domenica 21 novembre 2010

Davvero


Mi piace osservare la forza nei corpi fragili. Mi sembra una buona prova della teoria secondo la quale non siamo fatti solo di carne e di sangue. Mi fa credere che davvero non tutto ciò che siamo ritornerà fango, un giorno.
 

lunedì 15 novembre 2010

Le signore dissolute


Hanno i capelli di un biondo artificiale e molto chiaro e un po’ di azzurro sulle palpebre. Lasciano impronte rosse sulle sigarette sottili. Sono state ricche un tempo; di quel tempo sono rimaste case con grandi giardini o vetrate sulle cupole del centro storico. Emanano un profumo di creme e di cipria del tutto sconosciuto alle stanze da bagno di casa mia, abituate al muschio bianco e al sapone neutro. Sono donne che hanno sofferto per qualcosa cui si può solo accennare, qualcosa che scivola in un rivolo di mistero dalle rughe intorno alle labbra, come il rossetto a fine serata. Vestono abiti fruscianti, stoffe suadenti e hanno sempre qualcosa che luccica, ai polsi o nelle piccole borsette o fra i capelli. Sono ammantate di una femminilità roca e dissoluta che pare non avere nulla a che fare coi golfini sobri di mia madre né, meno che mai, con il preparare la cena. Mi affascinano da quando ero bambina: quando ne incontro una temo ancor oggi il momento in cui qualcuno si accorgerà del mio sguardo rapito e immobile e mi manderà a giocare in salotto sussurandomi “non fissare così la signora”.  
 

lunedì 1 novembre 2010

Momenti di trascurabile felicità, di Francesco Piccolo


Scrivo di questo libro perché non è un libro che vorresti leggere ma un libro che vorresti scrivere. Non che vorresti aver scritto, ma che vorresti scrivere. Ora, mentre lo leggi.
Perché capita di leggere cose come “quando quello che ti ha chiesto di conservargli il posto, finalmente arriva. E puoi dimostrare a tutti che era vero.”  Oppure: “quando esci dal cinema e piove. E rimani con altri spettatori ad aspettare, senti cosa dicono del film. E poi c’è chi vuole provarci ad andare, che fa se ci bagniamo un po’; e va, correndo con la testa stretta nelle spalle. C’è chi dice aspettiamo, tra poco smette. Chi dice: ora piove meno (e non è vero) e va. Così un po’ alla volta, correndo, se ne vanno tutti”.
E quindi, quando poi scendi dal treno e inizi a pedalare verso casa,  non puoi proprio fare a meno di scrivere nella mente il tuo elenco personale di trascurabili felicità, che quasi ti sembra ti sentire il ticchettio dei tasti mentre pedali e pensi cose come “quando andiamo a mangiare la pizza nella nostra pizzeria preferita, che è sempre piena, e non lo diciamo a nessun amico e arriviamo alle sette e un quarto quando non c’è ancora nessuno e i tavoli sono tutti pronti e bianchi e ordinatissimi e veniamo serviti da una cameriera ancora pettinata e sorridente e la gente inizia ad arrivare quando noi abbiamo già ordinato il caffè e il proprietario scuote la testa e dice a tutti  - mi spiace è già tutto prenotato - e noi andiamo a casa a guardare un film, coi piedi abbracciati sotto alla trapunta, intanto che tutti cercano un posto per mangiare una pizza e aspettano in piedi e devono urlare per farsi sentire dalla cameriera spettinata e stufa”.
E poi, a forza di scrivere nella tua testa cose come questa, finisce che arrivi a casa con tutte queste bricioline di felicità che ti sono rimaste attaccate alla labbra come trascurabili sorrisi, che sono piccoli piccoli ma tutti insieme fanno un gran brillare e magari vanno a finire nel sugo della pasta, che come niente si trasforma in un altro momento di trascurabile felicità.