domenica 29 aprile 2012

Profilassi

Forse la distanza che le persone hanno bisogno di mantenere dall’infelicità altrui altro non è che l’esatta misura di quanto considerino instabile – o effimera – la propria felicità. O precario il proprio presunto  - talvolta millantato - equilibrio emotivo.

Come se la tristezza altrui potesse contagiarci e non ritenessimo di avere un sistema immunitario sufficientemente forte per respingere l’attacco.

Forse le persone più a rischio dovrebbero essere vaccinate, proprio come i bambini e gli anziani per l’influenza, per scongiurare una pandemia di egoismo.

mercoledì 25 aprile 2012

Sei

Come in un assurdo gioco di prestigio, o nel capitolo centrale del più tradizionale dei fantasy, trovarsi legati e intontiti e scoprire che due gambe potevano diventare una. Ma anche 3 e mezzo. Prima però bisognava aprire la porta. Stare in piedi mentre tutto diventa buio e contare. Se arrivi a dieci e non sei svenuta puoi partire. Basta un poco di zucchero, o la voce più dolce del mondo che conta con te. Un corridoio lunghissimo, ma io non lo sapevo che avevo il cannocchiale al contrario. Forse guardiamo sempre dentro un cannocchiale ma non lo sappiamo, e meno che mai sappiamo se è al dritto o al rovescio. Il tempo per esempio, ecco l'orologio lo guardavo col cannocchiale dalla parte giusta, questo é poco ma sicuro. E la clessidra mi rovesciava sabbia sempre nella stessa giuntura. In bocca anche, qualche volta, ma alla sera poi c'era tutta quell'operazione di lavarsi i denti con il gioco dei due bicchieri e mi sembrava che avessimo quattro braccia e forse infatti é stato da lì che abbiamo cominciato ad averle davvero. E la porta stava sempre là in fondo al corridoio. Uno due tre quattro, buio. Poi cinque, poi sei. Finché sono arrivata a dieci e poi anche davanti alla porta. Il coraggio é un inciampo a volte, a volte una necessità. Altre volte é un ostinato visitatore, torna sempre ma non sai mai quanto si fermerà. Quella volta comparve con un cesto di rose e ostinato ottimismo e io ne approfittai. Ho scoperto, poi, che un ostinato ottimismo può farti arrivare lontano ma non può cancellare l'ombra di paura che da un certo giorno in poi ti accompagna. Ma solo Peter Pan é senza ombra, e non é per caso che sta nell'isola che non c'è. Noi abbiamo un certo numero di ombre ma anche tre gambe e mezzo e la nostra isola c'è.

domenica 15 aprile 2012

Stamattina

Sento il sole, appena oltre le nuvole, come se se ne stesse dietro le tende a guardar fuori cincischiando. Come se si stesse chiedendo: "esco o non esco? .... okey dai vado". E poi uno sbadiglio: "...e se invece tornassi  a letto un altro po'....?''.

La pioggia, intanto, continua sgocciolare sul prato. Come una carezza che si prolunga: sembra che sia finita e invece poi riparte, lenta. E sotto, l'erba, ferma ferma, ne gode.

Perfino io, stamattina, infilerei galosce nelle pozzanghere, e senza occhiali e senza ombrello mi lascerei dissetare un po'.

domenica 8 aprile 2012

Il primo ricordo

Dicono che il nostro primo ricordo sia il momento in cui nasciamo per noi stessi. Fino al nostro primo ricordo siamo esistiti solo nelle parole negli altri, che ci raccontano di noi, di come eravamo e di quello che ci succedeva intorno.  A volte ce lo raccontano talmente bene e ce lo ripetono talmente spesso che ci sembra che quegli eventi facciano davvero parte della nostra memoria. Ma non è così: la traccia della nostra vita che tracciamo con le nostre mani pare che inizi nel momento in cui noi ‘siamo’ nella nostra coscienza.
Il mio primo ricordo è d’inverno, in montagna. Sono in piedi davanti a una grande finestra e appanno i vetri col respiro. Fuori infuria la tormenta. Fischia il vento e turbina la neve. E’ buio. So che alle mie spalle c’è una tavola apparecchiata per quattro. Mi arriva profumo di cibo e sono al caldo, in una casa che non è la mia ma in cui sto bene. Il centro di questo ricordo è la voce della mia nonna, quella voce di quando inventa per noi un gioco fantastico. Quella voce che ti porta via come un bianco cavallo alato, in un cielo di sorprese e di certa felicità. La nonna dice, enfatica:  ‘bambini …. c'è la tormenta!’ e poi ci dà una candela da tenere in mano, perché la zia, che sta tornando a casa, veda la luce dalla finestra ‘e non si perda, in questa tormenta’.  Accanto a me c’è un bimbo, che prende la sua candela. Per un attimo ci guardiamo, gli occhi spalancati alla stessa altezza e nello stesso incanto. Poi torniamo a guardare fuori, fra i fiocchi, con le spalle che si toccano, coi respiri che appannano il vetro.
Oggi quel bimbo è diventato papà, e credo che abbia passato la notte a guardare fisso nella tormenta, con una candela in mano per far luce alla sua bimba in cammino verso casa. Le racconterà di stanotte, della sua nascita nel giorno di Pasqua, come una sorpresa tanto attesa che ha finalmente rotto l’uovo. Finchè questa bimba non avrà il suo primo ricordo e nascerà di nuovo. Ed io, nel dirle benvenuta, le auguro con tutto il cuore che il suo primo ricordo sia dolce e magico come il mio.

domenica 1 aprile 2012

Brevemente

Leggo i giornali, twitter, qualche blog.  Ascolto la radio e la tv,  le chiacchiere del persone sul treno, alla cassa del supermercato, durante qualche cena fra amici. Si parla del governo e delle misure e della crisi.
Mi capita continuamente  di ripensare a quando, durante la riabilitazione del ginocchio, imploravo singhiozzante il mio fisioterapista di smetterla, di togliere le mani dalla mia gamba, e poi, nella pause fra una manipolazione e l’altra,  fra le lacrime gli dicevo ‘tu non ascoltarmi, fai quello che devi fare’.
Chissà come mai.