lunedì 30 maggio 2011

Certe parole


Certe parole sono proprio perfette.
Rancore, per esempio, che è talmente brutta che quando ti accorgi di provarla te ne vergogni immediatamente, come di un brufolo giallo in mezzo al naso.
O Sollievo, che solo a dirlo sembra che una brezza ti sollevi i capelli dal collo sudaticcio. Proprio perfette, certe parole. 

domenica 22 maggio 2011

Pensione


Ho già raccontato della Minolta di mio padre, della fiduciosa nonchalance con cui per tanti anni ha accompagnato le nostre avventure, rischiando ferali capitomboli dagli strapiombi rocciosi e tuffi nell’acqua salmastra, sempre pronta ad immortalare stambecchi, balene, delfini, scoiattoli sfuggenti e api ronzanti, la corolla di un fiore e le mille sfumature di un tramonto. Da quando l’ho raccontato, fedele ai miei propositi, ho accumulato un po’ di rughe intorno agli occhi e lei nuove ammaccature intorno alla ghiera.
 



Da qualche anno però, la vecchia Minolta ha ceduto il passo alle sorelline digitali e poltrisce acciambellata nella custodia come un vecchio gatto nella cesta. Tant’è che mio padre ha ventilato l’idea di esporla, insieme alle sue antenate, nella vetrinetta che ha appositamente approntato nel suo studio. Si tratta di una vetrina collocata proprio dietro alla sua scrivania, dalla quale le vecchie macchine fotografiche (e sono tante) sembrano affacciarsi al di sopra della sua spalla per guardare il grande monitor dove egli crea le sue magiche elaborazioni digitali, forse immortalando l’evoluzione della loro stessa arte, o magari ispirando quel ritoccare, ravvivare, ritagliare, ingrandire che non è più lavoro da camera oscura, ma che continua a richiedere maestria, pazienza e soprattutto un grande amore.
 



Naturalmente ho accolto con favore la richiesta di mio padre, e per qualche giorno, preparando la Minolta all’ufficiale pensionamento, ho pensato di comprare un bel rullino kodak da 36 e farle fare i suoi ultimi scatti, godendomi il piacere di quei gesti di cui continuo a sentire la mancanza, come il movimento del pollice che segue immediatamente lo scatto (perché la macchina sia sempre pronta, non si sa mai che passi lo stambecco) o il gesto del riavvolgere la pellicola, accompagnato, immancabilmente, dal mantra “speriamo che siano venute”.
 



Poi però mi sono concentrata. Mi sono chiesta in quale circostanza la vecchia Minolta aveva compiuto il suo dovere. Ho realizzato che le ultime sue foto sono state scattate nel corso nell’ultimo weekend in Val Gardena prima che i casi della vita mi privassero della possibilità di sciare e di inerpicarmi con gusto su per i sentieri. Era un weekend di gennaio e la valle era incredibilmente carica di neve e, altrettanto incredibilmente, illuminata dal sole. Ho scorso le immagini di brillanti cristalli di neve, dei miei codini, della pista da fondo e di una baita solitaria stagliata contro un cielo di un blu così intenso da far pensare ad un ritocco con photoshop. Ho visto visi stanchi e sorridenti, palle di neve saettanti, zaini stracarichi (certo, il teleobiettivo, il cavalletto, il flash aggiuntivo che non si sa mai… ). Ho risentito la stanchezza buona delle gambe montanare e il vento profumato di freddo e di fame dell’ultima discesa e ho ricordato il galoppare dei cervi che ci attraversarono la pista.  Lei, ovviamente, era pronta.

Ho deciso che non le avrei fatto scattare un altro rullino: ho deciso che quello era stato un weekend perfetto per essere l’ultimo di una stagione, per lei e per me. Da domani ispirerà il mio papà, nel fotoritocco, e me, nel prendere possesso dei miei .. ehm xx anni.  

 

domenica 15 maggio 2011

Colloquio di selezione


Venticinque anni, leggo sul cv, ma ne dimostra, con la complicità dell'abito grigio, quasi diciotto. Capelli biondi spettinati, no non quello spettinato studiato, proprio quello spettinato di chi si é gettato giù dal letto dieci minuti prima di salire in macchina. La cravatta é un po' sghemba e il nodo decisamente troppo grosso, ma la camicia è impeccabilmente stirata, lasciando intuire il tocco segreto di un angelo di mamma.

Ripercorro il suo percorso scolastico, piuttosto traballante, mentre lui sventola un sorriso disarmante come una bandiera bianca, e arriviamo rapidamente all'assunzione in banca, il suo primo lavoro.
-Dopo sei mesi allo sportello della sede centrale, si sono accorti di me e mi hanno mandato a risollevare la filiale xy, che, deve sapere, é la filiale  più disastrata di tutta la città-
 - Ah - lo guardo a lungo, nelle profondità disabitate dei suoi occhi chiari - e hanno mandato proprio lei?-
 - Sì, proprio me! - fiero e del tutto privo arroganza, come per un bel voto dopo aver tanto studiato, continua - poi le cose sono molto migliorate, sa?-
- Ah. Grazie a lei?? -  
Annuisce, e pure con una certa convinzione. Poichè non coglie la vena sarcastica, mi trovo costretta a chiedere, scandendo bene le parole: - Quale é stato il suo contributo a questo miglioramento? -
E lui, un po' disorientato dal mio cavillare - Bè... diciamo.... ho portato il buonumore, ecco!-
Giuro, non dubito.

 
Al momento la risposta mi era parsa del tutto inappropriata ( e considerandola nel suo contesto effettivamente lo era) ma oggi, ripensandoci, sarei tentata di chiamarlo per chiedergli qualche lezione privata.

 

domenica 8 maggio 2011

Canticchiami


Oggi vorrei essere una canzone, che ti entri nella testa e ti culli i pensieri, che li avvolga come un sottile strato di bambagia, perchè non si facciano male urtando gli uni contro gli altri. Vorrei essere una canzone di cui non ti liberi, che ti incanti e ti somigli, più di quanto mai avresti immaginato. Una canzone facile, che dica colpisci la palla quando arriva (che preoccuparsi, come dicevano in quel film, serve come masticare un chewingum per risolvere un’equazione algebrica), libera la testa e sciogli i muscoli, segui il ritmo, solo quello.  Oggi c’è il sole, canticchiami.
 

lunedì 2 maggio 2011

Imparare


Nuota con le braccia, straccia il suo record un giorno si e un giorno no e chi l'ha vista dice che in acqua sembra una sirena. Obiettivo: olimpiadi.   

G. ha sedici anni e un giorno ha fatto un salto che le ha cambiato la vita, dal trampolino non salta più e la sua sedia è diventata quella con le ruote. Lei ha accettato la sfida e si é caricata le gambe in spalla.
Perciò G. ha imparato a trovare un sistema per fare la doccia e per fare un sacco di altre cose e la sua famiglia ha imparato con lei. Ha imparato ad aiutare e a lasciarsi aiutare, a guardare e lasciarsi guardare. Ha imparato a ballare con gli occhi e ad accavallare i riccioli, ed é molto bella quando lo fa. Ha imparato a prendere le distanze dai suoi piedi, e chissà quante cose ancora imparerà.

Io invece ho imparato che G. corre, e lascia indietro tutti noi.