martedì 22 dicembre 2009

... e si era ormai sotto Natale...

Ho visto una signora incinta scavalcare borsoni e giovani immigrati alimentata da un gran sorriso, ho visto una ragazzina appoggiare il posteriore dei suoi jeans da 300 euro sulla moquette lercia e umidiccia, ho visto il calzino bucato di uno studente di ingegneria che portava a casa un 27 e la fidanzatina, ho visto un giovane manager cedere al sonno dei giusti con tale abbandono che per poco non vedevo il suo completo grigio trasformarsi pietoso in un pigiamino felpato coi coniglietti. Ho visto, riflessa nel finestrino, l’intera presentazione della nuova campagna commerciale di un detersivo, ho visto un kinder brioss diviso fra un bancario in trasferta e un vecchio con una valigia di cartone, che hanno poi intavolato una conversazione sulle ferrovie e sul senso della vita. Ho visto il cumulo di bucce di mandarino nello zainetto di un avvocato, ho visto un uomo ed una donna scambiarsi sguardi molto silenziosi ed il telefonino di una suora prontamente tacitato da una mano screpolata cinta dal rosario.


Ho visto tutto questo fra Lambrate e Rogoredo, tornando a casa, una sera che nevicava e si era ormai sotto Natale.



 


 


 


 


 


 

domenica 13 dicembre 2009

Sssth

Si è addormentata, Prishilla. Come un bimbo portato in giro nel passeggino, del tutto ignara e piuttosto disinteressata alle commissioni che intorno a lei si compiono – affari, contratti, progetti, fatture, notai, relazioni e grafici e indici e preventivi – si è lascia cullare dal rollio delle ruote che procedono sicure lungo la strada, giocherellando distratta coi profili di innocui pensieri – bianchi pon pon, stelle di neve, geroglifici di rami in attesa di fiocchi e palloncini – e poi lentamente si è addormentata. Quando le cartellette saranno riposte nella libreria e il telefono avrà smesso di suonare, quando il profumo delle meringhe avrà raggiunto anche circuiti del pc, allora aprirà gli occhi e racconterà. Dunque, sssth.   

mercoledì 25 novembre 2009

Aunt Therapy

Mazzi di piccoli bimbi e colorati cappottini che trotterellano e saltano a piè pari sui tombini , nelle pozzanghere, sulla faccia di Hello Kitty e nella tua giornata.  Codini un po’ sfatti e vanitose treccine, fastidiosissimi berretti calcati sulla fronte che prude, nasi colanti e lingue affannate, curiose, socievoli.  Sporche fulminee manine in continui rapaci agguati alle tende, ai vestiti, alle pareti invitanti imbiancate di fresco. Manine immancabilmente munite di infaticabili pennarelli,  spargono gomitoli di colore da cui sboccia, ad un tratto, una testa con lunghe gambe tremolanti, testimone precoce di un talento acclamato quasi pronto a sbocciare. Occhi timorosi, convinti, infine, dal capitolare di una risata, che ti prendono per mano e ti mostrano camerette e piccoli preziosi amici di pelo; occhi grandissimi, che rimangono immobili e trattengono il respiro, fissando, nel buio improvviso, l’avvicinarsi di un numero piccolissimo di candeline accese. E poi bocche ridenti e bocche intimidite che soffiano e manine eccitate che strappano, impacciate e tenaci, carte da regalo e nastri e fiocchi. Ed infine una morbidissima vestaglietta rosa, con le maniche invariabilmente troppo lunghe, e la buonanotte.


domenica 15 novembre 2009

Domenica sera, novembre

Ah se novembre altro non fosse che la pizza nel forno e tovaglioli gialli e la promessa di un libro sul comodino e tu potessi affrontare il lunedì armata solo della tua sciarpa nuova, del colore del cuore, con il cuoio amico della tua borsa grande a fare da scudo e attraversare a piedi una nebbia sottile come il dormiveglia, il dormiveglia del lunedì, in novembre, quando ancora non sai se più tardi pioverà.

lunedì 9 novembre 2009

A morte la ciabatta

Al di là di ogni possibile polemica sugli ipotetici interessi in gioco, con questo accanirci e strepitare contro un'influenza ho l'impressione che rischiamo di fare la fine di un gran branco di terrier da salotto che starnazzano all'inseguimento di una ciabatta, completamente dimentichi del prato che c'è al di là della porta finestra e delle prede, e forse anche del gusto di averla vinta sugli starnuti a colpi di latte e miele e vecchi film e coperte sui piedi. Wof.

domenica 1 novembre 2009

Io e la Boxe

Qualsiasi storia ben raccontata è avvincente. Qualsiasi partita, qualsiasi incontro, match, combattimento o guerra, qualsiasi corsa, qualsiasi discesa, sulla neve o sulle rapide o agli inferi. Qualsiasi persona, ben raccontata, è avvincente. Qualsiasi popolo, folla o famiglia, qualsiasi fuga, o ritorno, o bugia, qualsiasi giornata, qualsiasi passeggiata, qualsiasi risveglio.


C’è in questo pensiero la gratitudine per ogni storia ben raccontata che mi ha avvinto e mi avvincerà ed il rammarico per quelle storie che se ne prendono il largo non narrate, come acqua in cui nessuno ha immerso le mani o ha lasciato giocare gli alluci.




 


 

lunedì 26 ottobre 2009

Parentesi

Preoccupazioni fuori dalla finestra, sullo sfondo di foglie brune e oro, appaiono e scompaiono scompigliate dal vento e dal sole, al di là dei vetri, comunque. Dentro luce e colore, voci, visi, trillare di stoviglie, briciole salate e baffi di cioccolato. Rimanere ancora un attimo, fra parentesi.

lunedì 19 ottobre 2009

Va pensiero

D’ora in poi, nelle note del Nabucco riecheggerà per me l’emozione di una mano invisibile sulla spalla (non meno intensa perché invisibile, proprio come il canto non perde nulla della sua forza solo perché è difficile intendere le parole), una mano invisibile e cara che mi guida verso una sciarpa rossa e il sorriso che la indossa, una mano che in questa stretta, e in questo incontro, mi racconta che l’amore ha mille forme e tutte possono abitare lo stesso palazzo e la stessa barba bianca. E ancora mi racconta che la gioia ed il dolore non sono due facce di una medaglia, che se ne vedi una l’altra scompare, ma come queste voci, che si intrecciano in un coro di tenori e di soprani e riempiono questo teatro e queste orecchie aperte nel buio, anche la gioia ed il dolore, la tenerezza e la malinconia, la mancanza e la presenza, possono cantare insieme la loro sinfonia e vivere con noi, per sempre.  

domenica 11 ottobre 2009

Tema: Quella volta che ho dormito e non ho pigliato pesci


Tendenzialmente li lascio a casa loro, i pesci. Tutt’al più mi accontento di pigliarli con la macchina fotografica. Certo però che certi pesci varrebbe proprio la pena pigliarli, nel vero senso del termine. Soprattutto la Vigilia di Natale, soprattutto se è la prima che passi con tuo marito e soprattutto soprattutto se hai invitato a cena la famiglia di lui.


Tendenzialmente amo dormire. Sono una di quelle che mettono due o tre sveglie dal terrore di non riuscire a sciogliersi dal dolce abbraccio di Morfeo, e anche una di quelle che la domenica non ne vuol sentire parlare di riemergere dalle coperte prima che il sole sia bello alto nel cielo. E se piove cosa mi alzo a fare.


La Vigilia di Natale in questione di sveglie avrei dovuto metterne sei o sette, vista la tentazione di infilare la testa sotto al cuscino come il noto struzzo sotto alla sabbia. Da una settimana mi chiedevo quale demone mi avesse potuto fare lo scherzo di fare uscire dalle mie labbra l’invito. La Vigilia di Natale? La famiglia di Lui? Io cucinare per loro? Suocera, suocero, cognati e bambini? C’era un marziano dentro di me, quel giorno in cui l’ho detto. Ma perché, perché poi mi aveva abbandonato? Marziano codardo, dovresti essere qui a possedermi e ad apparecchiare, preparare il sugo ai funghi e procurarti il pesce! Accidenti a te.


Da una settimana imploravo il ritorno del marziano e intanto decoravo la scala con i rami di pino, appendevo palloncini, renne e stelline in ogni dove, nello strenuo tentativo di rendere quella casa - nuova e ancora troppo spoglia e troppo poco mia - un posto in cui potesse brillare almeno una scintilla del Natale. I risultati continuavano a rimanere piuttosto deludenti, in compenso per appendere la ghirlanda alla porta di ingresso ero riuscita a chiudermi fuori in ciabatte, il che aveva implicato la necessità assoluta di suonare alla porta degli sconosciuti vicini, consegnando loro una perfetta occasione per una buona azione che infondesse magicamente  nel vicinato lo spirito del Natale. Occasione mancata perché nel loro salotto imperava la lite con il figlio (vita molto bassa e frangia molto lunga) per l’ora del rientro dalla discoteca: ovvero prego telefoni e poi vada ad aspettare sulle scale.


Così, quella mattina della Vigilia, al suono della sveglia la mia unica reazione fu di picchiettare nervosamente sul tasto snooze in una sorta di segnale morse. Tre punti tre linee tre punti. SOS. Ancora cinque minuti. Tre punti tre linee tre punti. SOS Marziani mi sentite? Ad un certo punto era anche comparso un piccolo ometto verde, ma invece di correre in mio aiuto rimaneva fermo con il dito puntato verso di me e faceva DRIIIINNNN. O Mamma Santissima: che ore sono??


Era tardissimo, così mi ritrovai, vestita alla bene meglio e con l’unico conforto di un caffè trangugiato davanti all’ascensore, al'entrata della pescheria. Un sole pallido era alto nel cielo e dalla porta del negozio, che, accidenti a lui, non accettava prenotazioni, si riversava in strada una piccola folla. Signora deve prendere il numero, mi redarguì un coro di simpatiche vecchiette non appena tentai di allungare il naso verso la soglia. Okey Okey. Alla faccia dello spirito natalizio. Che fossero andate a colazione dai miei vicini?


Presi il numero. 75. Guardai il tabellone con il cuore in gola: segnava 3. Sconfortata attraversai la strada per un rinforzo di caffè e, confesso, feci un pensiero su bicchierino di sambuca. Al ritorno il tabellone mi diede una certa speranza, e con nonchalance riuscii a dare un’occhiata verso il banco frigo, che sembrava preso d’assalto dagli unni. Con mio grande sollievo  riuscii a scorgere una gran massa di branzini dagli occhi lucidi. Finchè una voce annunciò: Settantacinque! Ed io pronta: Sono qui Sono qui. Ma un energumeno dall’aria truce mi trapassò il costato con sguardo assassino. Signora lei ha il Settantacinque C, ora tocca al Settantacinque A. Che sarebbe lei? Sì. Ah.


Senza ritegno sedetti sul gradino, guardando con la coda dell’occhio la massa di branzini che si assottigliava e ad ogni numero mormoravo ti prego ti prego prendi i gamberi, la rana pescatrice, la piovra, no il branzino no ti prego ti prego. Stavo per chiedere ad una signora dai bianchi miti capelli cosa ne pensava di una cena della Vigilia a base di pollo arrosto, così tanto per chiacchierare, quando alle mie orecchie arrivò il grido. Settantacinque. C. O Mio Dio. Mi voltai col cuore in gola. Era rimasto solo un branzino striminzito. Posso darle una bella orata. Ehm, si cucina come il branzino? Più o meno. E’ mia.


Giuro, l’anno prossimo non vado neppure a letto.


sabato 3 ottobre 2009

Come se fosse un bigliettino passato sotto il banco

“Sono venuto a casa tua ogni giorno negli ultimi sei giorni. Non so perché ma avevo bisogno di rivederti”. Lei taceva (..) e scoppiò a ridere, a ridere più forte di quanto avessi mai sentito ridere qualcuno, e la risata portò alle lacrime e le lacrime portarono altre lacrime e poi cominciai a ridere io, di vergogna, la più profonda e completa, “Venivo a cercarti” ripetei, come a strusciare il naso nella mia stessa merda “perché volevo rivederti” e lei rideva, rideva, “Questo spiega perché….” Mi disse quando le riuscì di parlare. “Il perché di cosa?” “Spiega perché in questi giorni non eri mai a casa tua”. Smettemmo di ridere, io accesi il mondo dentro di me, lo riordinai e lo rimandai fuori in forma di domanda: “Ti piaccio?”. (J.S. Foer)


Questo spiega perché tante volte non riesco ad accenderti gli occhi, e veniamo a cercarci e non ci troviamo. Dovrebbero insegnarcelo, a scuola, che qualche volta lasciarsi amare è amare e che qualche volta voler amare è un modo molto sottile per non lasciarsi amare. Starò a casa più spesso, d’ora in poi: quando verrai, con la tua felicità per me, mi troverai. E non cercherò subito il modo per ricambiare.

mercoledì 23 settembre 2009

Pensando a chi soffia sulle candeline

Come se a 20 anni, coi muscoli fiammanti scalpitanti, coi pensieri frementi e vaghi e onnipotenti, con la vista acuta e la mano ferma e nessuna idea di cosa può trovarsi dietro la prima collina, come se a 20 anni, ad un certo punto, noi lanciassimo la nostra bianchissima pallina da golf, ferma sul tee, bella centrata sulla linea di partenza. Sciolto, potente, ignaro.


Come se gli anni a venire fossero poi un passo dopo l’altro dietro la traiettoria della pallina. E come se ogni tanto, in un giorno come potrebbe essere oggi, ci si ritrovasse con la sacca infangata e la fronte sudata, a fare il conto dell’handicap e delle buche, sapendo però che quello che davvero conta altro non è che questa straordinaria camminata nel verde, e il battito del cuore ogni volta che prepari il colpo, e questi esseri umani che trattengono il fiato per te e il tuo swing è il loro swing.


E l’augurio è che davanti a queste 50 candeline si possa ripensare a quel tee-shot ed essere grati.

venerdì 18 settembre 2009

Relatività

Non avevo mai realizzato che, in proporzione alla durata delle rispettive vite, le montagne si muovono ben più velocemente degli esseri umani.


E' facile dimenticare che la finestra dalla quale guardiamo il mondo è molto piccola.


venerdì 11 settembre 2009

Family Tales

E’ biondo questo terrore stretto fra braccia scure. Ha gli occhi celesti e limpidi di un destino senza requie, circondato di vocianti, reclamanti, inequivocabili fratellini bruni. 


E’ rotondo, angusto e senza appigli questo pozzo di cui non si vede il fondo, come il mormorio dei vicini che si affaccia e piove dalle porte accostate di questa tribù di ringhiera.


Il mormorio che si fa strada, senza tregua e senza riposo, risacca che diventa fragore, onda erosiva che allarga le crepe di un desiderio mai confessato, soffocato, schiacciato, il peccato.


E’ biondo questo bambino che porta alla luce il peccato mai consumato e compie la folle punizione di un ventre che svergogna il pensiero.


E’ rotonda e senza appigli la colpa dipinta dal coro sul volto di nonna, così chiara e celeste che le lunghe ciglia scure non poterono adombrarla neppure il tempo di prendere un respiro, così angusta che neppure il battito d’ali di un dubbio trovò mai lo spazio per dispiegarsi.


Il silenzio seguì al salto, ma ancora oggi qualcuno mormora che nel fondo del pozzo possa vedersi, certe notti, un piccolo volto biondo, stretto fra braccia scure. Il terrore.

lunedì 7 settembre 2009

E' questa in fondo la lezione

".... Perchè questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue non è affatto una cosa ma è semplicemente una storia. E tutto ciò che esso contiene è una storia e ciascuna storia è la somma di tutte le storie minori, eppure queste sono la medesima storia e contengono in esse tutto il resto. Quindi tutto è necessario, ogni minimo particolare. E' questa in fondo la lezione. Non si può fare a meno di nulla. Nulla può venire disprezzato. Perchè, vedi, non sappiamo dove stanno i fili. I collegamenti. Il modo in cui è fatto il mondo. Non abbiamo modo di sapere quali sono le cose di cui si può fare a meno. Ciò che può venire omesso. Non abbiamo modo di sapere che cosa può stare in piedi e che cosa può cadere. E quei fili che ci sono ignoti fanno naturalmente parte anch'essi della storia e la storia non ha dimora nè luogo d'essere se non nel racconto, è lì che vive e dimora e quindi non possiamo mai aver finito di raccontare".


(Cormac McCarthy, Oltre il confine)

domenica 30 agosto 2009

"Si invecchia come si è vissuti"

.... allora invecchierò in ritardo. Precipitevolmente. Maldestramente. Sentendomi in colpa per non essere invecchiata prima, e di più.


Invecchierò intensamente e caparbiamente. Non risparmierò nulla e non chiederò niente a nessuno. Ma avrò un gran bisogno di aiuto.


Non necessariamente invecchierò in compagnia ma, se così sarà, sarà una buona compagnia. Potrebbe essere immaginaria, in effetti, ma tanto non me ne accorgerò.

lunedì 24 agosto 2009

Per Elisa

Ti aspettavamo in anticipo, come bimbi che iniziano ad aspettare babbo natale fin dal primo pomeriggio; ti avevamo già dipinto come una piccola irriverente guastafeste immaginando il tuo arrivo nei momenti meno opportuni, e ci piaceva pure pensarti così. Invece tu, saggiamente, ti sei presa tutto il tempo che ti spettava, senza farti mettere fretta da nessuno. Che buon inizio. E così, mentre io volavo nel cielo fra due continenti, cullandomi nel presagio del piccolo paradiso che mi attendeva in mezzo all’oceano, tu attraversavi il corpo della tua mamma e venivi al mondo, spalancavi i polmoni e ti tuffavi nel tuo primo respiro. Ed è stato dolce il pensiero che mentre io mettevo in bocca l’erogatore e scoprivo la bellezza del gioco dei delfini e dei loro richiami tu scoprivi il sapore del latte e la carezza dell’aria e il suono della tua famiglia. Così, quando finalmente ho sfiorato con le dita le tue guance rotonde ho subito pensato alla pelle di seta dei delfini e al tepore dell’estate. Ed ecco che l’augurio che mi spunta oggi nella penna è che ti rimanga sempre questa pelle di sole e di onde, ad inondare il mondo d’estate.



 


 


 


 


 


 


 

lunedì 27 luglio 2009

Domenica mattina, d'estate

Affondare in una fiaba. Specchiarmi nella magica pozione che cura tutte le ferite e riconoscere la bambina che ha attraversato l’armadio (mi ricordi qualcuno, tu). Arrendermi all’attacco della piccola spada di un topo coraggioso e lasciare campo libero, senza più remora alcuna, ad un nano dalla barba rossa e alla sua completa fedeltà al destino. Chinare il capo e le ginocchia davanti all'immensa criniera di un leone e all’infinita potente bontà.  


Partire, su veliero o su drago. Chiudere gli occhi. Paese delle meraviglie, arrivo.

domenica 19 luglio 2009

Cinque libri per l'estate

Sono stata incatenata: mi si chiedono 5 libri per l’estate, due che vorrei leggere e 3 che consiglio


Fatte salve le considerazioni sulla difficoltà di questo compito, per le quali rimando al post di Aragonbiz, (che in cotesto modo paga dazio per la catena!) chè meglio io certo non saprei esprimerle, ecco i miei libri.




I “consigli”:


Stef Penney, La tenerezza dei lupi


.... perché è una Storia e non è così facile come sembra trovarne nei libri, inoltre c’è troppo freddo e troppa neve per poter attraversare questa Storia in inverno….


 


Daniel Pennac, Diario di scuola


.... perché i compiti delle vacanze ci vogliono e questo è un compito che vale la pena fare (per chi è rimasto indietro, come me…)


 


Andrea Vitali, Almeno il cappello


... perché è perfetto da viaggio: si può guardare fuori dal finestrino e ascoltare anche un po’ di musica in sottofondo ma all’arrivo si fa fatica a rimetterlo nella borsa e la sensazione è di non aver viaggiato da soli.


Ed ora i libri che vorrei leggere:


Tre scene da Moby Dick, tradotte e commentate da Alessandro Baricco: perché con Moby Dick ho un conto in sospeso (e non sono la sola….) e chissà che Baricco (che a mio avviso, scriva come scriva, rimane sempre un gran lettore) non mi aiuti a regolarlo


Uno qualunque di Corman McCarthy: perché dopo La Strada non ne ho più il coraggio e forse invece mi perdo qualcosa. Si accettano consigli……..


 


Infine, i miei inviti: Pim, Sara, Pinky e... chi ha voglia!


domenica 12 luglio 2009

La famiglia RB

Quando e come sia stata concepita non si sa.


Si mormora di cremosi e chiacchierini cappucci con brioches, paiono quasi certi alcuni mazzi di fiori sbocciati in piovosi pomeriggi estivi, c’è chi può testimoniare di domeniche infarinate e di fragranti e lisce sfoglie galeotte. Anche Prezzemolo ne avrebbe da raccontare, di giostre e di gelati, ma si sa, è riservato lui, nonostante le apparenze.


Fatto sta che la famiglia RB sta venendo al mondo e sbaglierò ma mi piace pensare che sia cresciuta un poco anche in una piccola marittima pensione affacciata sui navigli e protetta da un orso guardiano, e che le sue articolazioni siano state ben strette e collaudate insieme ai pezzi del divano Ikea che tante volte ha accolto anche i miei sonni.


Fatto sta che la famiglia RB sta nascendo, come una preghiera sul bellissimo ciglio di una Rupe, e assomiglia ad un brillante su un sentiero di montagna e ad una focaccia croccante e profumata, coi suoi granelli di sale e il lievito della terra.


Ed io sono tanto felice e fiera di essere qui , a testimoniare.

lunedì 6 luglio 2009

Quando le parole non vogliono saperne

Quando le parole non vogliono saperne di stare  in fila, e ti sembrerebbe talmente più semplice prendere un pennello e lasciar giù i pensieri sotto forma di colore. Non sapresti  neppure tenerlo in mano un pennello, ma quanto ti sembra liberatorio pensare ai pensieri che colano colore sul muro, sgocciolano sul pavimento e sui vestiti.


Una lunga pennellata gialla e poi blu, rotondo, come fosse un sole. Sbuffi arancioni placati a tratti da gocce di un blu pervinca. Lingue rosse a lambire un groviglio di verdi che fuggono e inciampano, poi dal basso sale piano una melodia di grigi e piccoli passi celesti prendono il largo.


Quanto sembra nera e piccola, e inadeguata, certi giorni, la punta della penna.

lunedì 22 giugno 2009

Tagliarle i fili.... no?

     Lunedì– ore 19.45


-Pronto?


….


 Pronto??


….


-PRONTO???


-Chi parla?


-Signora ha chiamato lei, me lo dica lei chi parla


-Io cercavo Renato


-Ha sbagliato numero


Martedì – ore 19.47


idem


Mercoledì – ore 19.52


idem


Giovedì – ore 19.43


idem


Venerdì – ore 19.50


 


-Pronto?


….


-Pronto??


 -….


-PRONTO???


-Chi parla?


-Signora ha chiamato lei, me lo dica lei chi parla


-Io cercavo Renato


-Ha sbagliato numero


-No!


-Signora è una settimana che chiama qui cercando Renato: questo numero è sbagliato.


-No no è giusto, è scritto qui


-Qui dove?


-Sul mio libretto


-Ecco appunto: è sbagliato, lo cancelli


-Ah no che non lo cancello è scritto bello ordinato con il nome e vicino il suo numero


martedì 16 giugno 2009

Aria

Certo non parlo per me, che ho sempre pensato che il fatto di essere stata depositata dalla cicogna nella famiglia in cui sono nata sia stata una tale fortuna che non poteva essere che me ne fosse rimasta ancora un po’ da spendere e per questo neanche mi sogno di giocare neppure al grattaevinci. Però guardandomi intorno mi sono fatta l’idea che sia un peccato che non esista la possibilità di un divorzio fra genitori e figli. Non parlo di drastiche rotture, liti o quantaltro. Di quelle che lasciano maleodoranti scie di sensi di colpa e sempre un’ultima parola da dire o da aspettare invano. Parlo di una formalità. Un momento che segni inequivocabilmente un prima e un dopo, oppure un invece. Un momento in cui si scriva da qualche parte chi si prende i bicchieri e chi il quadro della zia Teresa, quali obblighi e quali doveri rimangono a chi e come devono essere soddisfatti. Per poter essere figli e genitori corretti, ma liberi. Liberi di ricominciare. Una firma qua e la corte si ritira per deliberare. Nessun colpevole, nessuno assolto. La seduta è tolta. Tutti fuori. Aria.

martedì 9 giugno 2009

...

Dedicato  a tutte quelle rocce che dopo il terremoto sanno guardarsi le crepe e prendersene cura. A quelle rocce che sanno guardarci dentro, alle crepe, e riempirle piano piano lasciando entrare le carezze,  fino in fondo, e il gusto lungo di un bicchiere di vino e la risacca delle onde e un piccolo pirata, con il suo tesoro. Dedicato a quelle rocce che sanno far uscire la polvere della rabbia, perché è quella che fa sembrare le crepe già piene e impedisce alla materia nuova di entrare, che tiene le carezze sulla soglia e chiude fuori l’aria nuova.


Dedicato alle rocce che hanno molte crepe, perché dentro alle crepe fanno il nido i semi e io lo so.

lunedì 1 giugno 2009

Al chilometro 13

C’è una valle di boschi verdi e funghi ed in fondo un monte, che quando ha la cima incappucciata di nubi è sicuro che domani piove. Ci sono poche case, sparse, ogni tre case è una frazione, con il suo nome. Case Mutti, La Tosca. Nomi così. Ogni tre o quattro case, divise fra loro da un paio di curve o da un ciuffo di acacie. Molte case disabitate. Tetti sconnessi e vecchie stalle. Qualche volta un giardino, che veniamo su d’estate e qualche volta la domenica. Ma ci sono anche le case nuove di chi quando si è sposato si è fatto la bifamiliare con il cognato e nel giardino davanti ha messo l’altalena e appoggiata alla porta c’è  la mountain bike del grande. Sempre nei piedi. Riccardoooo. E ci sono le case che davanti alla porta hanno la siepe di rose che ha piantato la nonna Peppina, che era la moglie del nonno Tonino, che è andato in America e non è più tornato. Ci sono sempre le chiavi sulla porta di casa, e quando si passa si saluta e si chiede come sta la Giovanna e c'è da accettare o da rifiutare un caffè. Perché dietro ad ogni porta c’è un viso, e un grembiule, c’è qualcuno che ti ha vista da piccola e ha detto almeno una volta “come è magra”.


Al chilometro 13 c’è un orto, una piccola corte e una casa di sassi. Ogni sasso è un ricordo: una giornata di pioggia passata a decorare i vasetti della marmellata, una carezza su quel viso fotografato in bianco e nero sulla mensola del camino, un nodo di rabbia e di voglia di scappare in città. Altrove. Ma ogni sasso è un ricordo, un pezzo di pane cotto nel forno davanti alla legnaia, un sorso di caffelatte la mattina che c’è ancora buio e sbrigati che la corriera non aspetta. Ogni sasso. Per questo davanti alla porta della cucina c’è un pergolato nuovo nuovo e vasi di gerani parigini sul muretto e dalla finestra profumo di sugo di funghi, che arrivano amici per pranzo.

martedì 26 maggio 2009

Bastava un giorno, e forse non lo sapevo

Avevo bisogno di un giorno per mettere in fila le mie magliette, per togliere la fodera al lettino per il sole, per impilare le ciotole del gelato, per far girare gli alluci. Avevo bisogno di un giorno per trasformare il fastidio del caldo sotto i vestiti nella mia piccola sciocca danza di benvenuto all'estate.

venerdì 15 maggio 2009

Capitolosei

Il capitolo sei è verde come l’erba nuova del prato davanti alla chiesa del quartiere.  Il capitolo sei è ancora sgombro della tensione della Padrona di Casa, ha dentro solo emozioni semplici come bimbi vestiti per una festa, come le rose bianche di un rotondo bouquet. Nel capitolo sei Lei indossa l’abito dei suoi sogni e ha una piccola cascata di luci alle orecchie e fra i capelli.  Nel capitolo sei Lui e Lei si prendono per mano, aprono la porta di casa e si tuffano, senza ritegno, in un mare di affetto, di sorrisi e  lampi di flash. Nel capitolo sei Loro, ad un certo punto, nello scrigno dove si sono trasformati, riempito di fiori e di amici,  promettono. Lei sorride mentre pensa ogni capitolo, fino all’ultimo capitolo. Lui ha una carezza nella voce mentre mormora così sia.  rit bouquet




giovedì 30 aprile 2009

Ad annusarla bene

Perfino nella pioggia, ad annusarla bene, si avverte il desiderio del sole. Proprio come capita di desiderare sentire certe parole, a tal punto che non lasciamo spazio perchè vengano dette. E quindi piove, piove.

sabato 25 aprile 2009

Tienile strette, le parole per dirlo

Cerco sempre nuove parole per dirlo, nel tentativo di non dimenticarlo: perchè solo quando l'avrò dimenticato sarà davvero mai più. Qualcosa dunque, è ancora in mio potere.

sabato 11 aprile 2009

Se sapessi suonare, oggi suonerei questo

Sentire il sudore.  Non avere più fiato. Rosso, il calore, sul viso. I polmoni stretti, affamati, il cuore che pulsa in ogni parte del corpo. La fatica, in ogni muscolo. Ancora, un altro passo, un altro, fino alla curva. Energia lungo le gambe, le mie. Ansimare, pulsare, correre. Pedalare. La fine della salita. La prossima salita. Sudore. Sete. Muscoli contratti, muscoli obbedienti. Un altro giro. Non ce la faccio. Sì che ce la faccio. Le mani sulle ginocchia, il respiro lungo, asciugare il sudore. Dammi un cinque. La fatica, la fame. Bella, vera, sana.  La doccia, con la testa che ascolta solo le gocce.  La stanchezza, buona, sana, viva.  Il calore che viene da dentro. Quel piccolo dolce dolore dei muscoli che hanno fatto il loro dovere. Quello scondinzolare quieto del corpo, dopo la corsa.  

domenica 5 aprile 2009

Evoluzione di una certa specie?

"E' proprio come pensavo: indatto all'obbedienza e nessuna propensione al comando" (D.Pennac)


Può essere che la propensione al comando sia un'evoluzione dell'attitudine ad obbedire?  

sabato 28 marzo 2009

Le ho trovate

Le ho trovate sparse negli angoli più disparati. Impolverate, sgualcite, stanche di scappare a nascondersi al suono dei miei passi.  Le parole per questo momento. Non riuscivano proprio a stare vicine le une alle altre.  Impossibilitate fisicamente come magneti con la stessa polarità. Sono stata costretta ad infilarle con l’ago ad una ad una finchè non hanno preso la forma di una recalcitrante improbabile collana. Emozioni l’una contro l’altra. Due oceani che stridono. Impresentabile. Impronunciabile.  Ho rinunciato.  Sono uscita su questo mio terrazzo nuovo, una mattina che il cielo era grigio, caldo e disordinato, e le ho liberate. Ho chiesto ad una sola di rimanere, una qualunque, decidessero loro. E’ rimasta Tenerezza. Le altre hanno preso la via delle montagne e non si sono voltate indietro.


Ho buttato il filo della collana rimasto nudo e ho sostituito le parole con un portachiavi morbido e buffo e un grande mazzo di rose gialle.

giovedì 26 marzo 2009

Da qualche parte

Eppure c'erano, da qualche parte. In mezzo a tutta questa carta, su uno di questi scaffali. So di averle, o almeno di averle avute. Certo non sono state buttate. No, è impossibile. Potrebbero essere finite nella cesta dei panni sporchi? Ma dove diavolo le avrò infilate. Mi sta bene, così imparo a lasciare tutto alla rinfusa. Ho guardato in tutti i cassetti. Ho troppi cassetti. Eppure c'erano, so di averle avute, le ho messe da qualche parte, delle parole, per questo momento.

mercoledì 18 marzo 2009

Semplicemente

"Quando Douglas passeggiava il suo cervello correva; quando correva il suo cervello passaggiava". (Ray Bradbury)


Io corro, il mio cervello rallenta e, dunque, non scrivo. Semplicemente.

venerdì 6 marzo 2009

Capitolocinque

Il capitolo cinque è liscio, luminoso e frusciante come la seta dell’abito dei suoi sogni. Ha i colori pastello di una bella boutique e il silenzio rotto solo da tacchi che si affrettano ad esaudire desideri .


Nel capitolo cinque Lei alza le mani e si arrende, travolta dall’evidenza del futile pervasivo piacere di guardarsi  riflessa in alcune paia di occhi e vedersi  Bella, piegata dalla potenza di fuoco della danza di un orlo perfetto intorno alle sue gambe, definitivamente vinta dal lucido subdolo potere dello Specchio. Nel capitolo cinque Lei, ad un certo punto, dirà: lo voglio.

venerdì 27 febbraio 2009

Capitoloquattro

Il capitolo quattro ha i caratteri appuntiti e faticosi delle mani screpolate dal freddo, della ricerca delle chiavi in una borsa troppo piena e delle gomme  sgonfie che non ne vogliono sapere di prendere l’avvio della salita.


Nel  capitolo quattro Lei ha messo un gran pacco di dolci pensieri nel cestino della sua bicicletta e si avvia lungo il viale ancora privo di foglie, con il collo avvolto nella grigia lanosa consapevolezza che fra  l’essere e il voler essere c’è di mezzo quell’angusto passaggio nella cruna dell’ago.

giovedì 19 febbraio 2009

"L'età ti fa capire certe cose...

.. Per esempio, adesso so che la vita di un uomo si divide fondamentalmente in tre periodi. Nel primo uno non pensa neppure che invecchierà, nè che il tempo passa, e che fin dal primo giorno, quando nasciamo, camminiamo verso un unico e identico fine. Passata la prima giovinezza, comincia il secondo periodo, nel quale uno si rende conto della fragilità della propria vita, e quello che in principio è una semplice inquietudine va crescendo nell'animo come un mare di dubbi e incertezze che ti accompagnano durante il resto dei tuoi giorni. Per ultimo, alla fine della vita, si apre il terzo periodo, quello dell'accettazione della realtà e, di conseguenza, quello della rassegnazione e della speranza. Lungo la mia vita ho conosciuto molte persone che sono rimaste agganciate a uno di questi stadi senza mai riuscire a superarli. E' qualcosa di terribile."


(Carlos Ruiz Zafon)

martedì 10 febbraio 2009

5 febbraio

Stasera ci rivedremo, dopo vent'anni. Cosa indosserò, io che l'ultima volta avevo la gonna di nay oleari e la mattina davanti allo specchio mi gonfiavo la frangia con la spazzola rotonda e che ora la mattina davanti allo specchio mi strappo tenace quei due capelli bianchi? Cosa voglio si veda stasera di me e della strada che ho percorso e della vita che mi ha attraversato? Cosa ci diremo adesso noi, che siamo stati noi solo nel pavido silenzio davanti a un dito che scorreva i  nomi sul registro? Cosa vedrò di voi, ora che si sarà reso evidente che le profezie dei voti dei compiti in classe non si sono punto avverate? Ci siamo vicendevolemente immaginati da grandi, ma poi quando lo siamo diventati non c'eravamo a ricordarci l'un l'altro cosa saremmo dovuti diventare e stasera ci guarderemo in faccia e faremo due conti. Dai, vestiti e vai, che sta per suonare la campanella.

giovedì 5 febbraio 2009

Lo stato del Tempo

Ci sono persone che intendono il Tempo come elemento allo stato solido. Ordinano unità predefinite di tempo come zollette in un piattino. Cercano la configurazione ottimale: spostano i pezzi, li girano. Se proprio un pezzo non ci sta lo buttano, se proprio rimane un buco respirano.


Altre persone invece si rapportano con il Tempo come se fosse un liquido. Lo riversano in un contenitore e lui si adagia, distribuendosi in funzione delle pendenze e degli anfratti, del livello di comunicabilità o incomunicabilità dei vasi. Lascia che sia.


Poi ci sono coloro che lo considerano allo stato gassoso. Lo soffiano fuori. Lo comprimono fra le pareti. Può starcene ancora. Bhuum. E’ proprio a costoro che  capita sovente che il Tempo se ne voli via, fra i frammenti dell’esplosione.

giovedì 22 gennaio 2009

Via Galimberti, in gennaio

Ha i baffi grigi e un maglione girocollo di una tonalità di poco più scura. Ha il viso e le mani di chi ha lavorato all'aperto e un paio di occhiali che da poco si è risolto ad indossare. La montatura l'ha scelta sua nipote, quella che fa l'università, che sua figlia tra la casa e il lavoro tempo proprio non ne ha, e poi mamma hai dei gusti così antichi: dall'ottico col nonno ci vado io. E' bello vederlo in questa mattina gelida e assolata, seduto in maccchina sotto casa di lei.


Lei ha un dolcevita color lavanda e i capelli corti bei lucidi, perchè ha ripreso a sciacquarli con l'aceto ma non lo dice a nessuno perchè se ne vergogna un po'. Figurati alla mia età. E' bello vederla, seduta sotto casa nella macchina di lui. Che poi, a chiamare casa questo appartamentino in città lei proprio non si sa abituare. D'altra parte suo figlio ha pure ragione, mamma non sto tranquillo a saperti qui da sola, e così eccola qui: camera, bagno, soggiorno, cucinotto. Se hai bisogno alzi il telefono e in due minuti sono da te.


Lui ha il braccio intorno alle spalle di lei e lei ha il busto appena inclinato verso il volante. Sta pensando adesso gli chiedo se sale a prendere un caffè. Santo cielo cosa penseranno i vicini. Adesso glielo chiedo. Adesso. Fra un minuto. Lui sta pensando io adesso la bacio. Adesso. Adesso. Fra un minuto. E sono ancora lì, seduti in macchina vicini, a guardare avanti.

lunedì 12 gennaio 2009

Punto interrogativo

In questi primi giorni dell'anno sono molti gli eventi che mi inducono a disegnare e ridisegnare lo stesso punto interrogativo. Ho l'impressione che tutte le strade mi riportino sempre a questo stesso punto (interrogativo). Oppure, più probabilmente, la traccia che lascia il mio disegnarlo e ridisegnarlo si è fatta così spessa che tutto ciò che accade finisce per ricadervi dentro.


E quindi eccolo, nero su bianco: il mio primo punto di domanda del 2009.


E' possibile far convivere l'umiltà di mettersi sul piano dell'altro con la volontà di non rispondere alle sue provocazioni? Porgere l'altra guancia non finisce qualche volta con l'essere il vero schiaffo? Ho il sospetto che la mia dose di tolleranza altro non sia che un modo più elegante, o più codardo, di ostentare una banale forma di auspicata superiorità.