lunedì 31 gennaio 2011

Intonsa


A volte sei intorno a un tavolo di persone che non hai riunito tu ed è così riposante lasciarti portare nella conversazione senza sentire in alcun modo il dovere, nè il desiderio, di dare colpi di remi per evitare scogli affioranti o raggiungere anse che rendano piacevole, o fruttuosa, la navigazione. Ti godi la tua pizza ed il tepore, mentre fuori nevica, dispensi un numero ragionevole di sorrisi e di domande innocue, esprimi un paio di opinioni sufficientemente consuete e puoi tornare a casa, intonsa.

martedì 25 gennaio 2011

Accanto


Si era seduta accanto a lui. Non di fronte, accanto, (aveva avuto cura di spostarsi, dopo aver servito il caffè) perchè il suo sguardo potesse vagare verso l'orizzonte senza trovare per forza lo specchio degli occhi di lei. Si era seduta poco distante però, perchè cercare il punto fermo del suo volto non gli risultasse troppo complicato, o innaturale. Avrebbe potuto farlo fingendo che fosse un casuale impercettibile movimento della testa. Non ci sarebbe stata nessuna ammissione, se non lo avesse desiderato lui, nessuna esplicita richiesta di aiuto o di approvazione. Per questo per  tutta la cena aveva fatto in modo di fargli intendere che, qualora ne avesse avuto bisogno, nel punto fermo del suo volto avrebbe trovato generi di conforto, ad esempio un sorriso o un silente incoraggiamento.  Un po' come un maratoneta al banchetto del rifornimento della sua squadra. E come un maratoneta ecco che lui ora parte, lungo i sentieri che la vita e la morte gli hanno tracciato dentro. E lei è lì, a guardare ansimante uno scorcio mozzafiato, ad indicare senza parere una prospettiva, un bivio. Ad accogliere il suo arrivo in un modo che lui non saprebbe proprio dire se era sempre stata lì o se ci erano arrivati insieme.

Poi ad un certo punto si è fatto molto tardi, e lui va a dormire e lei dimentica.

E' essenziale che lei dimentichi. Nessuno ti porterebbe con se, lungo i sentieri che la vita e la morte ti traccia dentro, se tu non dimenticassi. Una volta lei aveva dimenticato di dimenticare. E lui non era più tornato.

domenica 16 gennaio 2011

Bambini felici

Si sta facendo strada in me la convinzione che l’essere stati bambini felici (*) sia una condizione necessaria per essere adulti felici.

Chi è stato un bambino felice mi pare tenda infatti a concepire la felicità come uno stato naturale e l’infelicità come uno stadio passeggero, di cui attendere il termine o da cui darsi da fare per uscire, a seconda della propria indole. In entrambi i casi appare comunque teso verso la felicità, che sovente considera un diritto (o un dovere) dell’essere umano.

Al contrario, chi non è stato felice nell’infanzia mi pare portato a ritenere che l’infelicità sia uno stato naturale dell’essere umano e a vivere i momenti di felicità come come illusori o fugaci, sempre a seconda della propria indole, finendo sovente per stemperarli in una fondamentale malinconia e privandoli dello slancio necessario a radicarsi. In questo senso mi capita di osservare che chi non è stato un bambino felice tende a considerare la felicità come un accidente temporaneo o il sintomo di una miope, per quanto piacevole, visione del mondo.

Se il ragionamento dovesse dimostrarsi sufficientemente fondato da farmi ritenere sensato procedere lungo questa la strada ne sarei terrorizzata.


(* Nota: per “bambini felici” non intendo bambini adorati o viziati o esageratamente protagonisti, bensì bambini sicuri di essere amati e protetti nella libertà di alimentare la propria curiosità ed esprimere la propria fiducia nel futuro)


lunedì 3 gennaio 2011

Propositi

"Gli uomini sono diversi, ci sono i buoni e i cattivi, ma per lo più non sono nè l'uno nè l'altro, come le rane che prendono la temperatura dall'ambiente circostante: se fa caldo, sono calde, se fa freddo, sono fredde. Bisogna fare in modo di riscaldare il clima del nostro governatorato, allora le persone diventeranno migliori." B.A.