Sei arrivato pian piano – tanto che forse alla tua mamma sarà
sembrato di essere su uno di quei treni che prende tanto spesso, quelli che
partono e si fermano, partono e si fermano e sembra che non arrivino mai. Io
invece, dal mio comodo divano, ti immaginavo tra le braccia di un nonno-cicogna
che ti faceva fare voli radenti e mozzafiato e tu dicevi sempre ancora un giro
e lui ti accontentava, felice di viziarti, orgoglioso all’idea di portarti fin
fra le braccia dei tuoi genitori acceso di entusiasmo e di giochi.
E così sei arrivato, con il tuo fagotto di stelle, con gli
occhi pieni di sogni e le guance lisce e invitanti come le pagine bianche di un
quaderno nuovo.
E’ stato mentre ti guardavo per la prima volta che
finalmente l’ho capito. Ho capito che quello che proviamo quando arriva un
bambino, la tenerezza, la speranza, la felicità, la meraviglia,
tutto quel groviglio di emozioni – che è diverso come diverse sono le persone raggomitolate
e palpitanti nel cuore di questi cuccioli a colori pastello – ecco queste emozioni non sono qualcosa
che appartiene a noi, che sta dentro agli occhi di chi guarda. Sono invece polvere, rimasta
appiccicata alla pelle dei bimbi - o che qualcuno si è premurato di spennellare - dal posto da cui sono partiti.
E’ un indizio che loro ci portano, come fosse un regalo. Nell’indizio che mi ha portato Ricky,
oggi, c’era soprattutto un’irrefrenabile allegria.
L'allegria che suscitano i nuovi ingressi al mondo è anche il miglior augurio che si possa fare loro...
RispondiEliminaE' vero... non c'è niente come l'allegria ... dovrebbero consegnarne un pacco di prova a tutti i nuovi arrivi ;-)
EliminaCiao Pim, buona settimana