una libreria piccola come il mio salotto dove puoi trovare qualsiasi cosa compresa la libraia che conosce i libri e il ricovero degli anziani accanto alla camera mortuaria, che ancora non so decidermi se è un colpo di genio o un'atrocità. In sintesi, per intenderci, non è un caso se quando lo dici - Forlimpopoli -  inevitabilmente nel cervello si accende anche Paperopoli. 

lunedì 16 marzo 2015

Certe volte è come se ci togliessero il coperchio

Certe volte è come se ci togliessero il coperchio. Evapora ad un tratto il ribollire e i pensieri corrono alti e liberi. Entra l'aria, si asciuga il pantano, quel sugo odoroso in cui ci siamo lasciati frollire. Si asciugano i giunti e circola il vento. Pulito. La pelle croccante di sole e di cielo.  
Certo aiuta, la fatica bella della salita, trovare il proprio ritmo, l'azzurro che chiama fra i pini, la neve, il profilo delle cime che chiamo per nome e la velocità bambina, così vicina a terra, di uno slittino. 
Ma non è tutto qui, e lo sappiamo. Chissà perchè non ce lo siamo tolti prima, quel coperchio. Forse era solo la paura di prendere freddo. 


martedì 3 marzo 2015

Accorgermene mi fa sentire una mummia

Ha un buffo berretto di lana e la borsa a tracolla.  Ha comprato al mercato un giaccone che tiene ben caldo.  Ha un lungo curriculum  internazionale, molti riconoscimenti e un cospicuo conto in banca.  Ha occhi spalancati dietro occhiali modesti e il sorriso raro e totale di chi basta a sé stesso.

Ha gli occhi a mandorla e parla l’inglese di Hong Kong, che è una lingua.  Finge di sorvolare sui miei strafalcioni ma tutto di me sa, senza ombra di dubbio, che ad ogni mio verbo sbagliato gli suona un campanellino in testa.  A fine giornata avrà gli acufeni.

Mangia con gusto e completa beatitudine,  il tovagliolo infilato nella camicia.  Non fa girare il vino nel bicchiere e non annusa.  Beve.  Ha una compostezza appena trattenuta, un discreto osservare prima di. Ha imparato da adulto, forse da poco.

Ha imparato ascoltando, quindi fa le domande. E’ bravissimo a fare le domande, anche quelle che non dice ad alta voce.

Ha da poco  imparato  anche che da noi le donne si baciano, quando ci si saluta.  Sul binario dà la mano a mio marito e poi mi bacia sulle guance.  Al contrario.  Non mi ero mai resa conto che noi tutti ci baciamo sempre dalla stessa parte.  Sinistra, destra.  Lo scambio mi è scomodissimo.  Accorgermene mi fa sentire una mummia.